Con uno scarno comunicato (qui), l'editore Baldini Castoldi Dalai annuncia la chiusura (temporanea, dicono, per ora i fatti sono che il numero di maggio non è uscito) della storica rivista Linus.
Ci sono rimasto secco.
Linus era l'unica cosa (forse insiema a Internazionale, forse) che riuscissi a leggere senza annoiarmi o arrabbiarmi o sentirmi un po' in imbarazzo durante i miei brevi soggiorni in Italia. Era un appuntamento fisso. Andare in edicola e cercare Linus. Una routine bella e rassicurante.
Leggo Linus da quando avevo 13 o 14 anni. Ricordo che all'epoca Linus era in formato "libretto" (15 x 21 cm) e io saltavo quasi tutti gli articoli e leggevo solo le strisce. E che srisce! Insieme agli immancabili Peanuts si sono alternati lungo gli anni B.C., Calvin & Hobbes, Beetle Bailey, Liberty Meadows, Wizard of Id, Monty, Dilbert, Doonesbury, Big Sleeping, Kaput & Zosky...
...e gli editoriali di OdB, che dalla sua nuvoletta stà sicuramente scuotendo la testa in segno di grande e triste disapprovazione.
Poi nel 1992, a seguito di una campagna pubblicitaria che diceva qualcosa tipo "dal prossimo numero ritorniamo grandi", Linus ritornò al formato "rivista" e io proprio in quel perido iniziai a leggerne non solo le pagine illustrate, ma anche quelle riempite di articoli. E per un attimo mi illusi di essere diventato grande.
Poi c'era la Zonker's zone, la rubrica curata da Enzo Baldoni, con annessa mailing list di pazzi furenti che frequentai solo di striscio, per pochi mesi, restandone affascinato. E quando Enzo morì in Iraq fu davvero come se morisse una persona a me vicina.
E c'è una cosa che mi piace raccontare quando parlo di Linus. A un certo punto, non ricordo chi fosse il direttore in quegli anni (non OdB, potete scommetterci), Linus cercò di cambiare stile, di ringiovanirsi, di diventare più alla moda. Ricordo che alzai le sopracciglia, perplesso e incredulo, tenendo in mano una copia appena acquistata di Linus dalla cui copertina Homer Simpson diceva "Doh!"*. Poi la aprii e inoridii di fronte a una nuova rubrica curata dai dee-jay di qualche radio molto ggggiovane. E fu la rivolta. I lettori di Linus ricoprirono la redazione di messaggi e minacce (del tipo: ho comprato Linus ogni settimana degli ultimi 30 anni e da adesso smetterò di farlo!) e quasi insulti e c'era così tanto trasporto ed emozione e un indignazione così onesta e sincera e pulsante che l'unica cosa possibile per i redattori fu sventolare bandiera bianca, tornare sui propri passi, e restituire la vera Linus ai propri lettori.
E sono tutte queste cose, e tante altre, che fanno di Linus qualcosa di più di una rivista qualsiasi.
E si macchierà di un crimine, e lo dico senza alcuna esagerazione, chiunque ci toglierà Linus senza aver fatto tutto, ma proprio tutto, ma davvero tutto, per non farlo.
__________
* Chiariamo una cosa. Matt Groening è un grandissimo, e non a caso i suoi fumetti suicidi della serie Life in hell arrivarono in italia proprio sulle pagine di Linus. Ma i patinatissimi Simpson con Linus non c'entrano proprio nulla.
Ci sono rimasto secco.
Linus era l'unica cosa (forse insiema a Internazionale, forse) che riuscissi a leggere senza annoiarmi o arrabbiarmi o sentirmi un po' in imbarazzo durante i miei brevi soggiorni in Italia. Era un appuntamento fisso. Andare in edicola e cercare Linus. Una routine bella e rassicurante.
Leggo Linus da quando avevo 13 o 14 anni. Ricordo che all'epoca Linus era in formato "libretto" (15 x 21 cm) e io saltavo quasi tutti gli articoli e leggevo solo le strisce. E che srisce! Insieme agli immancabili Peanuts si sono alternati lungo gli anni B.C., Calvin & Hobbes, Beetle Bailey, Liberty Meadows, Wizard of Id, Monty, Dilbert, Doonesbury, Big Sleeping, Kaput & Zosky...
...e gli editoriali di OdB, che dalla sua nuvoletta stà sicuramente scuotendo la testa in segno di grande e triste disapprovazione.
Poi nel 1992, a seguito di una campagna pubblicitaria che diceva qualcosa tipo "dal prossimo numero ritorniamo grandi", Linus ritornò al formato "rivista" e io proprio in quel perido iniziai a leggerne non solo le pagine illustrate, ma anche quelle riempite di articoli. E per un attimo mi illusi di essere diventato grande.
Poi c'era la Zonker's zone, la rubrica curata da Enzo Baldoni, con annessa mailing list di pazzi furenti che frequentai solo di striscio, per pochi mesi, restandone affascinato. E quando Enzo morì in Iraq fu davvero come se morisse una persona a me vicina.
E c'è una cosa che mi piace raccontare quando parlo di Linus. A un certo punto, non ricordo chi fosse il direttore in quegli anni (non OdB, potete scommetterci), Linus cercò di cambiare stile, di ringiovanirsi, di diventare più alla moda. Ricordo che alzai le sopracciglia, perplesso e incredulo, tenendo in mano una copia appena acquistata di Linus dalla cui copertina Homer Simpson diceva "Doh!"*. Poi la aprii e inoridii di fronte a una nuova rubrica curata dai dee-jay di qualche radio molto ggggiovane. E fu la rivolta. I lettori di Linus ricoprirono la redazione di messaggi e minacce (del tipo: ho comprato Linus ogni settimana degli ultimi 30 anni e da adesso smetterò di farlo!) e quasi insulti e c'era così tanto trasporto ed emozione e un indignazione così onesta e sincera e pulsante che l'unica cosa possibile per i redattori fu sventolare bandiera bianca, tornare sui propri passi, e restituire la vera Linus ai propri lettori.
E sono tutte queste cose, e tante altre, che fanno di Linus qualcosa di più di una rivista qualsiasi.
E si macchierà di un crimine, e lo dico senza alcuna esagerazione, chiunque ci toglierà Linus senza aver fatto tutto, ma proprio tutto, ma davvero tutto, per non farlo.
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* Chiariamo una cosa. Matt Groening è un grandissimo, e non a caso i suoi fumetti suicidi della serie Life in hell arrivarono in italia proprio sulle pagine di Linus. Ma i patinatissimi Simpson con Linus non c'entrano proprio nulla.
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