martedì 29 novembre 2011

Differenze culturali

In questo momento (e per tutta la settimana) sono al lavoro in una università spagnola. Mi sono messo a lavorare col mio laptop nella biblioteca del dipartimento. La biblioteca è aperta, chiunque può entrare, collegare il proprio laptop alle prese della corrente e mettersi a lavorare, e magari consultare uno dei libri che sono sugli scaffali. Ora è pausa pranzo e quindi sono tutti a pranzo. Nella biblioteca ci sono solo io.

Chiara la situazione?

Riassumiamola: biblioteca aperta, accesso facile e non controllato, pausa pranzo, biblioteca deserta.

Bene.

Qui la gente che va in pausa pranzo lascia tranquillamente il laptop sul tavolo. Uno ha lasciato addirittura laptop e iphone. A quanto pare qui è normale. Fanno tutti così. Mi hanno anche preso in giro perché quando sono andato a pranzo io me lo son portato dietro, il laptop...

Domanda: se Mario Rossi lasciasse il laptop sul tavolo della biblioteca X in Italia e si assentasse per un periodo di tempo superiore ai 15 minuti, in una fascia oraria in cui la biblioteca è deserta, quanti laptop troverebbe al suo ritorno?

Attendo lumi.

lunedì 28 novembre 2011

Terminal 3: Aeroporto di Roma - Fiumicino

CAPITOLO 1: Parigi-Roma

Atterro a Fiumicino, mi infilo nel tubo che ci fa scivolare tutti quanti dentro alla sezione "Arrivi" del terminal, e mi perdo. Devo essermi dormito il primo (e ultimo, apparentemente) segnale "Exit/Uscita". Mi sono distratto perché, da bravo italiano, appena rimesso piede sul glorioso suolo italico, mi son subito sentito in dovere di contribuire al chiassoso vociare di fondo -ah! casa dolce casa!- gridando con convinzione e trasporto al telefonino: "Ciao, sono a Roma... Sí, sí, non c'è problema... Noooo, noooo, ma figurati! Sì... Ok... Ok... Quando torno, va bene, ciao, baci... Baci...". Riattacco e non so più dove sono.

Ottimo.

Bar e tranci di pizza ovunque -ah! casa dolce casa!- e un numero spropositato di preti. Si, preti ovunque. Milioni di sacerdoti col colletto bianco. E suore. Di solito basse, cicciottelle, vecchie e in coppia. Boh. Va bene che a Roma c'è il Vaticano, ma il numero di preti e di (coppie di) suore mi è parso decisamente sproporzionato. Mah... Trovo a fatica l'uscita, cercando di stimare (a mente) quale possa essere il numero medio di preti in transito a Fiumicino in un dato istante t, poi lascio perdere. Cambio terminal e aspetto la mia amica A. che ha il volo che atterra poco dopo il mio. Al terminal 3, sezione "Arrivi", c'è un po' di annoiatissima gente che sorregge a due mani cognomi scritti col pennarello e li alza in bella vista ogni volta che le porte scorrevoli si aprono e sputano fuori un po' di gente, ci sono le due immancabili suore appoggiate alla ringhiera, basse, cicciottelle e con il tipico maglioncino da suora (quello coi bottoni, nero o grigio, tutte le suore del mondo ce l'hanno), e c'è una vistosissima ragazza, forse un po' troppo elegante, annoiata e in attesa, lineamenti est-europei, pelliccia castana, capelli pure, e un rossetto così rosso su quella pelle bianchissima che pare gridare. Quando uno dei sorreggi-cognomi dà di gomito al suo compare, sghignazza e grida alla ragazza (con un accento inglese degno del più rauco Franco Califano) "Are you waiting for me?" ho una piccola rivelazione, una visione, un'epifania. E capisco di essere di nuovo a casa, capisco la sconfortante normalità di vent'anni di porno-Berlusconismo, capisco la Minetti, capisco le veline di striscia la notizia. Capisco tutto quanto. Un uomo sui quaranta, elegantissimo e con una rosa dal gambo lunghissimo si porta via la ragazza appariscente, e insieme a lei gli occhi del portacognomi.

Quando vedo A. comparire dietro le porte scorrevoli sono ancora lì che penso di capire tutto, anche se non so bene, in tutto questo, quale sia esattamente il problema. L'abbraccio forte e poi prendiamo il treno per Roma.

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CAPITOLO 2: Roma-Parigi

Weekend finito, arrivo a Fiumicino, abbraccio forte A., vado verso il terminal 2 e mi perdo. Sbaglio una scala mobile e mi ritrovo al terminal 1.

Ottimo.

