martedì 31 dicembre 2013

Bilancio 2013

Ed eccoci qua per il consueto (?) appuntamento annuale: l'ultimo straziante post dell'anno.

Dove si riassume brevemente l'anno che sta per concludersi e si stila il bilancio dei successi e delle sconfitte.

Eccetera.

Dividiamo la vita di Manoel in diversi settori.

1 - La vita privata di Manoel

Direi che su questo versante il post linkato qui parla da solo. Meglio di così era oggettivamente impossibile. Sfido chiunque a fare di meglio. Dai, dai, ditelo se credete di aver fatto di meglio! Ditelo, se ne avete il coraggio!

Per i curiosi: è fèmmena.

2 - Il B.L.O.G.

Bilancio piuttosto deludente. Solamente 46 post (47 se contiamo anche quello che state leggendo ora). Decisamente pochini, se confrontati ai 147 del 2012.

3 - Libri

Altro disastro. I miei buoni propositi per il 2013 recitavano, tra le altre cose:
Leggere almeno 15 libri incluso l'Ulisse di James Joyce.
Il confronto coi fatti è inequivocabile: lo scorso anno (il 2013) ho letto solo 10 libri, e mi ritrovo, oggi 31 Dicembre, con 5 libri iniziati, nessuno dei quali prossimo alla conclusione. Tra i 5 libri letti a metà c'è l'Ulisse.

Come se non bastasse, ho recensito nella rubrica Books I read solo 5 dei 10 libri letti. Ma vi prometto che recupererò.

Ho anche letto pochi fumetti.

Un disastro.

4 - Viaggi

Direi un successo. Paesi visitati: India, Germania (2 volte), Italia (2 volte), Giappone, Olanda (14258764000 volte). Certo, nulla in confronto al giro del mondo che ha fatto Natalia P., ma credo di potermi ritenere soddisfatto.

5 - Musica

Da molto tempo mi riproponevo periodicamente di riprendere a suonare. L'unico passo in questa direzione è stato il mio recente acquisto, al cui suono melodioso (?) già sogno di addormentare un'adorabile poppante...

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Buon anno.

Ci risentiamo nel 2014.

Fate i bravi stanotte, mi raccomando.

lunedì 30 dicembre 2013

Ruggiti

In fila alla cassa del supermercato Monoprix. Davanti a me c'è un padre con un bimbo piccolo, dev'essere attorno ai 4 o 5 anni. Mentre il padre aspetta il suo turno lui gioca. Si arrampica sui tubi metallici che dividono la nostra fila da quella della cassa di fianco. Fa strani suoni con la bocca mentre combatte nemici invisibili. Eccetera.

A un certo punto mi guarda. Io sorrido, paterno (si veda il mio post del 18 novembre qui) e con una mano gli do una grattatina alla testa e gli scompiglio un po' i capelli. A questo punto lui si ritrae, brusco, mi guarda con occhi feroci e ruggisce.

- Aaaaaaarg!!!!!!

Io sorrido, un po' imbarazzato, mentre lui comincia a battere sulla coscia del padre, che sta pagando alla cassa, per richiamare la sua attenzione.

- Papà papà!

E aggiunge un breve e confuso resoconto del torto subito.

Il padre si gira, mi sorride e risponde al figlio:

- Come? Che c'è?
- Il signore mi dà fastidio!
- Ma no [nome], il signore vuole solo giocare!- lo tranquillizza un padre sereno e sempre sorridente.
- No! Il signore non vuole giocare!

E, sguardo torvo, aggiunge un altro feroce ruggito.

- Aaaaaaaaarg!

Io continuo a sorridere con sempre meno convinzione. Il padre raccoglie i sacchetti della spesa, e io faccio ciao ciao con la mano al bambino*. E lui, con occhi iniettati di sangue, ruggisce per l'ultima volta tutto il suo odio.

- Aaaaaaarg!!!!

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* No, al mostro. Quel bambino è un mostro, cazzo!

martedì 17 dicembre 2013

Cieli luminosi

Mi è capitato, questo lunedì, di essere membro di una commissione di dottorato in Astronomia all'Università di Amsterdam. Solitamente le discussioni delle tesi di dottorato sono situazioni decisamente informali, e mi sono quindi stupito di ricevere un email dove mi si faceva presente che era richiesto un abito formale.

Non possedendo una cravatta, ne ho acquistata una, usata, al modico prezzo di euri 1 (uno) e mi sono presentato, elegante e impeccabile, all'appuntamento.

I professori in commissione indossavano una palandrana rossa e nera coi simboli dell'università cuciti sulle spalle, e un cappello degli stessi colori, mentre gli sfigati (come me) fregiati del semplice titolo di dottore sfoggiavano completo e cravatta.

Era previsto che ci alzassimo dai nostri scranni per fare le domande all'aspirante dottore, e che ci rivolgessimo a lui chiamandolo Caro candidato. Per sentirci poi chiamare, dal carissimo candidato, illustrissimi esaminatori (o qualcosa di simile).

Insomma, una cosa molto alla mano.

Ma quella che voglio raccontarvi è un'altra storia.

La tradizione olandese prevede che il neo dottore porti a cena, al ristorante, i membri della commissione e il suo relatore*. Il carissimo candidato, essendo greco e quindi amante del buon cibo (un bene che scarseggia nei Paesi Bassi) ha optato invece per un'originale alternativa: invitare tutta la commissione a casa sua, per una cena greca preparata da sua madre.

La cena è stata un successo. Un trionfo gastronomico. E anche una piacevolissima serata.

Tutta la famiglia del carissimo candidato, accorsa da Atene per presenziare al lieto evento, sedeva al tavolo. Compreso il padre, che non parlava una parola di inglese e che si ritrovava, per la prima volta in vita sua, fuori dai confini della sua amata terra.

Volto bruno scavato da profonde rughe, baffi, giacca a coste un po' lisa, camicia e pantaloni, tutto grigio. Se ne stava in disparte, assorto e silenzioso.

Poi, a un certo punto, il caro candidato ha richiamato l'attenzione di tutti, per farci sapere che suo padre era impaziente di pronunciare un discorso, che lui stesso avrebbe tradotto per noi.
Signore e Signori,  
voglio ringraziarvi per averci onorati con la vostra presenza questa sera.
La sua mano aperta, il palmo verso l'alto, ondeggia sulla pantagruelica montagna di cibo che ci sta davanti.
Il nostro desco è povero [???], ma riflette i nostri migliori sentimenti.Voglio ringraziarvi per quello che avete fatto per mio figlio. Per i vostri consigli e per tutto quello che gli avete insegnato. Vedo, riflessi nei vostri volti, i volti di tutti gli insegnanti che mio figlio ha avuto negli anni, gli insegnanti che tanto gli hanno dato, contribuendo a farlo diventare ciò che è adesso.È stata una giornata piena di gioia e soddisfazione, per me. Per noi.
Gli occhi verso suo figlio, e un sorriso complice ad accompagnare la mano, ancora aperta, che questa volta rivolge il palmo verso il basso, a sottolineare la statura, decisamente bassa, di entrambi.
Questa gioia e questa soddisfazione purtroppo non ci faranno diventare più alti.
Ma da oggi, il nostro cielo è più alto.
Il nostro cielo è più luminoso.
E si è seduto.
E tutti quanti abbiamo applaudito.

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* Gli olandesi sono pazzi. Lo sanno tutti che gli studenti non hanno mai una lira... Mah...

domenica 8 dicembre 2013

Geografia

Giovedì sera. Thalys Parigi-Amsterdam. Il treno sfreccia ai 300 all'ora, nella buia campagna francese, e poi vallona, e poi fiamminga,  ed ecco che una voce gracchiante annuncia che stiamo per arrivare a Bruxelles.

La ragazza seduta vicino a me smette finalmente di smessaggiare e alza, per la prima volta da quando siamo partiti, gli occhi dal suo iPhone.

E mi guarda.

"Excuzes-moi?".

"Oui?" rispondo io, che mi chiamo Manoel O. Dias.

"Bruxelles è in Francia?".

Sento i miei occhi aprirsi leggermente più del normale, e le sopracciglia alzarsi di un paio di millimetri.

"Pardon?".

"Bruxelles è in Francia?".

Incredulità, occhi ancora più grandi, sopracciglia allo stato brado. Ho di fronte un volto composto e serissimo.

"Mi scusi, non ho capito la domanda...".

"Bruxelles è in Franica?".

Rassegnazione. Occhi sgranati come palle da biliardo. Sopracciglia dolenti.

Mi arrendo.

"Mi sta chiedendo se Bruxelles è in Francia?".

"Sì".

"No, non è in Francia".

"Merci".

E si rimette a smessaggiare coll'iPhone.


Seguono silenziose considerazioni sul chiaro fallimento del sistema scolastico e dell'idea stessa di Europa unita. Preoccupazioni identitarie. Confusione. Tutto un mescolarsi di patente europea, quote latte, turisti della democrazia, la moneta unica. Maastricht. Strasburgo.

Vince l'impulso pedagogico.

Le tocco la spalla. Alza un solo occhio dall'iPhone.

"E' in Blegio. Bruxelles è in Belgio".

"Ah. O.K.".

Ed è di nuovo iPhone.


Sipario.

lunedì 25 novembre 2013

Books I read 18 - Zero maggio a palermo, Fulvio Abbate

Zero maggio a Palermo inizia così:
È ancora laggiù, eppure già lo vedo perfettamente, il compagno Anzà che corre minuscolo e concitato in via dei Nebrodi, con la stessa andatura delle guardie rosse all'assalto del Palazzo d'Inverno.
ed è il primo romanzo di Fulvio Abbate, di 185 pagine, pubblicato nel 1990.

Seguo Fulvio Abbate da diversi anni. La sua televisione monolocale, Teledurruti, è diventata per me un punto di riferimento quotidiano. Difficile definire in poche frasi che cosa sia Teledurruti. Sono video, della durata variabile che va dai 30 secondi ai 5 o 6 minuti. Primi piani di un Fulvio Abbate che dice tutto quello che gli passa per la testa. Di solito, quando consiglio a qualcuno di guardare Teledurruti gli dico così: se guardi un solo video di Teledurruti, pensi che Fulvio Abbate sia un demente, se ne guardi due ti sorge qualche (debole) dubbio, al terzo inizia quasi a starti simpatico, e così ne guardi un quarto, e poi un quinto, e da lì in poi cominci a sospettare che sia un genio, e non smetti più di guardarne.

