lunedì 30 gennaio 2012

Come un pollo (o, titolo alternativo: S.)

Come un pollo. Sono stato smascherato come un pollo. Mi son fatto fregare come un pischello alle prime armi. Mi hanno già scoperto... Mi ha già scoperto. Lui, S., mi ha trovato. Mi ha stanato. Dopo neanche quattro mesi...

Bene. È ora di fare chiarezza. È quello che devo fare.

Come forse i più scaltri tra di voi avranno immaginato, Manoel O. Dias (la O. sta per Octavio), che sarei io, non esiste. È un'invenzione, un personaggio fittizio, una montatura. Manoel O. Dias è il mio pseudonimo da blogger. Non sono nato in Portogallo il 2 Settembre 1975 (il resto è tutto vero).

Ora, direte voi, perché tutto questo mistero? Perché nascondersi? Perché non rivelare la propria identità? Queste sono le stesse domande che mi pone dall'ottobre 2011 quello schianto di donna che è la mia donna, ma io non sono ancora stato capace di spiegarmi. Di spiegarle.

Allora, il punto è che io davvero non sopporto chi tiene un blog. È più forte di me. I blogger non li sopporto. Narcisismo e chiacchiere. E poi tutta una serie di frasi. "Dai un'occhiata al mio blog!", "Come ho anche scritto sul mio blog...", "A questa cosa ho anche dedicato un post sul mio blog...". Eccetera. Frasi che, come direbbe Fulvio Abbate*, mi provocano orrore.

D'altro canto, però, innegabilmente, sono un chiacchierone narcisista.

Insomma, il compromesso che avevo raggiunto con me stesso (con l'altro me stesso: Manoel O. Dias) era il seguente: fai un blog, ma fallo anonimo, o inventati uno pseudonimo. Non dire a nessuno cosa fai. Resta nell'ombra. Prima o poi ti scopriranno, quando il tuo blog diventerà (sì, lo diventerà) il più popolare d'Italia allora ti scopriranno, ma prima resta nell'ombra.

Poi ho fatto un passo falso. Il post su Teledurruti e sul suo ideatore, Fulvio Abbate. E la potenza di Google. La malvagia potenza di Google.

S. mi ha stanato perché mi conosce. Mi conosce bene. Perché parliamo spesso, ci raccontiamo le nostre vite. E quindi S. sapeva. Sapeva che stavo leggendo Q. Sapeva che non mi stava piacendo, mentre era stato proprio lui a consigliarmene la lettura.

Ed S., come me, ama smisuratamente Fulvio Abbate.

Certe discussioni possono terminare solamente grazie a un parere autorevole e indiscutibile. Un parere insindacabile. Super partes.

E se io e S. discutiamo un libro e non sappiamo raggiungere un accordo riguardo alla sulla sua qualità, beh, in quel caso solo Fulvio Abbate può dirimere la contesa.

Ed è per quello che S., su Google, ha scritto "fulvio abbate q luther blisset", ed è arrivato a me. È arrivato qui.

E mi ha stanato.

Ma Manoel non sparirà nel nulla. Questo blog continuerà, nonostante il suo autore dalle mille identità** sia stato oramai smascherato. Il blog continuerà, perché S. è sceso a patti con me.

Sì, S. è sceso a patti con me.

Dieci birre. Dieci birre sono bastate a comprare il suo silenzio.

[Ieri ho finito Q, la recensione arriverà prestissimo. Non mi è piaciuto, ma l'ho letto fino in fondo, e lo stile di questo post un po' (e volutamente) ne risente... Questo è Q, caro S., ed è per questo che non mi è piaciuto.]

__________

* Fulvio Abbate è il mio intellettuale di riferimento. Si veda il post Torni a bordo, cazzo! per ulteriori informazioni.

** Sono solo due, ma fatemi atteggiare un po', dai... Poi devo copiare Q, mi servono mille identità cazzo!

domenica 29 gennaio 2012

Post Scriptum a due post fa

Il mondo si divide in due: chi ama incondizionatamente Fulvio Abbate, e chi pensa che sia un demente osannato da una banda di ritardati mentali (a Confederacy of dunces?*). Io lo amo. In quest scenario leggermente polarizzato, mi piacerebbe capire dove si collocano i Pazzi Furenti che seguono questo frivolo blog.