Quando finalmente trovo il terminal 2 manca un'ora e venti alla partenza del mio volo. Arrivo al gate e mi prende un colpo. Non ho mai visto niente di simile. Dai metal detector dei controlli di sicurezza parte una fila, dapprima raggomitolata, piegata su se stessa in strette spire a 180 gradi, guidata dalle fasce di plastica scura con su scritto "Aeroporti di Roma". Riempie, densa, un ampio rettangolo di spazio delimitato da paletti neri e poi, dopo l'ultimo paletto di plastica esplode, si linearizza, corre lunghissima costeggiando file infinite di tristi poltroncine di plastica, poi piega, un ansa di fiume che segue la vallata, gira di 90 gradi e continua decisa e diritta verso un corridoio dall'altra parte della hall. E si perde dietro a un muro. È la fila più lunga che abbia mai visto in vita mia in un aeroporto. E la gente è furente. Alcuni chiedono di passare ma siamo tutti quanti sugli stessi tre voli che partono alla stessa ora. Una ragazza, decisamente imbarazzata a causa dell'uniforme aeroportuale che indossa, sfida i nostri sguardi torvi e fa: "Parigi, Milano e Venezia? Seguitemi!" e ci mette su una seconda fila, chiaramente improvvisata lì per lì, molto più corta. La situazione resta pessima, e quando riacciuffo la signorina per abbaiarle contro un: "Scusi ma si rende conto che la fila dove ci ha messi è corta ma non si muove di un centimetro?" lei allerga le braccia e dice sconsolata "Aeroporti di Roma, signori...".

Più di un'ora dopo passo finalmente i metal detector (due! Si, due! Il terminal 2 di Fiumicino ha solamente due cazzo di metal detector!) e mi metto a correre. Tiro il trolley con una mano e con l'altra mi stringo contro un fianco laptop passaporto carta d'imbarco telefono ipod eccetera. Corro sgangherato e affianco una ragazza che corre pure lei sgangherata e dico "Parigi, immagino" e lei "Eh si, Parigi, cazzo...". Arriviamo all'imbarco sudati fradici, rossi in viso e iperventilanti per sentirci dire da una irritatissima dipendente dell'aeroporto: "Il volo è chiuso".

Io mi incazzo e faccio il professorino irritato che fa la predica, la ragazza se la gioca più sul La-prego-ci-faccia-passare-la-prego-la-prego...

Lei e il suo collega si guardano, fanno una telefonate e ci fanno passare. Sento la ragazza, ancora ansimante, tranquillizzare qualcuno al cellulare "Si, preso, per un soffio... A me e a un signore non ci volevano imbarcare!" e mi accorgo di essermi perso il momento esatto della mia vita in cui per la gente da ragazzo son diventato signore... Mah...

Siamo dentro al tubo che porta all'aereo. Siamo tutti e due ancora rossi e accaldati. Passa il ragazzo dell'aeroporto, quello che era insieme all'irritatissima signorina all'imbarco, ci strizza l'occhio e ci fa: "Tornate indietro, non siete stati accettati". In mezzo a tutta quella desolazione aeroportuale, ci strappa un sorriso, ed è lì che capisco quale sia esattamente il problema. Ho una seconda epifania, una seconda rivelazione aeroportuale. Il problema dell'Italia, ascoltatemi bene, è la simpatia.

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Comunque, l'aeroporto di Fiumicino non è all'altezza. Troppo poco. Davvero troppo poco per Roma. La capitale. Caput mundi. E tutte queste balle qua.

Che cazzo.

Una stellina.

mercoledì 23 novembre 2011

Tapis roulant

Questo post parla del tapis roulant che collega la stazione della metro 13 di Parigi Invalides a quella, omonima, della RER C. Si, avete capito bene, questo post parla di un tapis roulant. Ma non uno qualsiasi. È un tapis roulant che conosco bene, forse quello che conosco meglio, perché mi trasporta ogni giorno, per due volte - da sinistra a destra al mattino, e da destra a sinistra la sera - quando vado e torno dal lavoro.

Bene.

Il tapis roulant che collega la stazione della metro 13 di Parigi Invalides a quella, omonima, della RER C, è uno di quei tapis roulant lunghissimi. È davvero lunghissimo. E ha questo tunnel tutto attorno, che quasi non se ne vede il fondo. E la gente ci cammina sopra, al tapis roulant, per andare più in fretta, per arrivare prima nel posto in cui sta andando, per risparmiare tempo, o per altri motivi che non so.

Ecco, c'è una cosa che mi piace fare, certe mattine, quando arrivo lì, nel tunnel lunghissimo che collega la metro 13 alla RER C. Mi piace arrivare al tapis roulant, salirci e stare fermo, non camminare, non fare niente. Tirare fuori il libro dalla tracolla e mettermi a leggere.

È bello leggere e vedere con la coda dell'occhio le pareti del tunnel, i manifesti, e le piastrelle bianche che si alternano una dopo l'altra passandomi accanto. Mi piace stare lì, fermo, in piedi, e leggere sentendo il cigolio del nastro trasportatore che scorre, e le piccole irregolarità nella struttura che sta sotto al nastro che spingono leggermente sui piedi mentre ci passano sopra. Mi piace starmene li fermo mentre la gente mi passa accanto, mentre tutto si muove, compreso il suolo sotto ai miei piedi. Tutto si muove tranne me, che me ne sto fermo a leggere.