E' stato quindi con grande disappunto che mi sono reso conto che i romanzi di Fulvio Abbate, che ero curiosissimo di leggere, sono praticamente introvabili. Fuori catalogo. Ho girato parecchie librerie, negli ultimi anni, in diverse città italiane, e nel migliore dei casi mi sono stati proposti i libri di un certo Carmine Abate (Abate con una b sola, per giunta). Rassegnatomi, sono passato all'usato. Bancarelle, vecchie librerie piene di polvere, il sito internet Mare magnum e, in un irragionevole eccesso di ottimismo, persino Amazon. Niente da fare.

Poi è successo abbastanza per caso che la mia amica G. venisse a trovarmi a Parigi e mi chiedesse, vuoi che ti porti qualcosa dall'Italia? E io, dopo un'attenta riflessione le ho detto: senti, fai così, entra nella migliore libreria di usato che conosci e vedi se hanno qualcosa di Fulvio Abbate.

E pochi giorni dopo G. si è presentata a casa mia, sorridente, stringendo tra le mani una copia di Zero maggio a Palermo.

Magari non ci crederete ma, passato l'entusiasmo iniziale, mi è salita una certa preoccupazione: e se lo leggo e non mi piace? Sapete, quelle delusioni cocenti che spesso seguono le alte aspettative? Sono le peggiori di tutte, e sono tanto più cocenti quanto più le si sono attese.  

E invece (che sollievo! che sollievo!) mi è piaciuto. E mi è piaciuto molto.

E' la storia di un ragazzino palermitano, Ale, che frequenta la sezione locale del PCI con l'entusiasmo pulito e ingenuo che solo un ragazzino può provare. E' la storia della sua amicizia adolescenziale con Dario, e delle loro eroicomiche avventure in una Palermo piena di sole e di personaggi strampalati e surreali che però, a pensarci bene, esistono in ogni città.

E' un romanzo su quell'età indefinita in cui si è già troppo grandi per essere chiamati bambini, ma ancora troppo piccoli per essere considerati adulti. Ed è una storia che forse solo una persona che non si è mai arresa definitivamente all'età adulta poteva raccontare.

Ed è, infine, un romanzo su Palermo. La città dove Fulvio Abbate è nato. Città che ha sostenuto in diverse occasioni di detestare, ma della quale apparentemente non può fare a meno di scrivere (anche il suo ultimo romanzo, appena uscito, Intanto anche dicembre è passato, è un romanzo palermitano).

Imperdibile, a tal proposito, la digressione sul "SUCA", che è "la scritta che a Palermo viene tracciata su ogni parete bene in vista". Spesso accompagnata dall'avverbio "FORTE".

Insomma, l'ho letto in due giorni. Leggetelo anche voi, se riuscite a trovarlo.

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Post Scriptum: la mia ricerca di romanzi di Fulvio Abbate continua. Con discreto successo. A giorni riceverò un pacchetto, spedito da una libreria di usato in provincia di Bologna, contenente Quando è la rivoluzione.  

martedì 19 novembre 2013

Giustizia

La settimana scorsa al concerto di Bob Dylan, io e L. siamo rimasti abbastanza sconvolti (negativamente) dal comportamento medio delle persone presenti in sala. Giocavano tutti col telefonino. I nostri posti erano abbastanza indietro nella ripida galleria del Gran Rex, e potevamo quindi goderci lo spettacolo di mille tenui lucine di cellulari che venivano puntati verso un palco mal illuminato per immortalare l'ombra sbiadita e sfocata del vecchio Bob. Mah.

Il punto è: ma perché non vi godete lo spettacolo che avete la fortuna di vedere, dal vivo, invece di fare un milione di foto e filmini da postare su facebook?

Il personaggio peggiore era quello seduto di fronte a me, che per comodità chiameremo qui l'Imbecille. L'Imbecille non faceva foto, non faceva filmini, ma semplicemente, cazzeggiava su facebook! Leggeva status messages, guardava foto, zoomava e dezoomava. Il tutto con un telefonino dallo schermo ENORME, che faceva suppergiù la stessa luce di un faro.

In altre parole, rompeva sonoramente il cazzo.

Alla mia destra sedeva una signora e accanto a lei il marito, capelli e barba bianchi. Sulla sessantina, direi. Composto. Distinto ma non elegante. Volto sereno.

Ecco, a un certo punto il signore dalla barba bianca ha arrotolato la rivista che aveva in mano, si è alzato e, a mo' di mazza l'ha abbattuta violentemente sulla testa dell'Idiota.

Poi si è riseduto a godersi il concerto come se nulla fosse successo.

L'Idiota, dopo una brevissima e irritata conversazione con la moglie del signore dalla barba bianca, si è riseduto, imbronciato, e non ha più osato riaccendere il telefonino.

E io, mentre riflettevo sulle pericolose implicazioni sociologiche derivanti dalla mia totale soddisfazione di fronte a quel gesto, ragionavo sull'opportunità di chiedere o meno il numero di telefono al signore dalla barba bianca. Per invitarlo a sedere al mio fianco in tutti i concerti della mia vita.

lunedì 18 novembre 2013

Annunciaziò annunciaziò!

Sfogliando l'articolo Auditory development in the fetus and infant, di Graven e Browne (2008) leggo:
The auditory system in the human fetus and infant has its own developmental sequences. The anatomical or structural parts of the system develop early. The structural parts of the cochlea in the middle ear are well formed by 15 weeks' gestational age and are anatomically functional by 20 weeks' gestation.
ed è per questo che, per stare proprio sul sicuro, la settimana scorsa io e L. siamo andati a sentire Bob Dylan.

martedì 12 novembre 2013

Books I read 17 - The twenty-seventh city, Jonathan Franzen

The twenty-seventh city inizia così:
In early June Chief William O'Connell of the St. Louis Police Department announced his retirement, and the Board of Police Commissioners, passing over the favored candidates of the city political establishment, the black community, the press, the Officers Association and the Missouri governor, selected a woman, formerly with the police in Bombay, India, to begin a five-year term as a chief.
ed è un intricatissimo romanzo di 517 pagine, il primo pubblicato da Jonathan Franzen.

Se questa fosse una recensione seria probabilmente dovrebbe iniziare con un succinto resoconto della trama del romanzo. Un resoconto attento, però, a non svelare troppi dettagli della intricatissima storia, che mescola le vicende private di una famiglia (i Probst), a quelle legate a un complotto (ordito da S. Jammu—giovane, donna, e indiana—nominata tra lo stupore generale capo della polizia) volto a stravolgere i rapporti di potere nella (sonnolenta) città di St. Louis, Missouri.

Ma in realtà la cosa che più mi interessa raccontarvi è la sensazione che ho provato nel leggere le prime righe del romanzo. Quella sensazione rassicurante data dal riconoscere immediatamente, già dalla prima frase, la voce di uno scrittore che si ama. E la voce di Franzen è una prosa composta, a prima vista informativa, quasi distaccata, che diventa (non so come, davvero) uno strumento di precisione chirurgica che descrive umanità, sentimenti, storie e vita*.

Riconoscere la voce di un autore già dalla prime righe è bello. E' confortevole. Fa sentire a casa.

Comunque, tornando alla recensione: David Foster Wallace, amico di Franzen, definì The twenty-seventh city «so good [...] that it "depressed" him»**. E direi che questo può bastare.

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* I suoi The corrections e Freedom sono, in questo senso, due capolavori assoluti.
** D. T. Max, Every love story is a ghost story: a life of David Foster Wallace, Viking Penguin

sabato 5 ottobre 2013

Come diventare popolari in Giappone

Siedo al bancone di un fumoso baretto di Tokyo*. Ci siamo già stati in quel baretto, L. ed io, due giorni prima, e ci siamo tornati perché è proprio un gran bel baretto. Atmosfera amichevole, cibo molto buono, facce simpatiche in giro. Però il menu è solo in giapponese**, e noi abbiamo tanta fame.

In queste situazioni delicate, Manoel tira fuori il meglio di se e rompe le palle*** ai vicini di bancone.

"Scusate, parlate inglese?"

E la coppietta sorride e annuisce. Felice. Mi stanno già simpatici.

Manoel punta il dito verso un pesce sfilettato (e crudo, chiaramente) che giace inerte sul piatto del lui della coppia.

"E se volessi mangiare la stessa cosa che hai mangiato tu, che cosa dovrei ordinare?" dico sventolando il menu giapponese.

Largo sorriso sul suo viso.

"Non preoccuparti! Te lo ordino io!" e grida ai cuochi di la dal banco qualcosa che verosimilmente significa sashimi-di-un-qualche-tipo-di-pesce-non-meglio-identificato-per-il-nostro-amico-occidentale-!.

Domanda dopo domanda ci ordinano tutta la cena, gridandola, e poi ci mettiamo a chiacchierare.

"Siete qui per vacanza o per lavoro?"
"Lei è qui per lavoro" dico indicando L., "mentre io sono qui..."
(pausa ad effetto)****
"...perché la amo!"

E qui gli occhi della felice coppietta giapponese diventano grandi, grandissimi e le loro bocche prima si contorcono e poi iniziano a gridare qualcosa tipo iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiih!!!!!!!!!!!! e lei batte pure le mani e poi ridono - lei con le mani davanti alla bocca lui abbandonato indietro sul seggiolone da bar - di fronte a quella che probabilmente è e resterà la frase più audace mai pronunciata in un fumoso baretto giapponese...

Sono l'idolo del baretto.

E, anche se***** sono abituato ad essere il centro dell'attenzione, il perno attorno cui tutto ruota, la cosa mi fa piacere.

Bene.

Poi scopriamo che il lui della coppia lavora nel baretto. E quello è il suo giorno libero. Ed è a mangiare e bere al baretto. Dopo poco riconosco tra gli altri avventori (e saluto calorosamente) il cameriere che ci aveva servito due giorni prima (e col quale avevo conversato amabilmente nonostante il suo inglese pressoché inesistente). Anche lui, nel suo giorno libero, mangia e beve al baretto.

