giovedì 26 luglio 2012

Vita di M. (Capitolo 12)

VITA DI M. SUI MEZZI DI TRASPORTO

M. non sa dirvi quando ha imparato a gattonare, né tantomeno a camminare. Era troppo piccolo per ricordarsi. Però si ricorda molto bene quando ha imparato ad andare in bicicletta (senza le ruotine). Avrà avuto all'incirca 5 o 6 anni. Era al mare dai nonni, come tutte le estati. Per le prove di ciclismo era stata scelta la piazza del mercato che, in assenza del mercato stesso, altro non era se non un ampio piazzale senza auto*. Erano state tolte le ruotine alla bici, M. era in sella, coi piedini sui pedali, e suo padre, F., teneva una mano saldamente ancorata sotto la sella per tenerlo in equilibrio.

Vai!, disse F., e M. iniziò a pedalare, mentre F. lo seguiva tenendo sempre una mano sotto la sella.

C'era il sole ed era caldo, e M. fece mille prove fino a diventare abbastanza sciolto e tranquillo, conscio della mano di suo padre che lo sorreggeva. Poi, a un certo punto, M. pedalando si gira per dire qualcosa a F. e lo vede in piedi dietro di lui, con le braccia allargate. M. gli vede entrambe le mani, e nessuna di loro sta sotto la sella a sorreggerlo. M. sta pedalando da solo!

Si emoziona e cade. Ma sa di avercela fatta.

M. userà la bici per tanti anni. Specialmente per andare a scuola. Tutte le mattine, da settembre a giugno, per tanti anni. Ricorda il sonno del mattino e la scarsissima voglia di alzarsi per andare a scuola, che si ripercuotevano in una pedalata loffia loffia, in un incedere pericolante e lentissimo. Quello che M. ricorda di più di queste pedalate mattutine sono le vecchiette che gli passano accanto in bici, sfreccianti.

Se la bici si rompeva, M. andava a piedi per lunghissimi periodi. Il motivo era che per riparare la bici bisognava andare da B., il terribile meccanico delle biciclette, che aveva il negozio vicino a una delle porte della città. B. era un signore che soffriva tantissimo nel vedere biciclette maltrattate. Insomma, la volta che gli portavi una bici che secondo lui non era stata tenuta bene (cioè sempre), ti dovevi beccare una paternale di mezz'ora con tanto di urli e occhiatacce. Per cui M. tentennava un po' prima di andare da B., e per un po' andava a piedi.

Anche nei primi periodi dell'università, a Bologna, M. andava in bici. Poi la bici si ruppe**, venne riparata, si ruppe**, venne riparata, si ruppe di nuovo** e quindi M. si stufò e andò a piedi.

A Firenze, invece, furono gli anni del vespino. Che belli! Andare in giro col venticello addosso, in città e in collina. Peccato che la sua fidanzata di allora non sopportasse salire sul suo vespino perché il vento le scombinava i lunghi capelli***.

In Germania****, invece, M. acquistò un macchinone BMW di terza mano con più di centomila chilometri sul groppone. Special highlight: interni in velluto rosso che lo facevano assomigliare in maniera preoccupante a un pappone, puttaniere o che dir si volgia. Il macchinone gli costò, in riparazioni, molto più di quanto avesse pagato per acquistarlo, ma alla fine del periodo teutonico riuscì persino a venderlo a un trafficante d'auto che esportava catorci in paesi poveri e/o sottosviluppati*****.

A Dublino M. andò a piedi.

E a Parigi, beh... a Parigi c'è il metrò!

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* Più tardi diventò, ovviamente, un parcheggio.
** Non c'è che dire: il buon vecchio B. aveva ragione.
*** Sic.
**** Mi sono rotto le palle di usare le lettere al posto delle nazioni.
***** Il mio fido BMW ora corre sereno e felice su strade Kazache.

mercoledì 25 luglio 2012

Books I read 8 - All the pretty horses, Cormac McCarty

All the pretty horses inizia così:
The candle flame and the image of the candle flame caught in the pierglass twisted and righted when he entered the hall and again when he shut the door.
ed è un libro western di Cormac McCarty di 302 pagine.