Si possono leggere un paio di pagine, così. E a me piace.





La foto l'ho presa qui.

Darsi degli obiettivi chiari e precisi

Mi sono convinto del fatto che per ottenere dei risultati - in termini di ritorno di immagine, s'intende - da questo (fantastico) blog è necessario darsi degli obiettivi chiari e precisi. Come ho già anticipato all'unica follower di questo (grandioso) blog, i due obiettivi che mi pongo (e che raggiungerò! Perdio!*) sono i seguenti:

1) raggiungere i 1000 accessi entro natale (ora siamo a 327);
2) raddoppiare (si, avete sentito bene, raddoppiare!) il numero di followers.

Ragazzi, qui non si scherza.

Questo (strepitoso) blog farà molto parlare di sé.

Sì, farà molto parlare di sé...

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* Forse.

martedì 22 novembre 2011

Una cosa alla volta

Ho trovato questa cosa che mi sembra molto utile. Un bel blocco per segnarsi le cose da fare. La to-do list per oggi. Però il blocco ha lo spazio per una sola cosa. Una sola. Niente male come idea... Niente male... Che bello che sarebbe poter decidere di concentrarsi su una cosa importante da fare ogni giorno, una sola, concentrarcisi e portarla a termine. Mettere a fuoco la cosa, tra tante, che più importa, che è più urgente, a cui più si tiene. Metterla a fuoco e poi farla. Punto e basta. Ed arrivare a sera soddisfatti.

Vabbè, adesso vi saluto che ho un casino di roba da fare...




Fonte della foto: qui.

lunedì 21 novembre 2011

Nessuno mi ama?

Ogni giorno controllo speranzoso il mio blog alla ricerca di "followers".

Ogni giorno resto deluso.

Nessuno.

Nessuno che mi segue.

Cazzo.

Poi girello un po' tra altri blog che seguo e mi intristisco a vedere i followers degli altri. Lo so, e infantile, ma non importa. Prendete questo blog qui, per esempio, che mi piace un sacco. 1353 followers. Ripeto: milletrecentocinquantatre followers.

Che cazzo.

E come fa poi uno a non deprimersi a vedere cose così?

Milletrecentocinquantatre a zero.

Mah...

Meno male che il sondaggio va benino. Tre voti in tutto*, di cui due sostengono che , Bisognerebbe Leggermi Ogni Giorno è il blog più popolare d'Italia. Una vittoria netta e schiacciante sui no, che sono solamente la metà.

Son soddisfazioni...

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* la mia ragazza ha giurato di non aver partecipato al sondaggio.

Amore, aeroporto, De Lillo & canelé (olé!)

Oggi quello schianto della mia donna è partita per tornarsene a casa (a 1500 km da qui: cazzo, cazzo e cazzo) prendendo il primo volo del mattino (cazzo, cazzo e cazzo).

Io, essendo un grandissimo signore, l'ho accompagnata all'aeroporto (quello di Orly, terminal ouest, per l'esattezza). È stato davvero un gesto di grande signorilità il mio, dato che di solito per alzarmi dal letto ci vogliono le cannonate e che mi alzo a orari vergognosi (vi dico solo che in media arrivo al lavoro verso le 11...). Insomma, ci siamo alzati alle 5.30 (Cristo... 5.30... Era ancora buio! Devo essere davvero innamorato...) e siamo andati in aeroporto. Abbiamo fatto colazione da Paul, mangiando come due maiali (2 croissants, un canelé, un pain au chocolat, cappuccio e cioccolata calda e vaffanculo a [nell'ordine]: crisi, austerity, linea&forma-fisica, manovre finanziarie e governi tecnici vari).

Parentesi. Il canelé è una roba strepitosa che tutti dovrebbero provare. Davvero. Sono serio. Se vi capita di passare dalla Francia andate da Paul e mangiatevi un canelé. Mi ringrazierete.

Poi, dopo baci e abbracci che sarebbero sembrati eccessivamente sdolcinati anche a un pre-adolescente in calore, lo schianto di donna si è imbarcata e io me ne son tornato tristemente a Parigi senza pagare il biglietto della RER C (iniziare la settimana trasgredendo dà quello slancio necessario ad arrivare al venerdì con ancora qualche energia residua).

Sulla RER C ho letto un po' Underworld, di De Lillo.

E meno male che De Lillo è un grande e che l'inizio di Underworld è meraviglioso, con la finale di baseball, e Frank Sinatra e Edgar J. Hoover che se la guardano mangiando hot dogs e bevendo birra, e il ragazzino sul tetto che ascolta la telecronaca alla radio, e la pallina che vola tra gli spalti all'ultimo inning e tutto quanto esplode...

Che inizio strepitoso!

Gran libro.

Mano male, va...