Guardo L., e L. guarda me. Perplessità dilagante.

Dev'essere proprio un gran baretto, concludiamo.

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* A Tokyo ancora si fuma nei locali. Ma per strada, per oscuri motivi, è vietato. Mah...
** Non è vero. C'è anche un menu in inglese, ma è di due sole facciate, mentre quello giapponese è un libretto di almeno una dozzina di pagine... Checcazzo.
*** Con grande classe ed eleganza, chiaramente.
**** Sono davvero un coglionazzo.
***** Modestamente.

domenica 8 settembre 2013

Tipi da spiaggia 4 - Il Legislatore



Questo è uno di quei cartelli che si incontrano solo in Italia. Per la precisione, il cartello in questione è stato avvistato e fotografato alla stazione di Bari.

"Vietato gettare rifiuti a terra". Fin qui tutto bene. Tutto normale. 

Ma assumete per un attimo che un povero (e scrupoloso) viaggiatore, dopo aver letto il suddetto cartello, voglia essere certo di non violare la legge, ma allo stesso tempo non sappia come interpretare esattamente la parola "rifiuti". Che fare? Come uscire da questa sgradevole e imbarazzante impasse?

Provate a mettervi nei suoi panni. Capite e vivete il suo disagio. Empatizzate.

È solo sul marciapiede, una lattina vuota e ammaccata in mano, fissa i binari, pensoso, e non sa che fare.

Ma ecco che il Legislatore (che no, non è un nemico, il Legislatore è un amico!) accorre in suo aiuto e aggiunge una seconda riga di testo con descrizioni esemplificative, che chiariscono una volta per tutte che cosa si intenda con la parola "rifiuti".

Ed è così, con grande sollievo, che lo scrupoloso viaggiatore apprende che cicche, chewingum e carta vanno considerati, a tutti gli effetti, rifiuti. Chi l'avrebbe mai detto.

L'elenco si conclude con un "etc.", capolavoro del legislatore, che eguaglia il Leopardi nell'evocare interminati spazi, infinite possibilità, eterni universi. Un "etc." che racchiude tutto. Tutto quanto. Da un biglietto del tram già timbrato a un'immensa distesa di auto arrugginite.

E in questa nostra prima tappa del rientro a Parigi, le vacanze ormai alle spalle, non possiamo fare a meno di augurare all'amico legislatore di naufragare, dolcemente, in quel mare di rifiuti che ha saputo così poeticamente evocare.


(Il cartello è stato pure tradotto in inglese. Giusto per farci prendere per il culo su scala planetaria.)


mercoledì 4 settembre 2013

Domande retoriche

Ma quanto vi manco? (sono ancora in vacanza)

[  ] Troppo
[  ] Molto
[  ] Moderatamente
[  ] Poco
[  ] Manco p'o' cazzo
[  ] Ti rimuovo subito dal blogroll

Commenti:

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martedì 27 agosto 2013

Tipi da spiaggia 3 - Le cimici da letto

In effetti avremmo potuto immaginarlo. Ma non siamo tipi sospettosi e ci fidiamo ciecamente dell'umanità in ogni sua forma e genere*.

Ma l'hotel era decisamente troppo economico per un tre stelle in pieno centro a Firenze.

Infatti ci siamo poi accorti che avremmo dovuto condividere la stanza con una allegra colonia di cimici da letto. Che mi hanno assalito nottetempo lasciandomi una smitragliata di punture pruriginosissime** su tutto il braccio sinistro e parte della schiena***.

Tralascio la descrizione della stanza, con mobilio di era pre-coloniale, mai spolverato, e moquette puzzolente di un colore misteriosamente assente sulla tavolozza RGB.

La sorte, però, in un certo senso ci ha aiutati. Un anti-contrappasso alberghiero. Perché a causa di un madornale errore (mio) al momento ci troviamo nell'hotel più esclusivo di Napoli.

Magari vi racconterò, appena avrò finito di grattarmi.

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* Che coglionazzi.
** E orribili alla vista.
*** L. è invece risultata totalmente immune alle punture di cimici. Nemmeno una. Il che la dice lunga su tutte le boiate che ci sono state propinate nei secoli sul sesso debole ecc ecc. Ma ha avuto una mezza crisi isterica quando al risveglio abbiamo trovato una cimice che, satolla, faceva la passeggiatina postprandiale sul cuscino.

mercoledì 21 agosto 2013

Tipi da spiaggia 2 - La bambina e il gigante

Conversazione origliata per la strada in Via Paolo Sarpi, Milano. Un padre bello cicciottello sulla quarantina e una bambina di 4 o 5 anni.

- Papà, ma tu diventerai sempre più grande?
- Sì
- ...
- ...
- Sempre sempre?
- Sì, se passa il tempo si può solo crescere.
- Ma quini diventerai grandissimo?
- Sì, grandissimo. Enorme.
- Sempre di più?
- Sempre di più.
- Fino al cielo?
- Sì, fino al cielo.
- ...
- ...
- E quindi poi io dovrò scappare?
- Perché dovresti scappare?
- Perché tu occuperai tutto l'universo!

venerdì 16 agosto 2013

Tipi da spiaggia 1: l'islamico al bar

Manoel è da ieri in vacanza. E inizia quindi una nuova rubrica di B.L.O.G. nella quale verranno raccontati gli incontri fatti durante queste 3 settimane di ferie. Il titolo della rubrica, evocativo, creativo, ammiccante, rende Manoel molto sodisfatto e orgoglioso del proprio essere blogger.

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Notte. Torino. Quartiere San Salvario. Vigilia di ferragosto. Strade deserte. Serrande abbassate. Fogli attaccati con lo scotch che dicono CHIUSO PER FERIE. Pochi bar aperti.

Andiamo da Sergio, che propone una varietà sconfinata di rum. Ordiniamo un Mojito e ci sediamo nel dehor. E si siede accanto a noi un tizio decisamente trasandato, che chiaramente ascolta la nostra conversazione e alla fine, inevitabilmente, interviene, e ci regala due assolute perle di saggezza sull'islam e sulla religiosità in generale.

ATTO 1: L'ISLAM E LA CARNE SUINA

 Si chiama Taib (non so se si scriva così), è marocchino e dice di essere un vagabondo a cui manca tanto Casablanca, e inizia a parlarci dell'Islam e degli islamici. E dopo un breve scambio di opinioni su questioni piuttosto generiche la discussione verte sul tema della carne suina.

Ma come fate a non mangiare il maiale?
...
Ma tu lo mangi il maiale?
No, no, non lo mangio.
Ma perché?
Posso scegliere di mangiare altro.
Vabbé ma che c'entra...
Pure io posso scegliere, ma il maiale lo mangio...
Voi non capite.
No, in effetti non capiamo.
Già, non capiamo, perché mai non dovremmo mangiare il maiale, che è così buono!

E qui Taib riflette un attimo, poi, sguardo sicuro e fiero, ci guarda e dice: "ora vi spiego una cosa". Ecco, bravo, spiegaci Taib. "Le donne italiane", dice "da vecchie hanno queste cose" e accavalla le gambe e disegna con la punta dell'indice immaginarie biscioline sui suoi polpacci. "Come si chiamano? Sono blu...".

Le vene varicose?
Sì! Sì! Ecco. Le vene... le vene...?
Varicose.
Ecco, le vene varicose.
...
Ecco, non ho mai visto nessuna donna musulmana con le vene varicose.
Ma vaaaaa....
Mai vista! Nessuna!
Ma dai...
Mai.

E qui il suo sguardo si apre in un sorriso, trionfante.

E lo sapete perché le donne italiane hanno le vene varicose?
...
Perché mangiano il maiale!

Applausi.
Sipario.


ATTO 2: COMPRENDERE I NOSTRI FRATELLI VEGANI

E dopo questa illuminante rivelazione Taib si mette a parlare di altre religioni, e delle varie regole alimentari a cui un fedele dovrebbe sottostare.

Poi c'è quest'altra religione... Come si chiama?
Quale?
Questa nuova... È una religione nuova...
Nuova?
Ma sì... Non sono i vegetariani... Come si chiamano?
Intendi i vegani?
Sì! Questi! I vegani!
Ma non è una religione!
Sì. Vegani è una religione. Sì.
...
Io non capisco.
Cosa Taib?
Io proprio non capisco.
Cosa?

E qui lo sguardo di Taib si rabbuia. Smette di parlare per qualche istante, e i suoi occhi guardano lontano, le sopracciglia inarcate, in un sincero, seppur vano, sforzo di comprensione.

Unisce le punte delle dita della mano destra, all'italiana, a papavero, e mentre le agita in su e in giù, scuotendo la testa, dichiara:

Ma quale può essere l'idea di non mangiare il formaggio? Una cosa così buona, così... così... utile per il corpo umano. Che idea è questa? Io non capisco. Davvero non capisco.

Nemmeno noi capiamo, Taib, nemmeno noi lo capiamo.

Altri applausi.
E che cali il sipario.

giovedì 15 agosto 2013

Confessioni

Ebbene sì. Alla tenera età di 36 anni Manoel non aveva mai mangiato fichi d'India. Fino all'altro giorno, quando li ha visti esposti sul banchetto della frutta dell'alimentari arabo sotto casa. E si è detto: perché no? E li ha acquistati, premunendosi però di tastarli tutti per bene per assicurarsi che fossero maturi.

La serata è terminata con L. che gli ripeteva "Sei un cretino" e con delle pinzette cercava di estrarre una dopo l'altra un milione di infide e sottilissime spine.

sabato 3 agosto 2013

Fatto

Alla fine l'ho fatto. Ebbene sì. Ho acquistato un ukulele.

E la prima consegnuenza è stata che L. (contrarissima all'acquisto) non mi ha rivolto la parola per due ore.

Un successone, insomma.

sabato 6 luglio 2013

I tassisti parigini

Oggi vi parlerò dei tassisti parigini. Semplificando, la faccenda può essere riassunta con la frase "io odio i tassisti parigini".