Il libro inizia con un funerale. In un cimitero, da qualche parte in Texas, vicino alla frontiera con il Messico. C'è la bara, e attorno un po' di gente, seduta su sedie di tela. C'è un vento fortissimo, e il suo rumore copre le parole del predicatore, in piedi di fronte alla bara. Quando il funerale finisce, e i fedeli si alzano, le sedie di tela volano via, rotolando tra le lapidi delle tombe.

Penso che la forza di McCarty stia in queste immagini. Immagini semplici e allo stesso tempo solenni e epiche di cui sono pieni i suoi libri. All the pretty horses è un western in piena regola, un western classico, con sparatorie, furti di cavalli, fughe per amore e paesaggi sconfinati. Un western con buoni e cattivi. Ma nonostante questo, è un bellissimo libro. Sì, ho proprio scritto nonostante questo, perché sarei disonesto se non vi dicessi che avevo reagito con scetticismo e supponenza quando il mio amico di sempre M., di fronte a una birra nel pub a due passi da casa di mio padre, mi disse: Devi leggere McCarty, scrive western. E vedendo le mie sopracciglia sollevarsi e la mia fronte aggrottarsi alla parola western, aggiunse: Guarda, so a cosa stai pensando, ma leggilo lo stesso, McCarty. Scrive dei libri bellissimi.

Mi ci sono voluti diversi anni per vincere questo pregiudizio aprioristico (e inutile) da (finto) intellettuale, e ora McCarty è uno dei miei scrittori preferiti.

All the pretty horses è il primo volume della Trilogia della frontiera, e appena finito di leggerlo già sapevo che avrei letto anche gli altri due volumi: The crossing e Cities of the plain. Leggetelo.

lunedì 23 luglio 2012

Vita di M. (Capitolo 11)

VITA CINEMATOGRAFICA DI M.

M. non è mai andato molto al cinema, ma non sa spiegare bene il perché. Probabilmente il problema è che una birretta in un pub batte sempre un cinema, come proposta per una serata.

Due periodi della vita di M. fanno eccezione a questa regola.

Uno è il periodo universitario, specialmente i primi due anni, quando M. abitava vicinissimo a un cinema (l'Apollo) che proiettava film delle stagioni passate a mille lire (sì! lire! M. si sente così vecchio se ci ripensa...) a serata. All'Apollo M. ha sghignazzato vedendo Frankenstein Junior, ha dormito di fronte a Il cielo sopra Berlino*, ha espresso sdegnosa sufficienza dopo la sventurata proiezione di Braveheart, e ha sgranocchiato chili e chili di pop-corn.

Il secondo periodo è il periodo dublinese, dove M., spesso per mancanza di alternative culturali valide, si infilava con la sua amica L. all'IFI (Irish Film Institute), pressoché unico cinema cosy e non holliwoodiano della città. Lì ha visto il suo primo Truffaut (I quattrocento colpi), un'epica rassegna su Paolo Sorrentino (cortometraggi inclusi), il tarantinante Inglorious Basterds, l'Away we go sceneggiato da Dave Eggers (uno dei miti letterari di M.), e tanti altri.

Al momento, non è ancora stato girato nessun film, né è stata avanzata la proposta di girare un film, che abbia M. come protagonista. Non intendo M. come attore, ma proprio un film su M., con qualche attore (bellissimo, s'intende) che reciti nel ruolo di M..

M. è comunque abbastanza sicuro che prima o poi la cosa succederà. Pensa anche che prima o poi scriveranno pure un libro, su di lui. Perché M. è senza dubbio un tipo straordinario, e come disse Leo Longanesi:
Lo storico che fra cent'anni scriverà la storia di questo straordinario "Italiano", se pure in quel tempo userà ancora dedicarsi a una simile professione, dovrà essere un bel tipo. Solo un matto potrebbe intraprendere un tale lavoro; ma vedrete che il matto si troverà.
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* Ero molto stanco. Davvero. Wenders mi piace.

domenica 22 luglio 2012

Le ricette di Manoel: 2 - il panino sottiletta e crackers

Lo so, lo so, avevo dichiarato che la rubrica "Le ricette di Manoel" avrebbe avuto una sola uscita, ma ho cambiato idea ed eccomi qui con la seconda puntata.