Sennò, dato l'inizio della mattinata "bye bye love", mi sarei intristito...


giovedì 17 novembre 2011

Inseguimento

Oggi è una di quelle giornate in cui mi sento indietro su tutti i fronti, all'inseguimento di tutto, di corsa e in affanno ma nonostante questo superato da tutto e tutti. Oggi è una di quelle giornate in cui mi viene da pensare che le cose da fare sono così tante e che io sono così indietro che non riuscirò mai a recuperare. Mai.

È una di quelle giornate in cui mi sento così:




Fonte: qui.

mercoledì 16 novembre 2011

Pigrizia e amore

Allora.

In questo periodo sono pigro, però mi ero anche riproposto di postare  regolarmente sul blog (altrimenti col cazzo che diventa il più popolare d'Italia...), quindi ho deciso di fare una cosa pessima.

Che è la seguente: c'è un blog che mi piace e che, da quando ho iniziato a scrivere il mio, seguo abbastanza assiduamente. Oggi ho commentato questo post qui, in cui l'autrice (la blogger?) spiega quali sono le due cose che ha capito degli uomini per quanto riguarda la seduzione.

Le due cose sono queste:

Regola numero 1: se un uomo ti vuole, fa di tutto per averti.
Regola numero 2: se non lo fa, la verità è che non gli piaci abbastanza (cit.).

Poi l'autrice (blogger?) aggiunge 3 (doverose) postille:


a. ci sono dei casi in cui uno fa di tutto per averti, e poi scopre che fa così con tutte. seduttori seriali, puah!
b. ci sono altri casi in cui con un minimo di sbattimento si riesce a prendere un uomo titubante e fargli nettamente cambiare idea. ma anche questa è un'altra storia.
c. se io e la mia amica fossimo a parti invertite, io non mi crederei e continuerei a credere 'forse gli si è scaricato il cell, è in Antartide per lavoro e si è dimenticato la carica' se non chiama.


Insomma siccome sono pigro e siccome il mio commento a questo post era particolarmente lungo, lo copio-e-incollo qui sotto così ho guadagnato - A-GRATIS!!! -  una paginella per il mio blog.

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Care,

sono un uomo e quello che ho imparato delle donne (due cose, eh!) è qui sotto:

1) se interessi a una donna si capisce subito, ma proprio subito;

2) le donne che fanno qualcosa per conquistare (non sono la maggioranza, purtroppo!), e lo fanno con garbo (cioè, senza troieggiare) guadagnano centomila punti.

Poi: non è vero che siamo facili e lineari sempre. Lo siamo molto piu' di voi (donne), ma non sempre.

Per esempio, la postilla b. mi pare molto appropriata. Sì, delle volte dovete proprio farci cambiare idea, ma se riuscite a farci cambiare idea non significa che prima non fossimo interessati.

Esempio.

Stanco di storie a distanza (cambio abbastanza spesso città dove vivo per lavoro) mi ero dato una regola sacra und inviolabile. Che era questa: "basta con le storie a distanza". Semplice, no? Poi un giorno alla macchinetta del caffè incontro una tipa bellissima che mi piace un sacco. Ci esco una sera e mi piace un sacco. Però ha un aereo il giorno dopo per un posto lontanissimo. Però mi piace. Però c'ho la regola. Però mi piace. Però, cazzo, la regola, quindi cerco di tenere le distanze.

Ecco.

Lei, senza fare una piega, si è invitata a stare da me per la sua visita successiva a Parigi (che è la città in cui vivo). Stiamo benissimo insieme, ma io c'ho la regola. Quindi le dico ciao ciao.

Quindi lei si ri-invita a stare da me per la sua visita successiva. Tutto idem come sopra.

Quindi lei si ri-ri-invita a stare da me ecc ecc ecc.

E a quel punto cambio idea e cedo. Quindi ora sono in una storia a distanza. Pero' sono felicissimo.

Concludendo, un consiglio: se uno vi piace e non è un cretino (si fa abbastanza in fretta a capire pure quello, e in caso siate accecate dall'amore chiedete a un'amica, farà in fretta lei per voi) SEDUCETELO!

E, se serve, fategli cambiare idea.

martedì 15 novembre 2011

Una cosa pazzesca

Carissimi,

l'altro giorno - sabato, per l'esattezza - ho fatto una cosa pazzesca.

Ho ballato.

Magari a voi sembrerà una cosa normalissima, una cosa quasi di routine nei weekend, ma per me non lo è. Ho ballato all'incirca 4 o 5 volte in tutta la mia vita, incluse le danze di sabato scorso.

Il punto è il seguente, e ve lo espongo, anche se credo che purtroppo verrà capito solo da quelli che hanno lo stesso mio problema coi balli e le danze, mentre a tutti gli altri sembrerà incomprensibile:

io a ballare mi sento un cretino. 

Anzi, c'è di più. Mi sento non solo un cretino, ma un cretino con tutti gli occhi della sala puntati addosso. Il che non è gradevole.

Ed è per questo che ricordo benissimo tutte le volte in cui ho ballato. A parte un caso in cui ero parecchio ubriaco e mi trovavo ("per motivi di lavoro" [sic]) in un club-disco-pub sotterraneo a Cracovia (Polonia), ho sempre ballato per motivi "strategici".