Perché a notte fonda, quando non c'è più la metro e tu ne trovi uno libero, invece di farti salire, il tassista in questione accosta, fa scivolare giù il finestrino e ti chiede: "dove vai?". E se tu rispondi qulcosa che non sia compatibile con la massimizzazione del suo ricavo economico ti dice "no" e riparte.

E tu li odi con tutte le tue forze.

Meno male ci sono i taxi abusivi. Quelli, se li riconosci, ti portano dove vuoi a un prezzo concordato prima. L'unica volta che ne ho preso uno mi sono pure divertito. L'abusivo, agitatissimo, ha cominciato a raccontarmi freneticamente una serata fittizia piena di dettagli che descrivevano il nostro incontro nel bar X, nel quartiere X eccetera eccetera, come fossimo diventati amici eccetera eccetera e come lui mi avesse offerto un passaggio fino a casa. Tutto in caso ci fermasse la polizia e facesse domande. Gli ho detto di rilassarsi e gli ho chiesto di raccontarmi qualcosa di vero su di lui.

Io domani vado al mercato con mio figlio, mi ha detto, e sono disoccupato. E se non ho soldi che cosa ci compro, al mercato?

E mi ha anche dato una dritta, e mi ha detto che tutte, ma proprio tutte, le persone di colore che girano in macchina da sole nelle notti del weekend parigino sono tassisti abusivi.

Sappiatelo.

mercoledì 3 luglio 2013

sabato 29 giugno 2013

Ingrati

Vorrei farvi notare che, nonostante nessuno abbia risposto all'appello che ha lanciato sul suo ultimo post, M. non si è perso d'animo e si è già messo all'opera per raggiungere (trionfalmente) l'obiettivo prefissosi*.

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* Si dice prefissosi? Esiste?


domenica 23 giugno 2013

Un giorno vi avrò

E dopo la grande iniziativa jazzistica di B.L.O.G., eccone un'altra, a sfondo culturale*.

Una sfida. Una fida che Manoel (l'intrepido Manoel) lancia a se stesso. Una sfida decisamente sul lungo termine.

Manoel si impegna a diventare amico, o per lo meno buon conoscente, delle seguenti 10 persone che lo interessano per i motivi più svariati (e che ora, ovviamente, non conosce).

Eccoli. L'ordine è alfabetico.

[  ] Abbate, Fulvio (scrittore) - Perché è un riferimento culturale assoluto (che vuol dire che spesso di fronte a variegate questioni mi chiedo "chissà come la penserebbe Fulvio").
[  ] Bartezzaghi, Stefano (enigmista) - Perché secondo me ci divertiremmo un sacco a fare delle chiacchiere.
[  ] Bjork (cantante/cantautrice) - Perché è un po' pazzerella.
[  ] Bonino, Emma (politica) - Perché, che siate daccordo o meno con lei, a me sembra una gran donna.
[  ] Franzen, Jonathan (scrittore) - Per Freedom e The corrections.
[  ] Frith, Fred (compositore/multi-strumentista) - Perché ha una faccia simpatica, che uno non associarebbe mai e poi mai alle sue prepared guitars [si veda qui].
[  ] McLaughlin, Angie (cantante) - Perché è stata la mia colonna sonora Dublinese.
[  ] Seth (fumettista) - Perché eleganti come lui non ce n'è.
[  ] Zorn, John (compositore/multi-strumentista) - Per chiedergli com'è che fa.

E ora contateli. E rendetevi conto che sono solo 9, non 10. Perché (tenetevi forte) la decima persona di cui Manoel diventerà amico (o per lo meno buon conoscente) la sceglierete voi!** Mandate le vostre nominations a Manoel entro domenica 30 giugno.

E incitate Manoel. Come solo voi sapete.

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* Perché sì, questo è un blog colto.
** Non è una cosa pazzesca?

martedì 11 giugno 2013

J.D.

Stamattina sul metro ho visto una ragazza con in spalla una borsa di tela, con sopra stampati, in stampatello, e uno sotto l'altro, i seguenti nomi:

Franny
Zooey
Waker
Walt
Boo Boo
Buddy
Seymour

Pazzesco. Tutti i figli della famiglia Glass. Tutti quanti. Che bello.

Avrei voluto chiederle ma dove l'hai comprata, una borsa così. La voglio anche io, una borsa così. Ma c'era troppa gente sul metro, ed è scesa prima che potessi avvicinarmi.

E non posso nascondervi l'orgoglio che ho provato nell'accorgermi immediatamente che i nomi erano elencati in ordine cronologico. Dal figlio Glass più giovane (Franny) al più vecchio (Seymour)*.

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* E Walt e Waker erano gemelli, se proprio volete saperlo.

sabato 8 giugno 2013

Estate?

Pedalo sotto il cielo blu e mi sento invincibile. Con le orecchie piene di Madeleine Peyroux, e poi Nico che canta Sunday morning, e poi Bobo Rondelli e io pedalo pedalo. Invincibile. Mentre il mio vélo taglia da ovest a est la rive gauche parigina. E penso a voi laggiù nella mia amata patria, a voi bambini viziati, a voi spoiled kids,  e lo direi anche in francese se solo sapessi come si dice. Penso a voi che starete già su internet a controllare le previsioni per domani, e a preoccuparvi per il brutto tempo che verrà, per le temperature che scenderanno, per le nubi che torneranno a rubarvi il blu del cielo.

Continuo a pedalare e me la rido pensando a voi, me la rido mentre pedalo, e ringrazio il Nord, ringrazio il Grande Nord che mi ha fatto da casa in tutti questi anni. Le teutoniche lande germaniche e i celti e verdissimi prati d'Irlanda e i grigi cieli di Parigi. Ringrazio il Grande Nord per avermi insegnato che il tempo, il tempo meteorologico, non è fatto né di passato né di futuro, ma è solo presente, adesso. Mi ha insegnato che non importa. Non importa se ieri infuriava la tempesta, né se le previsioni garantiscono che domani il cielo collasserà sulla terra, sotto forma di neve e grandine e pirotecniche palle di fuoco.

Non importa.

Perché oggi c'è il sole.

martedì 4 giugno 2013

Lotta contro il tempo a tempo di jazz

Ed ecco a voi una nuova iniziativa di B.L.O.G., ovvero, Bisognerebbe Leggermi Ogni Giorno. Il vostro blog preferito.

Come probabilmente non sapete, Manoel è amante del jazz. Quindi ha visto un discreto numero di concerti jazz. È stato anche a Umbria Jazz una volta, per dire. Eccetera eccetera.

Però ci sono alcuni grandi mostri sacri del Jazz che Manoel non ha ancora sentito suonare dal vivo. E i mostri sacri, per definizione, non sono propriamente dei ragazzini... Ed è questo fatto che ha ispirato a Manoel l'idea di lanciare a se stesso una sfida: sentirli e vederli suonare prima che... prima che... diciamo... prima che ci lascino.

Ecco la lista dei mostri sacri mancanti all'appello, cinicamente elencati in ordine di età decrescente. Sono 10. Non sono completamente sicuro del fatto che tutti questi signori siano ancora attivi concertisticamente... Ho controllato Konitz, il più vecchio, e ho visto che l'anno scorso ha fatto un concerto a Parigi. Cazzo. Potrei aver perso la mia occasione.

[  ] Lee Konitz (1927) [sax]
[  ] Cecil Taylor (1929) [piano]
[  ] Sonny Rollins (1930) [sax]
[  ] Kenny Wheeler (1930) [tromba]
[  ] Gato Barbieri (1932) [sax]
[  ] Wayne Shorter (1933) [sax]
[  ] Archie Shepp (1937) [sax]
[  ] Charlie Haden (1937) [contrabbasso]
[  ] Herbie Hancock (1940) [piano]
[  ] Chick Corea (1941) [piano]

Vi terrò informati. Sia sul fronte concerti che su quello decessi.

La soglia per la vittoria della sfida è di 6 concerti.

Attendo fremente il vostro sostegno e incoraggiamento.

sabato 1 giugno 2013

Books I read 16 - Suttree, Cormac McCarthy

Suttree inizia così:
Caro amico adesso nelle polverose ore senza tempo della città quando le strade si stendono scure e fumanti nella scia delle autoinnaffiatrici e adesso che l'ubriaco e il senzatetto si sono arenati al riparo di muri nei vicoli o nei terreni incolti e i gatti avanzano scarni e ingobbiti in questi lugubri dintorni, adesso in questi corridoi selciati o acciottolati neri di fuliggine dove l'ombra dei fili della luce disegna arpe gotiche sulle porte degli scantinati non camminerà anima viva all'infuori di te.
e prosegue per 560 pagine di poesia disperata e grottesca comicità*.

Senza troppi giri di parole: Suttree non è una lettura facile. Le prime pagine sono così piene e dense e liriche (e bellissime) da risultare quasi respingenti**. Superate quelle si tira il fiato e ci si ritrova un po' spaesati, ma consapevoli di avere di fronte qualcosa di estremamente importante. Qualcosa di essenziale. E la narrazione inizia, con Suttree che pesca pesci gatto sullo schifo***.

Cornelius Suttree vive in una cadente casa galleggiante sul fiume Tennessee, ai margini della città di Knoxville. Pesca pesci gatto da un fiume putrido, circondato da paesaggi fatti di squallore e rifiuti. Così come sono rifiuti umani le persone che lo circondano, le persone che abitano il suo mondo. Ubriaconi, puttane, avanzi di galera. Sopravvissuti alla vita. Dimenticati ai margini della città.

E i giorni passano, uno dopo l'altro, tra risse, sbronze, settimane in carcere, sotterfugi. Parole profonde o sconclusionate (o entrambe le cose insieme) scambiate tra gli altrettanto profondi e sconclusionati relitti esistenziali che affollano le pagine del libro.

Ma Suttree non appartiene a quel mondo sgangherato e disperato. Lo si intuisce, avanzando nella lettura. Si intravedono stralci di una vita normale, una casetta col giardino, una moglie, un figlio. Una vita che Suttree ha abbandonato, e che resta nebulosamente altrove per tutta la durata del romanzo. Che non ci verrà mai del tutto spiegata o svelata. Nemmeno nel finale, impeccabile e McCarthyano, quasi una firma.