[Ancora nessun video su Teledurruti, guardo compulsivamente puntate di (Ah)iPiroso per cercare conforto.]

__________

* Citazione coltissima. Anzi, citazione di una citazione, entrambe coltissime. Qui non si scherza per niente ragazzi... Per niente... Chi la (le!) indovina (e capisce) vince una foto autografata di Manoel O. Dias.

Più di un porco

Prima (3am) parlando su skype (maledetta distanza!) con quello schianto di donna che è la mia donna è venuto fuori che secondo lei dormo troppo. Invece io dormo assolutamente il giusto quantitativo di ore.

Per portare sostegno scientifico alla mia tesi ho rispolverato da reconditi angoli della memoria una filastrocca che il mio nonno (il mio nonno!) mi recitava quando ero bambino. La filastrocca delle ore di sonno.

Eccola:

Un'ora dorme il gallo;
Due il cavallo;
Tre il viandante;
Quattro l'amante;
Cinque lo studente;
sei la brava gente;
Sette il porco;
Otto il bifolco!

La (maledetta) filastrocca si è rivelata essere un boomerang, perché è emerso che dormo più di un porco, e non posso certo definirmi un bifolco.

Buonanotte.

sabato 28 gennaio 2012

Torni a bordo, cazzo!

Fulvio Abbate è decisamente il mio intellettuale di riferimento, e il suo annuncio della chiusura dell'emittente "monolocale" Teledurruti mi ha rovinato la settimana.

Fulvio Abbate è uno scrittore siciliano che vive a Roma. Devo ammettere con somma vergogna che, nonostante sia oggettivamente il mio referente culturale assoluto, non ho mai letto nessuno dei suoi libri. Le ultime volte che sono andato in Italia ho girato un po' di librerie e nessuna aveva niente di Fulvio Abbate, ma tutte le libraie (che per qualche motivo erano sempre donne) mi dicevano "ah si! certo!" e poi mi davano un libro di un certo Abate (con una b sola) che io respingevo con disdegno.

Fuvio Abbate è il mio intellettuale di riferimento perché è l'ideatore, autore, conduttore e pressoché unico interprete/regista/attore dell'emittente Teledurruti - Una televisione monolocale.

Teledurruti funziona così: ogni giorno Fulvio Abbate fa qualche video della durata di qualche minuto dove c'è lui in primo piano, con sempre le stesse due pareti di sfondo, con due quadri di non ricordo più chi, che dice tutto quello che gli passa per la testa a proposito di argomenti assolutamente incongrui e improbabili che spaziano dalla politica interna al sesso anale.

Sono oramai leggendarie le sue idiosincrasie contro: Concita De Gregorio, Walter Veltroni, Vinicio Capossela (per il quale, secondo Abbate, il fatto di essere pure bravo è un'aggravante) e altri, verso i quali scarica minuti di astio e livore che non lasciano speranza. O le sue (clamorosamente finte) origini aristocratiche (il Marchese Fulvio Abbate)...

Talvolta compariva nei suoi video la (compianta, davvero) Gemma Politi, sua madre, con la quale inscenava siparietti strepitosi specialmente incentrati sulla politica (inquadratura in primo piano della novantenne Gemma Politi, Fulvio Abbate fuori campo che dice: "Mamma, hai 3 minuti per parlare male del PD!"), altre volte la figlia Carla, che chi segue Teledurruti ha visto praticamente crescere su youtube...

Il video in cui Fulvio Abbate annuncia la chiusura di Teledurruti non è il primo di questo genere. Già in passato, periodicamente, in alcuni video l'Abbate si diceva tentato di interrompere tutto quanto, poi però non era mai successo nulla. Ora invece da qualche giorno nessun video... Il che ha fatto piovere i commenti dei suoi assidui seguaci, la maggioranza dei quali del tipo: "Dai non fare il coglione ricomincia a fare video!". Il più bello di tutti, però, è il commento di un certo Emanuele che con un guizzo geniale gli grida: "Torni a bordo, cazzo!".

A un occhio poco attento, Fulvio Abbate potrebbe sembrare un grandissimo minchione, e probabilmente lo è. Ed è per questo, credo, che lo amiamo così tanto.

Spero davvero che Fulvio Abbate la smetta di coglioneggiare e si rimetta a fare video. Nel frattempo, aggiungo il link a Teledurruti qui di fianco.