Vi espongo sinteticamente la questione. Supponete di trovarvi a una festa, o in un locale, o in una discoteca dove tutti (ma proprio TUTTI) ballano. Supponete inoltre di essere totalmente bloccati e imbarazzati e a tratti addirittura terrorizzati dall'idea di dover ballare in mezzo a tutti quegli occhi che sicuramente, inevitabilmente e ovviamente si gireranno all'unisono verso di voi. Bene. Supponete ora di persistere stoicamente nel vostro intento di non ballare, di non muovere nemmeno un muscolo, di non scuotere culo e fianchi, insomma di non fare niente di niente. Quello che succederà a questo punto è che tutti (ma proprio TUTTI) verranno da voi in processione, ad uno ad uno, e cercheranno di trascinarvi in pista. Chi con gentilezza, chi con sfottò, chi con brutali strattoni eccetera eccetera. Voi resisterete. Opporrete resistenza. E non abbandonerete il vostro angolo appartato (di solito il bar, il divano, o, per quelli proprio troppo timidi, il guardaroba). Per motivi ovvi, la lunga processione di gente al vostro angolo appartato avrà come unico risultato quello di far salire il vostro imbarazzo e farvi assumere ancora di più la cosiddetta postura da statua-di-marmo.

Bene.

Timidi di tutto il mondo, allergici alle danze, imbarazzati nerd con gli occhiali dalla montatura tenuta su dallo scotch, udite udite!, ho una grande rivelazione da farvi! A tutto questo c'è un rimedio, ed io lo ho scoperto. Basta quindi con imbarazzi, frasi balbettate, e abbracci tattici ad attaccapanni e braccioli di poltrone per evitare di essere trascinati in pista! Tutto questo è finito per sempre!

Basta fare la seguente cosa. All'inizio della festa, o della serata, fate un piccolo sforzo, e fate finta di ballare per circa 30 secondi. Muovetevi, anche senza convinzione, seguendo approssimativamente il ritmo della musica, e fatelo, possibilmente, non in un angolo buio della sala, ma abbastanza in vista.

Dopo questi 30 secondi potrete tornare tranquillamente al vostro angolo appartato ad odiare silenziosamente il mondo e vi garantisco che nessuno (ma proprio NESSUNO) verrà più a seccarvi.

Non ho mai capito bene il motivo, ma tutto questo funziona. Ve lo giuro.

Ma, tornando a noi, vi stavo dicendo che sabato ho ballato. E non era un ballo strategico. Era una festa proprio carina, c'era un sacco di bella gente, l'atmosfera era rilassata e sorridente, avevo bevuto settantaquattro Heineken, 3 gin tonic e un bicchiere di vino di pessima qualità, e soprattutto era quello schianto della mia donna a cercare di trascinarmi in pista... quindi non ho trovato nessun motivo per opporre resistenza.

Abbiamo ballato dalle 2 alle 4 e mezza. E mi sono divertito un casino.

Quasi quasi riballo.

Che dite?

sabato 12 novembre 2011

Terminal 2: Aeroporto di Parigi - Orly - Terminal Ouest

L'Aeroporto di Parigi Orly ha un grande vantaggio rispetto a Charles de Gaulle: è più vicino alla città. Dalla stazione di Denfert si può prendere un bus che in una mezz'oretta vi porta al terminal. Volendo si può anche prendere la RER B ma come ho già avuto modo di dire altrove su questo (fantastico) blog, la RER B ha spesso problemi e ritardi che anche la persona più mansueta e comprensiva del mondo non esiterebbe a definire, con rabbia selvaggia e vene del collo ingrossate, apocalittici. Quindi, state a sentirmi, prendete il bus.

Il terminal Ouest non è niente di che. L'ultima volta che ci sono andato è stato ieri. Sono arrivato (col bus), e mi sono diretto agli Arrivi, dove ho aspettato con grande impazienza l'atterraggio del volo di quello gran schianto della mia donna.

Essendo in larghissimo anticipo (l'amore gioca brutti scherzi) ho cercato un bar e ho mangiato qualcosa.

Di solito in queste situazioni vago per ore per tutto il terminal esaminando fin nei dettagli tutti i bar alla ricerca del mio bar. Invece ieri è stato facilissimo, dato che il bar di fronte agli arrivi aveva tavolini di legno e sedie e sgabelli verde elettrico e a me piace molto il verde elettrico.

Quando poi ho visto nel frigorifero self-service delle vaschette di sushi (parlerò altrove della mia fissazione ossessivo-compulsiva per il sushi) ho capito che il verde elettrico mi aveva davvero guidato fino al posto giusto.