Ci sono alcuni libri, e Suttree è uno di questi, che rendono i propri lettori accomunati da qualcosa. Legati da una sottile complicità, da una sorta di fratellanza letteraria. Che si traduce in un bisogno di parlarne, di raccontarsi all'infinito le pagine più belle, di ripetere i nomi dei personaggi, e cercare negli occhi dell'altro il brillare di un'intesa. Sono pochi i libri così. E leggerne le ultime frasi è al tempo stesso una conquista e una perdita.


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IRRINUNCIABILE POSTILLA

Suttree è un libro semi-autobiografico, per il quale è però abbastanza difficile valutare l'estensione e rilevanza del prefisso "semi-" (McCarthy non parla quasi mai di sé, rendendo dura la vita ai biografi). A qesto proposito, non si può non segnalare la pagina web (Searching for Suttree) mantenuta da Wes Morgan, professore di psicologia all'Università del Tennessee, Knoxville. Una raccolta di foto della Knoxville di Suttree. Comprese le lapidi funerarie di molti dei personaggi (realmente esistiti) del libro.  

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* Ed è una di quelle opere monumentali che mi fanno pensare che tutto quello che scriverò da qui in poi sarà, semplicemente, inadeguato.
** Un consiglio. Rileggetele una volta finito il libro.
*** Lo schifo è una piccola imbarcazione a remi.

mercoledì 29 maggio 2013

Tragedia

Con uno scarno comunicato (qui), l'editore Baldini Castoldi Dalai annuncia la chiusura (temporanea, dicono, per ora i fatti sono che il numero di maggio non è uscito) della storica rivista Linus.

Ci sono rimasto secco.

Linus era l'unica cosa (forse insiema a Internazionale, forse) che riuscissi a leggere senza annoiarmi o arrabbiarmi o sentirmi un po' in imbarazzo durante i miei brevi soggiorni in Italia. Era un appuntamento fisso. Andare in edicola e cercare Linus. Una routine bella e rassicurante.

Leggo Linus da quando avevo 13 o 14 anni. Ricordo che all'epoca Linus era in formato "libretto" (15 x 21 cm) e io saltavo quasi tutti gli articoli e leggevo solo le strisce. E che srisce! Insieme agli immancabili Peanuts si sono alternati lungo gli anni B.C., Calvin & Hobbes, Beetle Bailey, Liberty Meadows, Wizard of Id, Monty, Dilbert, Doonesbury, Big Sleeping, Kaput & Zosky...

...e gli editoriali di OdB, che dalla sua nuvoletta stà sicuramente scuotendo la testa in segno di grande e triste disapprovazione.

Poi nel 1992, a seguito di una campagna pubblicitaria che diceva qualcosa tipo "dal prossimo numero ritorniamo grandi", Linus ritornò al formato "rivista" e io proprio in quel perido iniziai a leggerne non solo le pagine illustrate, ma anche quelle riempite di articoli. E per un attimo mi illusi di essere diventato grande.

Poi c'era la Zonker's zone, la rubrica curata da Enzo Baldoni, con annessa mailing list di pazzi furenti che frequentai solo di striscio, per pochi mesi, restandone affascinato. E quando Enzo morì in Iraq fu davvero come se morisse una persona a me vicina.

E c'è una cosa che mi piace raccontare quando parlo di Linus. A un certo punto, non ricordo chi fosse il direttore in quegli anni (non OdB, potete scommetterci), Linus cercò di cambiare stile, di ringiovanirsi, di diventare più alla moda. Ricordo che alzai le sopracciglia, perplesso e incredulo, tenendo in mano una copia appena acquistata di Linus dalla cui copertina Homer Simpson diceva "Doh!"*. Poi la aprii e inoridii di fronte a una nuova rubrica curata dai dee-jay di qualche radio molto ggggiovane. E fu la rivolta. I lettori di Linus ricoprirono la redazione di messaggi e minacce (del tipo: ho comprato Linus ogni settimana degli ultimi 30 anni e da adesso smetterò di farlo!) e quasi insulti e c'era così tanto trasporto ed emozione e un indignazione così onesta e sincera e pulsante che l'unica cosa possibile per i redattori fu sventolare bandiera bianca, tornare sui propri passi, e restituire la vera Linus ai propri lettori.

E sono tutte queste cose, e tante altre, che fanno di Linus qualcosa di più di una rivista qualsiasi.

E si macchierà di un crimine, e lo dico senza alcuna esagerazione, chiunque ci toglierà Linus senza aver fatto tutto, ma proprio tutto, ma davvero tutto, per non farlo.

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* Chiariamo una cosa. Matt Groening è un grandissimo, e non a caso i suoi fumetti suicidi della serie Life in hell arrivarono in italia proprio sulle pagine di Linus. Ma i patinatissimi Simpson con Linus non c'entrano proprio nulla.

sabato 11 maggio 2013

Apparenze ingannevoli

Allora. Ieri sera ero a cena con L. in un bar/pub della ridente cittadina olandese dove ora lavora. C'erano alcuni suoi colleghi a cena, tutti fisici teorici esperti in teoria delle stringhe*. Si discuteva, molto animatamente, di fisica fondamentale**.

A un certo punto si siedono al tavolo di fianco al nostro due tizi. Il primo, più alto e palestratissimo, t-shirt aderente a far risaltare i muscoli, braccia completamente tatuate. L'altro più basso e grassoccio, ma comunque spalle larghe e corporatura imponente. Capelli rasati a zero e barba folta. Maglietta nera aderente sulla panza. Orecchini puntuti sparsi un po' a casaccio sulla faccia.

Bevono birra. In silenzio. Sguardi truci.

Poi li vedo parlottare, sbirciare nella nostra direzione e ridacchiare scuotendo la testa.

Staranno pensando che siamo proprio dei nerd, dico a me stesso, tristemente consapevole del fatto che abbiano proprio ragione.

Poi il più alto dei due si sporge verso di noi, sorride e dice: "State parlando di teoria delle stringhe?".

Attimo di silenzio.

Teste e coppie di occhi che ruotano nella sua direzione. È ora al centro dell'attenzione e può quindi, con grande naturalezza, pronunciare una frase che io (con tanto di laurea e dottorato in astronomia) non capisco e che contiene l'espresisone Calabi-Yau manifold.

Guardo L., che sgrana gli occhi. "Cos'ha detto? Cabiché?" chiedo, e lei, sopracciglia all'insù in segno di grande perplessità: "Sa cos'è il Calabi-Yau manifold...?". "Ah, è una roba che esiste?". "Sì..."***. 

Quando poi anticipa il colega di L. dicendogli che chiaramente sa che la M-theory richiede 11 dimensioni**** allora giuro a me stesso di non emettere più, ma proprio mai più!, alcun giudizio di nessun tipo su nessuno prima di avergli fatto, in via precauzionale, un paio di domande di fisica fondamentale.

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* Invidiosi/e?
** Adesso sì che crepate di invidia, vero?
*** È questa cosa qui.
**** Ed ecco qua un'altra cosa che il vostro Manoel non sa.

venerdì 19 aprile 2013

Books I read 15 - Verso Occidente l'Impero dirige il suo corso, David Foster Wallace

Verso Occidente l'Impero dirige il suo corso* inizia così:
Anche se Drew-Lynn Eberhardt era molto prolifica e Mark Nechtr no, quel primo anno Mark era benvoluto da noi tutti al corso di scrittura della East Chesapeake Tradeschool, e D. L. no.
ed è un'acrobatica cover letteraria di 234 pagine eseguita da David Foster Wallace.

"Una cover è la reinterpretazione o il rifacimento di un brano musicale - da altri interpretato e pubblicato in precedenza - da parte di qualcuno che non ne è l'interprete originale"**. Bene. David Foster Wallace ha fatto la stessa cosa con un libro***: Lost in the funhouse di John Barth.

John Barth è considerato uno dei padri della metafiction, ovvero la letteratura che mentre narra parla di se stessa. In Lost in the funhouse, infatti, Barth interrompe in continuazione il racconto per ricordare al lettore che in realtà quello che sta leggendo è fiction, è una storia inventata, scritta da qualcuno, scritta proprio per lui. Metafiction: ovvero letteratura che riflette su se stessa mentre racconta una storia****.

Date queste premesse, è chiaro che uno dei maggiori rischi che corre un autore di metafiction è quello di cadere in un compiaciuto ed eccessivo virtuosismo letterario. Il rischio è di aggrovigliarsi e intrappolarsi nell'autoreferenzialità. Ed è proprio questo virtuosismo esasperato che Wallace definisce, nel suo libro, un  modo di scrivere "guarda, mamma, senza mani!"

A complicare ulteriormente l'intreccio di livelli di lettura possibili e il vortice di connessioni tra le due opere c'è il fatto che John Barth, autore (vero) di Lost in the funhouse, è anche un personaggio (fittizio?) di Verso Occidente l'Impero dirige il suo corso. Nel libro di Wallace John Barth è il professor Ambrose***** e impersonifica niente meno che se stesso: un professore di scrittura creativa, autore di un racconto intitolato Lost in the funhouse.

Il racconto di Barth inizia così:
For whom is the funhouse fun? Peraphs for lovers.
e Wallace gli fa il verso con questa poesia,
For lovers, the Funhouse is fun.
For phonies, the Funhouse is love.
But for whom, the proles grouse,
is the Funhouse a house?
Who lives there, when push comes to shove?
una provocazione che Drew-Lynn scrive di nascosto alla lavagna, subito prima di una lezione del professor Ambrose.

Che cos'è, quindi, Verso Occidente? Una parodia? Un affettuoso omaggio? Una feroce critica? Un'apologia? Un virtuoso esercizio di stile? Uno scimmiottare canzonatorio?

Non lo so. Ma anche assumendo che si tratti di una feroce critica, chi scriverebbe 234 pagine di feroce critica su qualche cosa che non consideri molto importante?******

E ancora: per chi (For whom?) è stato scritto Verso Occidente? Per compiacere il suo stesso autore? Per irritare John Barth? È stato scritto per i sostenitori (o i detrattori) della metafiction? Per chi ha amato (o odiato?) Lost in the funhouse?

