martedì 31 dicembre 2013

Bilancio 2013

Ed eccoci qua per il consueto (?) appuntamento annuale: l'ultimo straziante post dell'anno.

Dove si riassume brevemente l'anno che sta per concludersi e si stila il bilancio dei successi e delle sconfitte.

Eccetera.

Dividiamo la vita di Manoel in diversi settori.

1 - La vita privata di Manoel

Direi che su questo versante il post linkato qui parla da solo. Meglio di così era oggettivamente impossibile. Sfido chiunque a fare di meglio. Dai, dai, ditelo se credete di aver fatto di meglio! Ditelo, se ne avete il coraggio!

Per i curiosi: è fèmmena.

2 - Il B.L.O.G.

Bilancio piuttosto deludente. Solamente 46 post (47 se contiamo anche quello che state leggendo ora). Decisamente pochini, se confrontati ai 147 del 2012.

3 - Libri

Altro disastro. I miei buoni propositi per il 2013 recitavano, tra le altre cose:
Leggere almeno 15 libri incluso l'Ulisse di James Joyce.
Il confronto coi fatti è inequivocabile: lo scorso anno (il 2013) ho letto solo 10 libri, e mi ritrovo, oggi 31 Dicembre, con 5 libri iniziati, nessuno dei quali prossimo alla conclusione. Tra i 5 libri letti a metà c'è l'Ulisse.

Come se non bastasse, ho recensito nella rubrica Books I read solo 5 dei 10 libri letti. Ma vi prometto che recupererò.

Ho anche letto pochi fumetti.

Un disastro.

4 - Viaggi

Direi un successo. Paesi visitati: India, Germania (2 volte), Italia (2 volte), Giappone, Olanda (14258764000 volte). Certo, nulla in confronto al giro del mondo che ha fatto Natalia P., ma credo di potermi ritenere soddisfatto.

5 - Musica

Da molto tempo mi riproponevo periodicamente di riprendere a suonare. L'unico passo in questa direzione è stato il mio recente acquisto, al cui suono melodioso (?) già sogno di addormentare un'adorabile poppante...

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Buon anno.

Ci risentiamo nel 2014.

Fate i bravi stanotte, mi raccomando.

lunedì 30 dicembre 2013

Ruggiti

In fila alla cassa del supermercato Monoprix. Davanti a me c'è un padre con un bimbo piccolo, dev'essere attorno ai 4 o 5 anni. Mentre il padre aspetta il suo turno lui gioca. Si arrampica sui tubi metallici che dividono la nostra fila da quella della cassa di fianco. Fa strani suoni con la bocca mentre combatte nemici invisibili. Eccetera.

A un certo punto mi guarda. Io sorrido, paterno (si veda il mio post del 18 novembre qui) e con una mano gli do una grattatina alla testa e gli scompiglio un po' i capelli. A questo punto lui si ritrae, brusco, mi guarda con occhi feroci e ruggisce.

- Aaaaaaarg!!!!!!

Io sorrido, un po' imbarazzato, mentre lui comincia a battere sulla coscia del padre, che sta pagando alla cassa, per richiamare la sua attenzione.

- Papà papà!

E aggiunge un breve e confuso resoconto del torto subito.

Il padre si gira, mi sorride e risponde al figlio:

- Come? Che c'è?
- Il signore mi dà fastidio!
- Ma no [nome], il signore vuole solo giocare!- lo tranquillizza un padre sereno e sempre sorridente.
- No! Il signore non vuole giocare!

E, sguardo torvo, aggiunge un altro feroce ruggito.

- Aaaaaaaaarg!

Io continuo a sorridere con sempre meno convinzione. Il padre raccoglie i sacchetti della spesa, e io faccio ciao ciao con la mano al bambino*. E lui, con occhi iniettati di sangue, ruggisce per l'ultima volta tutto il suo odio.

- Aaaaaaarg!!!!

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* No, al mostro. Quel bambino è un mostro, cazzo!

martedì 17 dicembre 2013

Cieli luminosi

Mi è capitato, questo lunedì, di essere membro di una commissione di dottorato in Astronomia all'Università di Amsterdam. Solitamente le discussioni delle tesi di dottorato sono situazioni decisamente informali, e mi sono quindi stupito di ricevere un email dove mi si faceva presente che era richiesto un abito formale.

Non possedendo una cravatta, ne ho acquistata una, usata, al modico prezzo di euri 1 (uno) e mi sono presentato, elegante e impeccabile, all'appuntamento.

I professori in commissione indossavano una palandrana rossa e nera coi simboli dell'università cuciti sulle spalle, e un cappello degli stessi colori, mentre gli sfigati (come me) fregiati del semplice titolo di dottore sfoggiavano completo e cravatta.