Ed è forse questo il motivo principale per cui ora scriverò qui sotto:

Due stelline.

venerdì 11 novembre 2011

Terminal 1: Aeroporto di Parigi - Charles de Gaulle - Terminal 3

Iniziamo la nostra rubrica aeroportuale parlando del Terminal 3 dell'Aeroporto di Parigi Charles de Gaulle. Per dare una descrizione esaustiva ed accurata del Terminal 3 dell'Aeroporto di Parigi Charles de Gaulle basterebbe dire che fa schifo. Già, fa davvero schifo. È l'ultimo dei terminali dell'aeroporto, quello costruito più recentemente, e consiste praticamente di un enorme hangar semivuoto e semideserto. In una parola: triste.

La semi-vuotezza, semi-desertezza e (totale-)tristezza del Terminal 3 mi stanno particolarmente a cuore perché recentemente mi ci ritrovo spessissimo per prendere voli che hanno come destinazione la città (che manterremo qui ignota per motivi di sicurezza nazionale) dove vive quello schianto di donna che é la mia donna.

Ma torniamo a noi.

Quando si entra nel terminal 3 dell'Aeroporto di Parigi Charles de Gaulle, la prima cosa che si prova è sconforto. Poi, dopo aver notato lo sguardo perso nel vuoto delle annoiatissime signorine che stanno agli stand delle varie compagnie aeree o di noleggio auto, il morale risale un po', rafforzato dalla consapevolezza di essere dalla parte giusta del bancone dello stand.

Per sconfiggere lo sconforto, penserete voi, ci vorrebbe una biretta. Però, in caso vi venga in mente di precipitarvi al bar, vi consiglio di non farlo. Non fatelo, davvero. Riflettete. Piuttosto mettetevi in fila al gate e entrateci. Mi ringrazierete. Il bar dentro al gate è leggerissimamente meno triste dei bar fuori dal gate. E nei momenti di massimo sconforto i dettagli, anche quelli piccoli, aiutano.

Insomma, a questo punto un giudizio finale di "una stellina" (il minimo, vedi qui) sembrerebbe inevitabile.

Però... Però c'è un però.

Il però è che il venerdì sera è tutto un po' diverso, al terminal 3. C'è quell'atmosfera stanca ma distesa delle vigilie dei fine settimana. È chiaro che quasi tutte le persone sedute in file ordinate e in attesa del volo stanno finendo una settimana di lavoro, stanno tornando a casa, o andando, come me, in un posto in cui hanno proprio voglia di andare. I pensieri della settimana e della giornata appena conclusa sono ancora li, sulle facce e sulle espressioni di tutti, ma più leggeri, e condannati a svanire in un "ci-penso-lunedì". Persino il rumore di tutte le voci che si mescolano e annodano tra loro sembra riempire tutto lo spazio in un modo più morbido e lontano. Non è il rumore spigoloso e puntuto di telefonate, discussioni e picchiettii su tastiere di laptop, ma è più liscio e smussato, omogeneo, come il rumore di un'aspirapolvere che qualcuno sta passando in un'altra stanza.

Ecco, a me quasi piace, il venerdì sera, starmene lì seduto in quella pozza di luce bianca al neon che è il terminal 3, tra le vetrate buie che impediscono alla notte di entrare, in mezzo a tutte quelle facce che forse la pensano come me.

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Una stellina. Una e mezzo il venerdì sera. Tre se sto andando nella città ignota di cui sopra.

mercoledì 9 novembre 2011

L'ecologgia (si, l'ecologgia con due g).

Da circa un mese a questa parte, la notte, steso nel mio letto a guardare il soffitto mentre aspetto che il sonno arrivi, penso al mio blog. Penso al mio blog e mi domando: ma come mai Bisognerebbe Leggermi Ogni Giorno non è ancora diventato il blog più popolare d'Italia? Ci penso e ripenso, ma non so darmi una risposta. A me, e lo dico obiettivamente, sembra un blog bellissimo.

Insomma, dopo settimane passate così, a convivere con questo mistero, l'altra notte ho avuto un'illuminazione. Sarà mica perché è tutto nero? Ho guardato altri blog a casaccio e in effetti sono quasi tutti a sfondo chiaro, con foto, colori caldi, variegati eccetera eccetera. Il mio invece è tutto nero... Una roba che ad essere un minimo superstiziosi vien da toccarsi i coglioni...

In un primo momento ho pensato di cambiare il layout del blog. Schiarirlo, colorarlo, arredarlo, sistemarlo... Poi la pigrizia ha preso il sopravvento e mi è venuto in mente quel motore di ricerca che si vanta di far risparmiare al mondo un sacco di energia, e che sfoggia con orgoglio la scritta: 2,784,699.794 Watt hours saved. Il tutto, udite udite!, grazie allo sfondo nero, che consuma pochissimo rispetto all'orridamente bianca e scialacquante schermata Google.

Ecco.

Se a qualcuno venisse il dubbio, sappia che Bisognerebbe Leggermi Ogni Giorno non è triste, non è poco colorato, non manca di allegria, né di spensieratezza.