Molto più verosimilmente, Verso Occidente è stato scritto per chiunque voglia leggerlo. E per raccontare una storia. Perché nonostante l'intricatissima impalcatura multi- (e meta-)livello che gli dà forma, Verso Occidente resta una storia, e non un esperimento (meta-)letterario. Una bella storia.

E il genio di Wallace stà proprio nell'avvicinarsi pericolosamente all'invalicabile linea di demarcazione del "guarda, mamma, senza mani!". Arrivarci vicinissimo, a questa linea, senza mai attraversarla.

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* Verso Ocidente l'Impero dirige il suo corso è in realtà l'ultimo, e il più lungo, dei racconti che formano la raccolta Girl with curious hair. Verso occidente non appare nella versione italiana del ibro, La ragazza dai capelli strani, ma è stato pubblicato da Minimum Fax come libro a se stante.
** http://it.wikipedia.org/wiki/Cover
*** La cui traduzione italiana è al momento abbastanza introvabileª.
**** Il modo più semplice per capire cosa sia la metafiction è leggere un pezzo di metafiction.
***** E sì, ebbene sì: Ambrose è il nome del protagonista di Lost in the funhouse.
****** Ed è noto come per Wallace Lost in the funhouse fosse stata una lettura fondamentale, si veda D. T. Max, Every love story is a ghost story: a life of David Foster Wallace.
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          ª Ma io ne ho una copia in lingua originale e quindi aspettatevi a breve una recensione.

lunedì 15 aprile 2013

Tutta una questione di spazio

Ero piccolo, non ricordo l'età, ma qualcosa come 4 o 5 anni, o giù di li. Mia madre aveva comprato non so che prodotto al supermercato, e c'era attaccata una di quelle cartoline da concorso a premi. "Spedisci la cartolina e vinci 100 pianoforti!" era scritto a caratteri dorati.

Mia madre compilò la cartolina e disse, dubbiosa, "Ma sì, dai, proviamo...".

E io scoppiai a piangere. Proprio una crisi di panico pazzesca. "No, mamma, non spedirla!" strillavo tra le lacrime, "Non spedirla! Per favore...".

Mia madre, perplessa, mi chiese come mai non volessi partecipare all'estrazione dei premi.

Ed io, tra disperati singhiozzi, "Ma se vinciamo, mamma, dove li mettiamo cento pianoforti!".

sabato 6 aprile 2013

Chi mi legge quando non scrivo?

È vero. Scrivo poco. In questo periodo scrivo decisamente poco. Ma tornerò, vi prometto che tornerò ai ritmi consueti.

In queste settimane di semi-latitanza mi ponevo questa domanda: ma quando non scrivo, chi legge il mio blog? Perché, anche se è vero che gli accessi sono meno, non sono così tanti meno.

Allora sono andato a controllare le search keywords tramite le quali ignari visitatori sono capitati tra queste pagine. Ed ho capito che si tratta di:

- novizi alle prese con l'abc dell'igiene personale ("pulirsi il culo ogni giorno");

- audaci sperimentatori di Haute cuisine ("mangiare l'ananas sul cazzo");

- poeti frustrati in cerca di ispirazione ("poesie sul pisello");

- gente che, come me, si riduce sempre all'ultimo momento ("fa che il giorno non finisca mai").

A presto. Davvero. A presto.

sabato 23 marzo 2013

Books I read 14 - L'incanto del lotto 49, Thomas Pynchon

L'incanto del lotto 49 inizia così:
Un pomeriggio d'estate Mrs Oedipa Maas, rincasando da un party Tupperware in cui la padrona di casa aveva messo forse un po' troppo kirsch nella fonduta, scoprì che lei, Oedipa, era stata nominata esecutore o - meglio, a suo parere - esecutrice testamentaria di un certo Pierce Inverarity, un magnate immobiliare californiano che una volta nel tempo libero aveva perso due milioni di dollari, ma possedeva ancora beni in quantità, e abbastanza aggrovigliati da renderne l'inventariazione tutt'altro che una passeggiata.
ed è un libro di 174 pagine e, secondo il TIME Magazine, una tra le migliori 100 opere in lingua inglese scritte dal 1923* al 2005.

Sono felice di recensire questo libro per un motivo prettamente egoistico: Thomas Pynchon stava diventando per me un motivo di imbarazzo. Pynchon è considerato uno dei giganti della letteratura contemporanea americana. Forse il maggiore scrittore americano vivente. Ed io, come forse avrete avuto modo di capire leggendo le mie passate recensioni, provo una certa fascinazione per la letteratura americana. Non aver mai letto nulla di Pynchon era quindi per me motivo di profonda vergogna, specialmente se si considera il fatto che ci avevo provato, e più volte!, a leggere qualcosa di Pynchon. Senza successo.

Tutto iniziò con l'acquisto, un paio d'anni fa, di Gravity's rainbow (in lingua), acclamatissima sberla da 800 pagine, la cui lettura abbandonai a pagina due (2), per mia manifesta incapacità di capire cosa stesse succedendo. Poi tentai un secondo timido approccio a V. (sempre in lingua), opera prima di Pynchon (e altra sberla di svariate centinaia di pagine). Stesso risultato. Lettura interrotta a pagina cinque (5) per impossibilità di proseguire dovendo cercare sul vocabolario una parola su due.

Serviva, chiaramente, un cambio di strategia.

Cambio di strategia che mi portò a leggere, in italiano, il più breve dei romanzi di Pynchon, dal bizzarro titolo (preso a prestito dal gergo delle aste):  L'incanto del lotto 49 (l'incanto è la vendita di un bene a un'asta, e il lotto è, per l'appunto, il bene che si sta vendendo).

Protagonista de L'incanto del lotto 49 è Oedipa Maas, che si ritrova, inaspettatamente, a dover gestire in qualità di esecutrice testamentaria le pratiche inventariali per l'eredità di Pierce Inverarity, suo ex amante multimiliarario. A causa di una serie di francobolli in possesso di Inverarity, Oedipa scopre (o crede di scoprire, o crede che Inverarity le faccia credere di scoprire, eccetera) un sistema postale clandestino, chiamato Trystero (o Tristero). Trystero era un sistema postale concorrenta alla posta regolare, amministrata dalla compagnia Thurn und Taxis**. Nel 18-esimo secolo Thurn und Taxis sconfisse i concorrenti della Trystero, che però continuarono (o forse no) a mantenere un sistema postale clandestino. Eccetera.

Se state pensando che la trama sia folle, beh, non posso darvi torto.

Quello che posso dirvi, però, è questo: sebbene abbia letto le prime 70 pagine del libro tra perplessità e vistose alzate di sopracciglia, chiedendomi con sconforto ma dov'è che questo libro sta andando a parare, ho divorato febbrilmente le restanti 100 pagine, travolto insieme a Oedipa dal mistero del Trystero.

Il finale, celeberrimo, geniale, sardonico e spiazzante non ve lo racconto.

Leggetelo. Davvero, leggetelo.

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* Ero convinto che la data fosse stata scelta appositamente per escludere l'Ulisse di Joyce, pubblicato nel 1922, e chiaro spartiacque tra il prima e il dopo. In realtà il 1923 è, molto più semplicemente, l'anno di fondazione del TIME Magazine.
** Thurn und Taxis è esistito davvero: era un casato nobiliare che contribuì, a partire dal 1400, alla creazione e diffusione di un sistema postale in tutta Europa.

martedì 12 marzo 2013

Non si finisce mai di imparare

Essendo spessissimo in viaggio per lavoro, sono anche spessissimo in albergo. E se c'è una cosa che odio negli alberghi sono le grucce da hotel. Per essere sicuro che capiate a cosa mi riferisco, copio qui sotto una foto che ritrae, sulla sinistra, due grucce normali e sulla destra, invece, due famigerate grucce da hotel.



L'idea è semplice: si parte dal presupposto che il cliente sia un ladro, e quindi si corre ai ripari per evitare che rubi le preziosissime grucce.

La cosa che mi fa imbestialire delle grucce da hotel è che tutte le volte che cerco di appendere il mio cappotto, o una camicia, o qualsiasi altra cosa, mi ritrovo praticamente dentro all'armadio a tirare, brigare, scuotere e bestemmiare contro queste cazzo di grucce antifurto. È ogni volta una lotta corpo a corpo. Che di solito perdo.

Anche l'altro giorno, all'hotel Campanile di Lyon, mi son ritrovato con testa, spalle e mezzo torace dentro all'armadio, gridando bestemmie nel vano tentativo di appendere una camicia.

Uscito dall'armadio mi sono beccato un'occhiata colma di compassione di L., che scuoteva la testa in direzione della camicia tutta storta e sgualcita sulla gruccia.

"Ma come cazzo si fa" (questo sono io in un maldestro tentativo di giustificare la mia maldestraggine) "ad appendere 'sta cazzo di camicia su 'sta cazzo di gruccia che non si stacca! Bisogna entrare dentro all'armadio per riuscirci, checcazzo!"

L'occhiata di compassione si è trasformata in un'occhiata di grande compassione. L., occhi levati al cielo come a dire Signore aiutami tu ha infilato una mano nell'armadio e, dopo un'agile e rapida manovra mi ha messo in mano questo:



No.... Dice Manoel con sguardo incredulo e imbambolato sulla gruccia, che rigira tra le mani, a bocca aperta.

Eh, sì. Mi fa lei.


Le grucce da hotel si staccano.

Pazzesco.

Pazzesco...

Chi l'avrebbe mai detto.


sabato 9 marzo 2013

Grillini (guest post)

Cari tutti, trovandomi indaffaratisimo in quel di Lione a mangiare interiora di maiale cucinate nei modi più svariati, ho poco tempo per postare. Prometto a (quello schianto di) L. (pure lei indaffaratissima a mangiar lionese) e a s. che cercherò di rispondere al più presto ai loro commenti (che condivido, probabilmente mi sono espresso non al meglio nel mio post) relativi al mio ultimo post sui risultati elettorali.

Nel frattempo, ricopio qui sotto alcune riflessioni sui Grillini che s. stesso mi ha inviato via mail.

Vi bacio tutte/i,

M.

