domenica 14 settembre 2014

Biberon

Il primo biberon non si scorda mai.

Specialmente se non ci si è organizzati bene.

Fino ad ora la Tipsy si è nutrita solo ed esclusivamente di latte materno prelevato direttamente alla sorgente: la tetta di L., madre esemplare e gran schianto di donna.

Solo che L. più o meno dal secondo mese di gravidanza ha iniziato ad avere attacchi di panico al solo pensiero del "distacco" della Tipsy dal suo seno. Lei vorrebbe allattarla. Sempre. Fino almeno alla terza liceo.

Quindi è chiaro che ogni qualvolta si parlasse di tiralatte, svezzamento, pappine omogeneizzate e compagnia bella, L., scaltrissima, riusciva sempre a cambiar discorso.

Partiamo quindi per Creta (dove siamo tuttora) perché L. aveva questa conferenza, e io la seguivo in veste di baby sitter certificato. C'è da dire che L., prima di partire, aveva noleggiato un sofisticatissimo tiralatte elettrico, che è stato messo in valigia senza mai esser stato provato una volta che fosse una. Se ne parlava a malapena, del tiralatte. Era una specie di coperta di Linus, un talismano caccia spiriti maligni, un ferro di cavallo, insomma avete capito.

Al mattino del primo giorno della conferenza L. si sveglia isterica come non mai, nutre la creatura e poi installa il sofisticatissimo tiralatte elettrico, se lo attacca alle poppe e inizia a bestemmiare contro Iddio e la Sacra Vergin Maria: "Non funziona questo affare non funziona cazzo cazzo cazzo!!!", accompagnata da un ritmico CIUNF-CIUNF-CIUNF-CIUNF che esce da uno scatolozzo nero al cui sono attaccati due fili bianco-traslucidi che terminano in due bottigliette le cui estremità a forma di pompetta sono appiccicate alle tette di L. e le strizzano ritmicamente, una volta ogni CIUNF. E le madonne e gli iddii crescono in un climax che sfocia nel conclusivo "ODDIO FORSE NON HO PIU' LATTE!!!!!!!!!!".

Fortunatamente sono le 6 del mattino e quindi c'è tempo per bestemmiare a dovere. Disperarsi. Bestemmiare ancora un poco e poi rimettersi a letto.

Attorno alle 8 vengo svegliato da un rumore oramai familiare. CIUNF-CIUNF-CIUNF-CIUNF! Mi rigiro nel letto senza capire. Mi appisolo.

Verso le 9 mi sveglio, la Tipsy dorme beata e L. stringe in mano una bottiglietta contenente millilitri centoventicinque di freschissimo latte materno. Appena munto.

"Lo metto in frigo e scappo che è tardissimo!", e fugge alla conferenza dove, invece di ascoltare con interesse i vari relatori sta tutto il tempo su Skype a smessaggiarmi "ALLORA? COME VA'? BEVE? FUNZIONA?".

Io non me la passo di certo meglio. La Tispy si è svegliata e urla come una scimmia del Borneo, reclamando la sua poppata. La prendo in braccio, cerco di tranquillizzarla (senza alcun successo) mentre con la mano libera estraggo dal frigorifero la bottiglietta contenente millilitri centoventicinque di latte materno. Svito il tappo e lo sostituisco con una tettarella. Il più è fatto, mi dico.

Sono pronto!

E un po' emozionato.

"Allora io vado!" scrivo a L. su Skype.

"FERMOOOOO!!!!!!!! FEEERMOOOOOO!!!!! NON GLIE LO DARAI FREDDO????????"

Ostia.

Google: "latte materno biberon temperatura". Enter. E mi si apre un mondo.

L'ideale sarebbe a temperatura ambiente. La Tipsy urla come se la stessi smembrando a colpi di scure e la bottiglietta contenente millilitri centoventicinque di latte materno che stringo in mano è freddissima.

Grazie a Dio abbiamo avuto la provvida idea di affittare un appartamento qui a Creta. Quindi mi scaglio verso la cucina e cerco a casaccio. La prima cosa che trovo è una pentola dalla capienza di circa ottomila litri. Mentre la Tipsy, oramai integralmente paonazza, grida a pieni polmoni la sua rabbia verso questo schifo di mondo io riempio la pentola, probabilmente mettendo in ginocchio il sistema di irrigazione dei campi di mezza isola, e la metto sul fuoco (la pentola, non la Tipsy).

Aspetto che l'acqua si riscaldi, piacevolmente intrattenuto da una lattante infuriata che si dimena e scalcia e grida e vuole la sua tetta e la vuole ADESSO.

Butto l'occhio su google e leggo anche che, "una volta tirato fuori dal frigorifero, il latte materno andrebbe consumato entro mezz'ora".

E giù con un rosario di bestemmie che si mescola alle urla disperate di una povera creatura affamata. Quando l'ho tirato fuori? Quando??? Quando?????

Metto il fornello a palla e immergo la bottiglietta contenente millilitri centoventicinque di latte materno.

"...fate però attenzione a non riscaldarlo troppo per non alterarne le proprietà nutritive..."