Bisognerebbe Leggermi Ogni Giorno è un blog ecologgico.

domenica 6 novembre 2011

Parlo di tutto

Carissimi,

quello a cui state assistendo è un esperimento. Nè più nè meno che un esperimento. E l'esperimento consiste nell'osservare come la popolarità di un blog possa crescere e diventare smisurata e interplanetaria senza che il blogger medesimo reclamizzi il suo blog tra amici, parenti, vecchie zie malinconiche, vicini di casa, colleghi ecc ecc...

Dall'inizio dell'esperimento ho già infranto questa regola. Una volta. Una volta sola. Quindi direi che non è così grave. E inoltre, per minimizzare le perturbazioni esterne a questo esperimento, ho chiesto alla persona per la quale ho infranto la regola di mantenere il massimo riserbo sulla questione.

La persona - l'unica persona - che è stata informata da me personalmente dell'esistenza di questo blog è quello schianto di donna che è, per l'appunto, la mia donna. Questo fatto ha chiaramente alterato le statistiche degli accessi a questo blog, che hanno mostrato un picco pazzesco di accessi (siamo molto innamorati) dalla nazione in cui la mia donna (uno schianto di donna) vive. Nel caso siate curiosi e vogliate sapere qual è questa nazione, temo dobbiate tenervi la vostra curiosità. Questioni di sicurezza nazionale.

Ed ora passiamo ad esaminare le strategie messe in campo per aumentare gli accessi al mio blog, specialmente per quanto riguarda quelle nazioni nelle quali non risiede la mia donna. La prima strategia messa in atto, sebbene un po' svogliatamente, è stata quella di intensificare la mia attività di blogger, che sarebbe a dire non solo scrivere dei post con cadenza più o meno regolare, ma anche visitare altri blog e commentarli. Questo ha portato a qualche timido risultato ma è oggettivamente una strategia che richiede tempo. E io sono pigro. Molto pigro.

La seconda strategia, apparentemente più efficace ma in realtà anch'essa piuttosto deludente, è stata quella di puntare su blog molto popolari e partecipare alle discussioni in corso su questi blog, fornendo nel mio commento anche un link a un post pubblicato su questo blog. Un post che potesse essere di qualche interesse per la discussione. L'ho fatto una volta sola e quello che è successo è stato, con mia grande sorpresa, un picco altissimo nei 2 o 3 giorni seguenti il mio commento. Una sessantina abbondante di accessi nel giorno di massima affluenza, poi il livello è riprecipitato alla solita deludente media, che non svelerò qui perché la cosa mi imbarazza, ma vi dirò che i numeri sono bassi (bassi a un livello imbarazzante, data l'alta qualità di questo blog).

A questo punto, per non lasciare nulla intentato, lancio una terza strategia. Che è questa. Ragazzi, se c'è qualcuno là fuori che mi ascolta, sappiate che io parlo di tutto. Davvero. Vi scrivo un post su tutto quello che vi pare. Basta che mi comunichiate un argomento di vostro gradimento, anche anonimamente, e io vi scrivo un post. Su qualsiasi cosa. Davvero. Provate, e non ne sarete delusi.

OK, OK, forse ho esagerato... Non è possibile che io sia in grado di parlare di tutto, proprio di tutto, quindi ora rettifico. Mettiamola così: parlo di qualsiasi cosa tranne che di calcio.

Post Scriptum: pregherei la mia donna (sei uno schianto, amore) di astenersi dal partecipare a questa iniziativa per non falsarne i risultati.

sabato 5 novembre 2011

Servizio pubblico

Ho appena guardato (in differita, naturalmente) la prima puntata di Servizio Pubblico, la nuova trasmissione indipendente di Santoro. Ne ho vista solo metà, perché poi ho deciso fosse ora di alzarsi dal letto (ore 1.15pm) e far decollare questo weekend. Guarderò l'altra mezza trasmissione stasera.

Devo dire che la prima metà mi è piaciuta molto. Soprattutto per un motivo. Vi ricordate Annozero? Io non ne potevo più di urla e schiamazzi modello Larussa/Santanchè/Brambilla e dei discorsi a pera di Belpietro o della finta composta lucidità di Lupi ecc ecc (avevo scritto volontariamente tutti i nomi con iniziale minuscola ma poi mi son ricordato di essere un gran signore e in nome dell'eleganza ho maiuscolizzato tutte le iniziali... Lezioni di stile, ragazzi, qui si danno lezioni di stile!).

Bene. Nella prima puntata di Servizio Pubblico (almeno nella prima metà, magari la seconda ora-e-mezza sarà un costante turpiloquio, chissà...) le urla e gli schiamazzi non ci sono. Non ho capito se fosse semplicemente una fortunata coincidenza o se adesso che Santoro fa la trasmissione per conto suo su internet può evitare le norme idiote della par condicio (che non è una parola spagnola, come qualcuno una volta mi domandò...) e quindi invita chi gli pare.

Poi mi pare che di politici in studio ci fosse solo De Magistris. E basta. Quindi forse le discussioni politiche serie vengono meglio senza politici presenti?

Boh...