In un attacco di nostalgia per il tempo che fu, ho ripensato a quando, bambino, tornavo da scuola ed aspettavo che i miei genitori ritornassero dal lavoro per pranzo. La scuola elementare finiva alle 12.40, i miei genitori tornavano all'incirca alle 14.00 e io e mio fratello avevamo il compito di apparecchiare la tavola e aspettarli. Però era dura aspettare fino alle 14.00 senza mangiare niente. E fu così che iniziammo a saccheggiare il frigorifero. E la ricetta che vi scrivo qui sotto nacque proprio in seguito a uno di quei saccheggi*.

INGREDIENTI.

Un pacchetto di crackers Doriano.
Sottilette Kraft.

PREPARAZIONE.

Prendete una sottiletta Kraft e piegatela a metà. Si dividerà perfettamente in due. Piegatela di nuovo a metà in modo da ottenere quattro quadratini di sottiletta. Ora prendete un cracker Doriano e dividetelo in due, facendo attenzione a non romperlo, seguendo la linea tratteggiata tipica dei crackers. Prendete un quadratino di sottiletta, mettetelo sul mezzo crackers e ammirate la precisione con cui le due forme si sovrappongono.

L'ideale e' fare uno strato di crackers, uno di sottiletta, un altro di crackers, un secondo strato di sottiletta e un ultimo (terzo) strato di crackers.

E ora addentate il vostro panino e pensate a Manoel, fanciullo e affamato.

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* Anche oggi, quasi trent'anni dopo, quando vado a trovare mio padre, gli saccheggio ancora il frigorifero, e mi preparo di nascosto il panino sottilette e crackers.


lunedì 16 luglio 2012

Vita di M. (Capitolo 10)

VITA DA LETTORE DI M.

M. inizia leggendo Topolino. Poi, non appena le sue capacità tecniche migliorano al punto da consentirgli di smettere di far scorrere il dito indice sulla pagina mentre legge, passa ai libri di avventura. Il suo scrittore preferito è Emilio Salgàri. E il suo personaggio preferito dei libri di Salgàri è senza dubbio il flemmatico Yanez.

A un certo punto anche M., come tutti*, attraversa la fase J. R. R. Tolkien.

Ancora ragazzino (fine scuole medie?) legge 1984 di George Orwell, nonostante (o forse soprattutto perché) i suoi genitori gli avessero consigliato di leggerlo quando sarebbe stato più grande. Scopre che nei libri si possono anche trovare persone che fanno l'amore, e la cosa lo turba parecchio. Poco dopo viene turbato di nuovo aprendo il Giornale di guerra e prigionia di Carlo Emilio Gadda, che suo padre (cattolico) tiene sempre a portata di mano sul tavolino in salotto. Dentro quel libro ci sono bestemmie, proprio bestemmie, contro dio e la madonna, e M. non pensava quella fosse una cosa possibile**.

Al liceo succedono diverse cose interessanti. La prima è che a un certo punto suo padre gli mette letteralmente tra le mani un libro intitolato Il giovane Holden e gli dice, questo lo devi leggere. E M. lo legge. Per 6 volte. E lo trova ogni volta un libro incredibile. Poi, un compagno di scuola gli suggerisce di leggere i libri di un certo John Fante. Così, M. legge Chiedi alla polvere e capisce che ci sono degli scrittori  dei quali bisognerebbe leggere tutto. Proprio tutto.

Verso la fine del liceo M. legge, ascoltando il disco Second sight, dei Bass Desires, Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, di Robert M. Pirsing, e capisce che si possono scrivere libri bellissimi anche senza avere una storia ben definita, ben strutturata.

Poi c'è la fase mistica Herman Hesse. Il gioco delle perle di vetro lo colpisce soprattutto per il fatto che non si capisca quale sia l'oggetto centrale delle elucubrazioni dei personaggi, ovvero il suddetto gioco delle perle di vetro.

Poi arriva Italo Calvino, e Queneau, con I fiori blu (tradotto da Calvino!), e M. sogna e sorride.

Dopodichè è quasi solo letteratura nordamericana. M. incappa per caso nella meravigliosa follia di Una banda di idioti, poi nello spudorato autobiografismo di Dave Eggers e la sua Opera struggente di un formidabile genio, poi è letteralmente travolto da Richler, Barth***, Franzen and Co.

Ma il libro che più lo segna, che più gli resta dentro è Infinite Jest, di David Foster Wallace****, libro del quale M. non sa parlare senza sentirsi inadeguato.