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Provo per un attimo a fare un discorso serio. Premetto che la cosa mi sembra difficile essendo io, fondamentalmente, un patacca ma ci provo al meglio delle mie possibilità.

Premesso che, come ci siamo detti mille volte, questo movimento è stato eletto democraticamente e quindi ha tutto il diritto di comportarsi come meglio crede (ovviamente nell'ambito della legalità) tuttavia c'è una cosa che non capisco. Perché è necessaria tutta questa violenza e questo disprezzo per chi non la pensa come loro?

In questi giorni cerco di leggere il più possibile articoli o blog che tentano di descrivere questo movimento e le persone che lo compongono. La cosa interessante però non sono tanto questi articoli (spesso critici) ma sopratutto i commenti che alcuni utenti scrivono in risposta. Quelli che non sono d'accordo con le critiche al movimento spesso hanno come unica risposta un'insulto o un'offesa a livello personale.

Che sò: il sito di repubblica mette on line l'Amaca di serra e subito uno scrive il commento:

- sei uno stronzo!
- non capisci un cazzo
ecc

Quando non c'è l'insulto c'è invece la professione di mala fede. Uno dei commenti ricorrenti è:

- scrivi male del movimento perché vogliamo togliere i finanziamenti pubblici ai giornali e quindi tu hai paura di perdere il lavoro.

- scrivi così perché tu sei legato ai partiti e, visto che noi volgiamo eliminarli tutti, poi non avrai nessuno che ti pagherà lo stipendio.

In conclusione se provi a muovere una critica al movimento hai uno dei seguenti problemi:

1) sei stronzo;
2) sei in malafede.

Bada bene che è molto difficile trovare qualcuno che argomenti il dissenso.
La mgliore risposta che ho trovato è:

-qual è l'alternativa? fanno tutti cacare...

Insomma io non capisco una cosa: è possibile non essere d'accordo con il movimento perché si hanno idee diverse (ma legittime come le loro)?

Si potrebbe argomentare che non tutto il 25% degli elettori commenta i blog oppure è d'accordo con questo modo di fare ma a me sembra che tutto nasca da Grillo.

Vorrei tanto trovare qualcuno che ha votato il movimento, o ancora meglio che ne fa parte, che mi spieghi questa cosa.

s.

mercoledì 27 febbraio 2013

Mediocrità ed aristocrazia

È giunto il momento per Manoel di uscire dal suo splendido isolamento per rilasciare una illuminante e beninteso anche aristocratica dichiarazione che faccia alfine chiarezza su quale sia il modo migliore (anzi l'unico) di interpretare i risultati di questa italianissima tornata elettorale senza precipitare nello sconforto più totale e/o spararsi sulle palle*.

Partiamo da qui: secondo il Dizionario Treccani, una delle definizioni della parola mediocre è:
Sostantivato, di persona che non ha qualità per poter emergere.
E direi che la chiave di lettura giusta (e cioè la mia, che qui vi propongo, aristocraticamente) sia proprio questa.

Premettiamo che queste elezioni ci hanno fatto schifo**. Che i personaggi in lizza erano, nella migliore delle ipotesi, imbarazzanti, e tutto sommato, chi più o chi meno, piuttosto orrendi.

Finita la premessa, iniziamo l'analisi.

Q: Chi sono gli sconfitti di queste elezioni?***
A: Monti e Bersani.
Q: Cos'hanno in comune?
A: Vediamolo.

Monti è probabilmente onesto, e dicono anche che sia preparato. È uno che ha studiato. Professore. Bocconi. E così via. Ha trascorso l'ultimo anno indossando i panni del puntiglioso ragioniere (che sembravano proprio i suoi di panni, tra l'altro). Ha cercato di sistemare i conti. Ha fatto gli interessi della sua categoria (probabilmente, ahime, anche in buona fede) senza sgarrare mai una volta. Mai una sola volta. Da bambino era di sicuro l'orgoglio di sua madre. Operoso. Mai nessun guizzo di ingengo o di fantasia. Sguardo da triglia lessa. Abiti grigi, in tinta con la faccia. Poche idee. Tanta prudenza. Risparmio. Ragionevolezza. Tono di voce roboticamente palloso. Credibilità.

Bersani è un brav'uomo. Capace. Un buon dirigente da lega coop. Competente. Fedele al partito e forse anche a quel poco che resta delle idee che stavano dietro all'ex-ex-ex-ex-ex-ex-ex-ex-nome del partito stesso. Uno con cui io andrei anche volentieri a cena in trattoria, per dire (con Monti no, sai che palle). Ha fatto e detto anche delle cose condivisibili, per carità. Le primarie per i parlamentari, la scelta di Vendola anziché Monti, eccetera. Ma le ha fatte solo perché l'alternativa era che tutti, ma proprio tutti, gli elettori del suo partito lo mandassero a cacare e votassero per qualcun altro. Non le ha fatte, quelle cose, per iniziativa sua, ma perché era con le spalle al muro. Non aveva scelta. Doveva perlomeno fingere di voler cambiare qualcosa, e di voler essere leggerissimamente più a sinistra del centro-destra. Tante metafore. Catenaccio. Teniamo la posizione. Siamo in vantaggio. Se teniamo la posizione vinciamo. Eccetera.

Riassumendo: Bersani e Monti sono entrambi mediocri. Per dirla con la Treccani, non hanno le capacità per poter emergere.

Ora, potete dire tutto quello che volete di Berlusconi (per esempio che fa schifo, che è orrido, che ha i capelli che sembrano merda spalmabile, che è un porco, che è un mafioso, ladro, impostore e via discorrendo), potete dire tutto tranne che sia uno mediocre. Anzi. Da un punto di vista prettamente mi-faccio-i-cazzacci-miei-centrico, è fenomenale. È uno spericolato acrobata. Ripeto, farà pure cacare, ma non è un mediocre. Nessuno potrà mai dire che non abbia le qualità per poter emergere (e ri-emergere, aggiungerei io, con aristocratico compiacimento per l'arguzia dei miei pensieri).

Grillo stà all'eleganza come Boy George stà all'ortodossia eterosessuale. È un demagogo. Non si capisce cos'è che voglia, esattamente, tranne perseguire nell'intento, già di Wowbagger, di mandare a fare in culo, in ordine alfabetico, tutti gli abitanti dell'Universo. Suda copiosamente. È permaloso. Non ha alcuna voglia di capire perché mai le cose si dovrebbero poter fare in modo diverso da come dice lui. Direi che è anche piuttosto banalotto, in ciò che dice (quando si capisce ciò che dice). Ma, anche in questo caso, non potete certo dirmi che sia un mediocre. Perché non è un mediocre. Non potete certo dirmi che non abbia le capacità per poter emergere.

Quindi, l'unica cosa che potebbe essere vista come non-catastrofica e non-deprimente e non-orrida in tutto questo catastrofico, deprimente e orido frangente è forse il fatto che gli italiani si sono rotti le balle della mediocrità che da vent'anni è considerata l'unica alternativa possibile a Berlusconi.

________________________

* Wow. Che frase lunga!
** Sì, sì, è proprio un pluralis maiestatis.
*** Lasciate stare Giannino e Ingroia. Quelli non sono sconfitti: il primo è un talentuoso (e strepitoso) comico, e il secondo uno che non si è capito bene cos'è che volesse, a parte affermare pubblicamente che la Boccassini sia una gran stronza.

sabato 16 febbraio 2013

Dilemmi 2

"You have reached the maximum number of active games in the free version of Ruzzle. Upgrade to premium to play more matches simultaneously".

Li investo questi 2.69 euri?

Dilemmi

Per quale motivo dovrei andare a letto se posso giocare a Ruzzle?

mercoledì 13 febbraio 2013

Le undici cose che non avete mai osato chiedere a M.

Undici cose su di M.

Undici indizi per scoprire la sua vera identità.

Indizi dei quali non è possibile, sfortunatamente, accertare la veridicità.

1) M. è molto bello. Molti dicono addirittura sia bellissimo.
2) M. è anche molto simpatico. Proprio uno spasso.
3) La bellezza mozzafiato e la straripante simpatia non impediscono a M. di rivelarsi una persona di rara profondità e sensibilità. È probabilmente la persona più ricca interiormente che abbiate mai conosciuto (o letto).
4) Anche un cretino capirebbe che M. è intelligentissimo. Ma M., intelligentemente, non gli farebbe pesare troppo la cosa.
5) Un'altra caratteristica che contraddistingue M. è l'eccessiva modestia. Non gli piace darsi arie. E sono poche le persone di quel livello che riescono a rimanere, malgrado tutto, umili.
6) M. un giorno sarà famoso. E a tutti sembrerà una cosa normalissima.
7) A M., da grande, succederà almeno una delle seguenti tre cose: salverà il mondo, un suo romanzo sarà salutato dalla critica come il romanzo del secolo, imparerà a cucinare.
8) Mai, per nessuna ragione al mondo, M. leggerà un libro di Harry Potter.
9) M. non è uno snob. Se strettamente necessario, sa muoversi con accettabile disinvoltura anche ai piani più bassi della società. Certo, è chiaro a tutti però che quello è un mondo che non gli appartiene.
10) M. aveva tutte le carte in regola per sostituire Michael Jackson nel tour This is it, ma, a riprova della sua grande sensibilità umana, si è fatto da parte all'ultimo per non eclissare la popolarità dell'artista (e caro amico) recentemente scomparso.
11) Barack Obama ha seguito lo spoglio elettorale che lo ha portato alla seconda presidenza degli Stati Uniti a casa di M., festeggiando con una Moretti ghiacciata e un sacchetto enorme di Fonzies. (Per la sua prima elezione, invece, avendo M. impegni pregressi e inderogabili, Barack rimase a casa con moglie e figlie. Riferì poi a M. di essersi annoiato mortalmente.)

Concludo con una annotazione a margine, dedicata a Kermit e a Alex V.: quando tutti scoprirete la mia identità toglierò gli odiosi capcha dai commenti di questo blog. Prima no. O, almeno, non credo.