Vabbè (vabbé?), mi alzo.


giovedì 3 novembre 2011

Terminal 0 bis: la fuga di notizie

Ma porco cazzo...

Subito dopo aver avuto l'idea della rubrica sugli aeroporti (vedi post precedente) mi sono imbattuto, per caso, in questo. Insomma il National Geographic ha appena pubblicato un articolo sui migliori aeroporti ecc ec...

Maledetti.

Qui è chiaro (è ovvio!) che qualcuno ha fatto una soffiata.

Comunque, niente paura, la mia rubrica sarà molto, ma molto, ma molto meglio.

:-)

mercoledì 2 novembre 2011

Terminal 0, una nuova ed entusiasmante (?) rubrica di Bisognerebbe Leggermi Ogni Giorno!

Siccome non sempre è facile trovare cose da scrivere, oggi ho deciso, durante un'attesa piuttosto lunga al terminal di un aeroporto, di iniziare una nuova rubrica su questo blog. La rubrica si intitolerà Terminal #, dove # sarà un numero, progressivo, ad indicare quante puntate della rubrica sono già state pubblicate. Questo è il numero zero, l'episodio pilota.

Certo, parlare di aeroporti può sembrare una scelta discutibile. A chi mai dovrebbe interessare una rubrica aperiodica, non specializzata, non tecnica e come se non bastasse clamorosamente soggettiva e umorale (vuol dire che parlerò di quello che mi passa per la testa e che il soggeto aeroportuale sarà, molto probabilmente, una scusa. Un pretesto. Un alibi.) che abbia come soggetto i terminal degli aeroporti?

Non lo so.

Però lo faccio lo stesso (tanto qui comando io), e agli scettici consiglio la lettura di un bellissimo articolo apparso su McSweeney's Internet Tendency che parla, per l'appunto, di aeroporti. Si intitola Airport kissing, ed è dolcissimo...

Ho inoltre deciso (esattamente in questo momento, mentre sto scrivendo) che ognuno dei post della rubrica finirà con una delle tre seguenti frasi:

1) "Una stellina.";
2) "Due stelline.";
3) "Tre stelline.";

ad indicare il mio livello di gradimento del terminal in questione. Non voglio complicare troppo la faccenda, e quindi dichiaro, categoricamente, che non saranno ammesse stelline frazionarie (cose tipo "Due stelline e mezzo.", per intenderci). Salvo casi eccezionali, si capisce.

Sarò onesto fino in fondo. Non ho la minima idea di quanto mi ci vorrà per pubblicare il post Terminal 1...

Il punto 45 dei 100 punti di Renzi

Dei 100 punti per cambiare l'Italia di Matteo Renzi, solo 2 riguardano la ricerca. Mi pare particolarmente interessante il punto 45, che è questo:

45. Un fondo nazionale per la ricerca gestito con criteri da venture capital. Istituire un fondo nazionale per la ricerca che operi con le modalità del venture capital e sia in condizione di finanziare i progetti meritevoli al di fuori delle contingenze politiche. Il fondo sarà gestito un comitato esecutivo in carica per almeno 7 anni, costituito per 1/3 da professori impegnati nella ricerca a livello internazionale, per 1/3 da membri della comunità finanziaria esperti di project finance e venture capital, e per 1/3 della Comunità europea.

Venture capital? Questi termini da speculatori finanziari quando si parla di ricerca e scienza fanno rabbrividire... E poi, cosa c'entrano i membri della comunità finanziaria, che dovrebbero costituire 1/3 dell'esecutivo che dovrebbe gestire il fondo? Si dice di voler eliminare le "contingenze politiche", ma a leggere qui mi pare che si passerebbe dalle contingenze politiche a quelle economico/finanziarie. Il che mi pare una pessima idea... Perché la ricerca, quella pubblica, deve essere libera! Poi non si distingue tra ricerca di base e ricerca applicata... Né tra discipline umanistiche e scientifiche... Ma ve li immaginate i membri della comunità finanziaria a decidere quali sarebbero i progetti di ricerca meritevoli in, per esempio, filologia romanza? O forse a Renzi interessa solo la ricerca che produce qualcosa? Boh...

Poi non si capisce se questo fondo nazionale per la ricerca dovrebbe aggiungersi o sostituire il fondo di ricerca già esistente (quello su cui si mantengono attualmente università e centri di ricerca, per intendersi). A me pare che prima di aggiungere cose nuove bisognerebbe (per lo meno) raddoppiare il budget della ricerca, che al momento è a livelli imbarazzanti, e cambiare il sistema di reclutamento/promozioni che oggi è fondato sul baronaggio.

Ecco, un bel punto sul baronaggio mi sarebbe piaciuto. Ma non c'è.

Insomma, a me pare che chi ha scritto questa roba non sappia di cosa stia parlando...

Il sistema ricerca in Italia, per quanto riguarda l'aspetto gerarchico e di reclutamento, ha un problema: uscire dal medioevo. Quindi parlare di venture capitals mi pare, francamente, un po' ridicolo.