In un recente sussulto europeista, M. legge e adora La cognizione del dolore di Gadda e Viaggio al termine della notte di Celine. Due libri che M. ama associare in quanto pieni di una poesia impossibile. Ricercata e allo stesso tempo semplice e naturale. E con due delle più belle ultime frasi di sempre*****.

L'ultimo (in ordine cronologico di lettura) scrittore americano per cui M. ha sviluppato una dipendenza è Kurt Vonnegut.

Per concludere con un (importante) dettaglio, M. ha riso ad alta voce in luoghi pubblici per colpa di Una cosa divertente che non farò mai più, di David Foster Wallace, La versione di Barney, di Mordecai Richler, 1933 was a bad year, di Joh Fante. Per una questione di par condicio, M. sente di dover aggiungere che ha pianto leggendo L'incarico, di Raymond Carver e The corrections, di Jonathan Franzen.

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* Come tutti i maschietti.
** Ma si possono davvero scrivere delle bestemmie sui libri? E perchè il mio babbo li legge, questi libri? si chiedeva il giovane M., perplesso.
*** L'opera galleggiante è stata aggiunta allo scaffale.
**** Seguito a breve distanza da Freedom, di Franzen.
***** Che chiaramente non cito perchè non si possono svelare i finali, no?

martedì 10 luglio 2012

Vita di M. (Capitolo 9)

VITA SPORTIVA DI M.

Durante la sua infanzia M. ha praticato, con massimo ed indubbio insuccesso, i seguenti sport:
  • nuoto;
  • calcio;
  • tennis;
  • pallavolo.
Poi, raggiunta la maggiore età, interrompe qualsivoglia attività atletica e conduce (serenamente) una vita da invertebrato.

Però, poco più di un anno fa incontra L., se ne innamora pazzamente, e da allora talvolta si ritrova, con suo massimo stupore, in braghette e scarpe da ginnastica a correre in tondo in qualche parco parigino. 

La vita è una cosa davvero imprevedibile.

domenica 8 luglio 2012

Vita di M. (Capitolo 8)

VITA PROFESSIONALE DI M. -- Parte quinta: la gloria.

Dopo due anni trascorsi in E, in un susseguirsi ininterrotto di pioggia, vento sferzante e vuoto pneumatico sul versante "soddisfazioni professionali", M. è scoraggiato, stanco, afflitto, demotivato, umido e pure single.


E fu proprio nel suo ristorante dublinese preferito, ora chiuso e tanto rimpianto*, che M. si sentì dire questa frase, dal suo collega e amico francese A.:
Ma se ti va male con la carriera accademica, che fai?
E quella domanda lo lasciò secco, M., perché si rese conto, nel momento esatto in cui sentì quelle parole, che non si era mai posto il problema. Possibile, si chiedeva M., che dopo tanti anni di peregrinazioni per l'Europa io non abbia mai pensato, neanche una sola volta, alla possibilità di fare altro nella vita?

La cosa lo spaventò un po'.

E allora M. decise di pensarci, a cos'altro avrebbe potuto fare. Decise di pensare a cosa fare da grande, nel caso servisse un piano B.

E fu proprio a questo punto, con un tempismo imbarazzante, che M. vinse, in maniera rocambolesca e non troppo aspettata, un concorso per un posto (fisso!) al consiglio nazionale per le ricerche scientifiche francese.

Ancora incredulo, riceve una telefonata di un big boss francese, che gli dice come prima cosa "Welcome on board!', e poi inizia a scusarsi:
Mi spiace, Mr. Dias, ma non possiamo accontentare la sua richiesta di unirsi al laboratorio XXXX a Y [ridente cittadina in riva al mare nel sud della Francia, NdM]. Per lei andrebbe bene, invece, un posto al laboratorio XXX a Parigi?
E fu davvero difficile, per M., non scoppiare a ridere dicendo:
Si si, direi che Parigi va bene.

Comunque, come utile esercizio di elasticità mentale, M. non ha più smesso di pensarci, a cos'altro potrebbe fare da grande.

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* Un giorno ve ne parlerò. Adoravo quel posto. Lo adoravo. E ora non c'è più. Quando ha chiuso son rimasto di pessimo umore per diversi giorni.