Undici e mai più undici

Per prima cosa mi scuso. Non sono un bloggher serio. Se lo fossi, posterei. Regolarmente. E invece niente. Non posto dal lontano 24 gennaio. Che tristezza*. Comunque so che vi sono mancato. Provate a negarlo, se ne avete il coraggio.

Per riprendere confidenza con la scrittura, accetto l'invito di Alex V., Lucia Pa e Midori e rispondo alle loro undici (11) domande. Cercherò di essere onesto, nei limiti del possibile**.

Bene.

Mi sono appena accorto che le tre perfide bloggher hanno posto 11 domande a testa, il che significa 33 domande...  Mi sono già pentito dei miei buoni propositi...

Vabbè.

Iniziamo dalle domande di Alex V.

[1] Qual è stato il tuo costume di carnevale preferito? 
Poso rispondere con un costume non mio e non di carnevale?*** Una volta ho portato un mio collega (astro)fisico, nerd, timido, impacciato e già calvo prima dei trent'anni a una festa piena di amiche biologhe con musica dance. A sorpresa, il collega ha sfoderato e indossato un enorme parruccone cotonato e, tra lo stupore generale, ha ballato come un indemoniato in mezzo alla pista per tutta la notte. L'indomani le mie amiche mi hanno domandato chi fosse quel tizio strano con quella enorme parrucca da carnevale in testa che mi ero portato dietro e che aveva toccato il culo a tutte quante. Impagabile.
[2] Se fossi un oggetto, cosa saresti?
Sarei, per l'appunto, un uomo oggetto.
[3] Ti hanno mai dedicato una canzone?
Non credo. Ma potete sempre rimediare.
[4] Hai mai avuto un CDM (aka Coinquilino di Merda)?
Ne ho avuto uno noiosissimo, vale? (Per i miei biografi, sicuramente già all'opera: ho condiviso appartamenti per circa 8-9 anni. 6 appartamenti diversi, in 2 città diverse. Per un totale di 14 coinquilini. Tra cui una sola donna. E due soli stranieri, uno dei quali è la donna di cui sopra. E l'altro un francese. Devo dire che sono stato decisamente fortunato, in quanto a coinquilini. Ma non condividerei mai più.)
[5] Se potessi vivere un giorno nella pelle di qualcun altro (stile "Essere John Malkovich"), chi vorresti essere?
Non lo so. Davvero. Se volete ci penso e poi vi dico.
[6] Credi nella metempsicosi?
Sì, e nella mia vita precedente a quanto pare mi sono comportato veramente da Dio.
[7] Cosa pensi degli ingegneri?
Carlo Emilio Gadda era un ingegnere.
[8] E dei medici?
Louis-Ferdinand Céline era un medico.
[9] E degli studenti di lettere?
Poveretti.
[10] Se ti dico "Le Ore", a cosa pensi per prima cosa?
A una rivista erotica degli anni '80.
[11] Se ti chiedessi di scegliere tra le due sfighe seguenti, ovvero l'amare senza essere riamato indietro, o il non amare e l'essere stalkerato, cosa sceglieresti?
Ovvio: amare senza essere amato. Tra l'altro a volte non è nemmeno una sfiga.

Proseguiamo con quelle di Midori.

[1] Quante paia di scarpe avete?
Boh. Poche. Di solito per non fare brutta figura in queste situazioni conto anche le ciabatte.
[2] Preparare i noodles istantanei lo considerate cucinare?
Sì. Non cucinare è il kebab.
[3] A cosa pensate di solito appena svegli? Lucidamente e bestemmie a parte, intendo.
Che è stata la mente più diabolica mai comparsa a questo mondo a partorire l'idea del tasto snooze delle sveglie.
[4] In una stanza senza vie di fuga, voi ed un ragno enorme. Che fate?
Sono un duro. Mi dispiace, ragno.
[5] Il personaggio dei cartoni/libri/film/serie tv che vorreste essere...
Difficile. Molto difficile. Posso dirvi i personaggi dei libri a cui penso sempre? (In ordine sparso:) Holden Caulfield, Seymour Glass, Billy Pilgrim, Kilgore Trout, Qfwfq, Arturo Bandini, Barney Panofsky, Solomon Gursky, Ignatius Reilly, Jimmy Corrigan, Bardamu & Robinson, James O. Incandenza e tutti gli altri...
[6] In che momento della giornata rifate il letto e con che metodo?
Ah ah ah. Grasse risate.
[7] La biancheria intima, la mettete nel comodino accanto al letto o nella cassettiera?
Il mio letto ha dei cassetti. Quindi tecnicamente la tengo sotto al letto.
[8] La persona senza la quale non potreste vivere è...?
QuelloSchiantoDiDonnaCheÈLaMiaDonna! Che, come già sapete, si chiama L.
[9] Credete in una qualche teoria di cospirazione? (tipo l'uomo non è mai andato sulla luna, Lady Gaga è un alieno e simili).
Sì. Non è possibile che tutti sbaglino l'accento del mio cognome! (Quello vero, che non saprete mai.)
[10] La citazione che vi ha cambiato la vita...
Una volta, tanti anni fa, avevo un quadernetto dove le segnavo, le citazioni che cambiano la vita. Chissà dov'è finito...
[11] Gli animali parlano, secondo voi?
Sì, ma sono molto scaltri e non si fanno mai beccare.

E terminiamo con quelle di Lucia Pa.

[1] Vino bianco o vino rosso?
Birra. Pils, se possibile. O una stout, Guinness. E se proprio deve essere una ale, che sia una Smithwick's! (Che si pronuncia, suppergiù, Smitics.)
[2] Set ideale per una vacanza da urlo?
Mare ma non troppo. Campagna. Frutti che si raccolgono dagli alberi. Gatti. Sole e cielo blu. Cicale. E un porticato di fronte a casa, con delle sdraio. E l'ombra. E pile di libri e fumetti e riviste. Alcune, più d'una, per terra, aperte a testa in giù. E L. che prende il sole nuda e sbuffa perché io tengo su il costume anche se non c'è nessuno in vista****. È una questione di eleganza, dico io. Sei un cretino, dice lei.
[3] Se scopri un tuo "amico" che ti mente, glielo dici subito o prima ti diverti un po' a sentire cosa si inventa?
Sono pessimo in questo genere di situazioni. Non so gestirle.
[4] Qual è il piatto che sai fare meglio?
Scaloppine di pollo al limone, ma solo perché non mi sono mai cimentato in altro. E anche questo mi viene molto bene.
[5] Sei sonnambulo/a?
No.
[6] Il tuo miglior acquisto di sempre!
Quello recente: il pouf di Muji.
[7]...ora il peggiore!
Sempre quello recente: One Day di David Nicholls
[8] Telefilm del momento?
Dr. House e Jonathan Creek (ma è colpa di L.)
[9] La più bella dimostrazione d'amore/amicizia che tu abbia mai ricevuto?
Oddiomiononloso...
[10] Quale libro consigli sempre?
Infinite Jest, di David Foster Wallace
[11] Cucina tradizionale preferita!
Giapponese.

È tardissimo e ho sonno. Finisco il giochino delle undici (11) cose domani. Posso?

Ah! Mi siete mancati anche voi...

____________________

* Il fatto è che ho scoperto Ruzzle, e quindi non ho più tempo per nient'altroª.
** Che vuol dire che potrei anche non essere onesto.
*** Certo che posso. Ci mancherebbe. È il mio blog e faccio come cazzo mi pare.
**** Sì, ma se poi arriva, qualcuno?
 ____________________

          ª Non è vero. Sto scherzando. Giuro.

giovedì 24 gennaio 2013

Terminal 11 - Dabolim Airport, Goa

L'aeroporto di Goa è piccolissimo. E come se questo non bastasse, la permanenza al suo interno è resa sgradevole da una fastidiosissima aria condizionata regolata sulla modalità: apocalisse Siberiana. Fuori dall'Aeroporto ci sono 30 gradi e si boccheggia, dentro ce ne sono zero e si crepa di freddo.

Vabbé.

Un altro aspetto interessante è il seguente: se il vostro volo viene ritardato, a Dabolim non fanno come in tutti gli altri aeroporti del mondo. A Dabolim non scrivono sugli schermi: "volo ritardato, partenza prevista per le ore hh:mm". No. A Dabolim se il vostro volo è in ritardo semplicemente lo tolgono dai monitor. Il volo scompare dalla lista dei voli. E questo fatto chiaramente scatena ondate di panico tra i turisti occidentali (il 90% della fauna che popola Dabolim) che agitatissimi interrogano serafici assistenti aeroportuali indiani che rispondono, per ore, "the flight will leave in few minutes from now".

Zero stelline.

sabato 19 gennaio 2013

Rettifica

Ok... Trattasi di DUE episodi isolati...*

__________

* Il mio amico S. (l'unico ad aver scoperto la vera identità dell'autore di questo blog), mi ha scritto dicendomi di provare scarso interesse per i miei movimenti intestinali. E pensare che a me era sembrata una gran bell'idea... Voi cosa dite?

martedì 15 gennaio 2013

Speranza

Non vorrei cantare vittoria prima del tempo, ma potrebbe essersi trattato di un episodio isolato.

sabato 12 gennaio 2013

Superuomo

Sei giorni e ancora nulla*.

Sono forse un superuomo?

______________

* Forse dovrei raccontarvi cosa vedo e cosa faccio invece del mio status intestinale?

martedì 8 gennaio 2013

Calma piatta

È giunto oramai al termine il mio terzo giorno di permanenza in India.

Ancora nulla.

(Chi non capisce, legga l'ultimo post).

lunedì 7 gennaio 2013

Promesso

Sono in India.

Ma la vera notizia è che sono arrivato oramai 40 ore fa e, contro ogni aspettativa e previsione, non ho ancora il cagotto.

Immaginando un vostro apprensivo e genuino interesse alla faccenda, vi terrò aggiornati.

Promesso.

martedì 1 gennaio 2013

Quasi

L'obiettivo che mi ero dato per questo blog per il 2012 (compariva anche nelle 10 New Year's Resolutions che stilo meticolosamente ogni anno) era di raggiungere i 10000 (diecimila) accessi.

Alla mezzanotte del 31 Dicembre ero a quota 9562 (novemilacinquecentosessantadue).

Cazzo.