MA CAZZO CAZZO CAZZO E CAZZO!!!!!!

CAAAAAAZZOOOOOOO!!!!!!

Tolgo la bottiglietta ecc ecc dalla pentola, chiedendomi come mai non sia ancora arrivata la polizia. Delle due l'una: o tutti gli abitanti del villaggio nell'arco di 1 km sono sordi, oppure sono abituati a stragi violentissime e cruente carneficine e quindi non si curano di mezz'ora di urla lancinanti e assordanti.

Ho la bottiglietta coi centoventicinque millilitri in mano.

La bottiglietta è calda.

E il latte dentro?

"Versatene una goccia su una mano. Se non senti niente è alla temperatura giusta!" mi dice L. su Skype "ma la Tipsy piange?".
"Ma no amore! Figurati! Sta leggendo il giornale...".

Mi verso qualche goccia sul dorso della mano. Mah. Mi pare vada bene.

"Allora io vado!" dico trionfante (e sconvolto) a L. su Skype.

"Vai!".

La prima mossa è facile. La bocca della Tipsy è spalancata. Si vede l'ugola tremolare mentre si produce in urli che al confronto Pavarotti era uno smidollato con poco fiato. La bocca spalancata occupa circa il 95% della faccia della Tipsy, ed è un giochetto da ragazzi infilarle dentro la tettarella di cm 0.5.

Però poi com'è che si comunica alla Tipsy il fatto che dovrebbe chiudere la bocca e iniziare la suzione?

Grida e urli, colore che dal viola passa al blu. La Tipsy ha proprio fame.

Ah. Mi son dimenticati di dirvi che da circa 15 minuti sto sudando come uno che abbia appena terminato la maratona di Nuova York senza farla precedere da alcuna preparazione atletica. Gocce di sudore paterno si riversano copiose sulla faccia blu della Tipsy, che non se ne cura e continua con le urla.

Provo a mungere con le mani il biberon e spruzzare preziose gocce di latte materno tra le fauci della lattante inferocita, non sortendo alcun effetto che non sia un rinvigorirsi delle grida.

Provo a infilarle la tettarella in bocca nei rari attimi in cui la Tipsy riprende fiato prima di lanciarsi in nuove, mirabolanti litanie di lamenti.

Niente da fare. La Tipsy non sa che farsene di un biberon. Vuole una tetta.

Il volto disperato della Tipsy è oramai rigato da lacrime miste a sudore paterno.

Uno schifo.

Poi non so come, ma all'improvviso capisce il meccanismo. E si placa come se nulla fosse successo. E io la guardo, volto e capelli sconvolti e sudatissimi, mentre in 40 secondi finisce il biberon.

Poi fa un sonoro rutto e si addormenta. Beata.

sabato 13 settembre 2014

Cardiopatici di tutto il mondo unitevi

Ambientazione: taverna tradizionale cretese. Nessuno tranne noi parla una parola di inglese, ne' tantomeno qualsiasi altra lingua che non sia il greco.

Personaggi: la Tipsy, L., il babbo di L.* e il sottoscritto, Manoel O. Dias.


Insomma qua a Creta, dove siamo più o meno in vacanza, alla fine di ogni cena arriva il cameriere e porta il dessert offerto dalla casa. Il dessert è invariabilmente accompagnato dal Raki, una specie di versione greca della grappa, solo molto più cattiva.

Il cameriere, baffoni e capelli bianchi, si avvicina al tavolo, distribuisce i caratteristici bicchierini da Raki, poi prende l'ancor più caratteristica ampolla da Raki e inizia a mescere. Il padre di L. lo ferma con la mano.

- Cardiopaticòs!

si avventura in un improbabile greco improvvisato.

- Cardiopaticòs!

ripete, per essere sicuro che il cameriere abbia compreso che il suo rifiuto è legato solamente a dei problemi di tipo cardiaco.
Il cameriere si produce in un ampio sorriso e fa il gesto di bere direttamente dall'ampolla, poi afferra con fermezza la mano di un confuso padre di L. e la spinge verso il suo petto, e poi sotto la sua camicia nera, aperta a mostrare vello bianco e riccioluto.

La mano del padre di L. tasta, con imbarazzo, una scatoletta sottocutanea impiantata nel petto (sulla sinistra, per essere precisi) del baffuto cameriere.

- Aaaah! Hai il pacemaker!

esclama il padre di L., anche lui ora sorridente, gli occhi luccicanti.

Ed è toccante vederlo afferrare il braccio peloso del cameriere e guidare la sua mano dalle dita tozze e cicciotte verso il suo, di petto. Sotto la sua camicia. Verso la sua scatoletta sottocutanea impiantata nel petto (sulla sinistra, per essere precisi). Verso il suo pacemaker.

Ed ora se ci fosse un regista inquadrerebbe me e L. che ci asciughiamo, commossi, una furtiva lagrima, mentre i due anziani signori si scambiano sorrisi e affettuose e virili pacche sulle spalle.


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* che ci segue anche quando andiamo in vacanza................