Era previsto che ci alzassimo dai nostri scranni per fare le domande all'aspirante dottore, e che ci rivolgessimo a lui chiamandolo Caro candidato. Per sentirci poi chiamare, dal carissimo candidato, illustrissimi esaminatori (o qualcosa di simile).

Insomma, una cosa molto alla mano.

Ma quella che voglio raccontarvi è un'altra storia.

La tradizione olandese prevede che il neo dottore porti a cena, al ristorante, i membri della commissione e il suo relatore*. Il carissimo candidato, essendo greco e quindi amante del buon cibo (un bene che scarseggia nei Paesi Bassi) ha optato invece per un'originale alternativa: invitare tutta la commissione a casa sua, per una cena greca preparata da sua madre.

La cena è stata un successo. Un trionfo gastronomico. E anche una piacevolissima serata.

Tutta la famiglia del carissimo candidato, accorsa da Atene per presenziare al lieto evento, sedeva al tavolo. Compreso il padre, che non parlava una parola di inglese e che si ritrovava, per la prima volta in vita sua, fuori dai confini della sua amata terra.

Volto bruno scavato da profonde rughe, baffi, giacca a coste un po' lisa, camicia e pantaloni, tutto grigio. Se ne stava in disparte, assorto e silenzioso.

Poi, a un certo punto, il caro candidato ha richiamato l'attenzione di tutti, per farci sapere che suo padre era impaziente di pronunciare un discorso, che lui stesso avrebbe tradotto per noi.
Signore e Signori,  
voglio ringraziarvi per averci onorati con la vostra presenza questa sera.
La sua mano aperta, il palmo verso l'alto, ondeggia sulla pantagruelica montagna di cibo che ci sta davanti.
Il nostro desco è povero [???], ma riflette i nostri migliori sentimenti.Voglio ringraziarvi per quello che avete fatto per mio figlio. Per i vostri consigli e per tutto quello che gli avete insegnato. Vedo, riflessi nei vostri volti, i volti di tutti gli insegnanti che mio figlio ha avuto negli anni, gli insegnanti che tanto gli hanno dato, contribuendo a farlo diventare ciò che è adesso.È stata una giornata piena di gioia e soddisfazione, per me. Per noi.
Gli occhi verso suo figlio, e un sorriso complice ad accompagnare la mano, ancora aperta, che questa volta rivolge il palmo verso il basso, a sottolineare la statura, decisamente bassa, di entrambi.
Questa gioia e questa soddisfazione purtroppo non ci faranno diventare più alti.
Ma da oggi, il nostro cielo è più alto.
Il nostro cielo è più luminoso.
E si è seduto.
E tutti quanti abbiamo applaudito.

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* Gli olandesi sono pazzi. Lo sanno tutti che gli studenti non hanno mai una lira... Mah...

domenica 8 dicembre 2013

Geografia

Giovedì sera. Thalys Parigi-Amsterdam. Il treno sfreccia ai 300 all'ora, nella buia campagna francese, e poi vallona, e poi fiamminga,  ed ecco che una voce gracchiante annuncia che stiamo per arrivare a Bruxelles.

La ragazza seduta vicino a me smette finalmente di smessaggiare e alza, per la prima volta da quando siamo partiti, gli occhi dal suo iPhone.

E mi guarda.

"Excuzes-moi?".

"Oui?" rispondo io, che mi chiamo Manoel O. Dias.

"Bruxelles è in Francia?".

Sento i miei occhi aprirsi leggermente più del normale, e le sopracciglia alzarsi di un paio di millimetri.

"Pardon?".

"Bruxelles è in Francia?".

Incredulità, occhi ancora più grandi, sopracciglia allo stato brado. Ho di fronte un volto composto e serissimo.

"Mi scusi, non ho capito la domanda...".

"Bruxelles è in Franica?".

Rassegnazione. Occhi sgranati come palle da biliardo. Sopracciglia dolenti.

Mi arrendo.

"Mi sta chiedendo se Bruxelles è in Francia?".

"Sì".

"No, non è in Francia".

"Merci".

E si rimette a smessaggiare coll'iPhone.


Seguono silenziose considerazioni sul chiaro fallimento del sistema scolastico e dell'idea stessa di Europa unita. Preoccupazioni identitarie. Confusione. Tutto un mescolarsi di patente europea, quote latte, turisti della democrazia, la moneta unica. Maastricht. Strasburgo.

Vince l'impulso pedagogico.

Le tocco la spalla. Alza un solo occhio dall'iPhone.

"E' in Blegio. Bruxelles è in Belgio".

"Ah. O.K.".

Ed è di nuovo iPhone.


Sipario.