Certo, ci resta pur sempre (Ah)iPiroso, la trasmissione (bellissima ma non saprei dirvi davvero di che diavolo parli) di La7 che ha come ospiti fissi Fulvio Abbate e Adriano Panatta ma, decisamente, non ci basta. Rivogliamo Teledurruti.

giovedì 26 gennaio 2012

Sfigati

Ora io tutte queste polemiche sul viceministro Martone che dà degli sfigati a quelli che si laureano dopo i 28 anni non le ho seguite molto e non le voglio nemmeno seguire.

Però è chiaro che se un corso di laurea è di N anni sarebbe meglio laurearsi in N anni o poco più (con i dovuti distinguo, of course...).

Quindi, propostona M. O. Dias®:

Se un corso di laurea dura N anni, gli studenti pagano le normali tasse universitarie per N anni, dall'anno N+1 (cioè da quando vanno fuori corso) le tasse aumentano significativamente e progressivamente.

Così chi non studia è disincentivato a restare lì e si cerca qualcos'altro da fare.
Ma sento già levarsi le proteste: "Eh si, la fai facile!, ma quelli che studiano e lavorano?".

Bene.

Gli studenti che studiano e lavorano possono presentare alla segreteria universitaria una copia del loro contratto di lavoro (così diamo anche un disincentivo al lavoro in nero) e possono pagare le tasse universitarie non maggiorate anche se vanno fuori corso di qualche anno (diciamo 2 o 3?). 

Odo ancora lamenti: "E chi ha problemi di salute?"

Gli studenti che hanno problemi di salute possono presentare alla segreteria universitaria un certificato medico eccetera eccetera.

Insomma, i casi a parte sono individuabili, no?

"Si, si, ma se uno è confuso e non sa che fare della propria vita e ha bisogno di tempo per riflettere?"

Ok.

Gli studenti possono decidere di non iscriversi a uno o più anni accademici e sospendere per gli anni medesimi il pagamento delle tasse. A una loro eventuale reiscrizione all'università, gli anni di sospensione non verranno conteggiati al fine di calcolare le tasse universitarie.

C'è altro?

Certo, in questo modo i ricchi sarebbero liberi di metterci mille anni per laurearsi (pagando e facendo gli studenti a tempo pieno) mentre i poveri no. Beh, sentite, se i ricchi han voglia di perdere tempo cazzi loro. No?

Altro che blogger, io dovrei fare il ministro!

Attendo critiche furenti.

________

P.S. Dopo lunghissime discussioni, la "riforma Dias" (così verrà chiamata la riforma descritta qui sopra) è stata approvata anche da quello schianto di donna che è la mia donna.

lunedì 23 gennaio 2012

Books I read 2 - No country for old men, Cormac McCarthy

No country for old men inizia così:
I sent one boy to the gaschamber at Huntsville. One and only one.
ed è un libro di 309 pagine che si fanno sfogliare molto in fretta.

Avevo già visto il film dei fratelli Coen, quando uscì qualche anno fa, e di solito non è una gran bell'idea vedere prima il film e poi leggere il libro, specialmente se il libro è un thriller, e specialmente se il film è una trasposizione fedele della storia da carta a celluloide. Di solito cerco di evitarlo. Però all'epoca avevo diverse attenuanti, incluso il fatto che non sapessi che il film fosse tratto da un libro e l'imperdonabile fatto che (shame on me!) non conoscessi Cormac McCharty. Il punto è: ma un thriller di cui sai già il finale, che thriller è?

Invece, la cosa che più mi ha stupido di No country for old men è che, nonostante tutto questo, mi ha tenuto incollato alle sue pagine come se non sapessi mai cosa stesse per succedere. La prosa di McCarthy è impeccabile e la storia è raccontata mantenendo sempre la tensione e il ritmo a livelli altissimi. I personaggi di McCarthy non pensano, ma parlano e compiono azioni, fanno cose, una dopo l'altra.

Il libro inizia con Llewelyn Moss che va a caccia di antilopi da qualche parte in mezzo al nulla in Texas, e si ritrova per caso in mezzo uno scenario che è chiaramente ciò che resta di un regolamento di conti tra bande di spacciatori di eroina. Furgoni crivellati di proiettili, cadaveri, l'immancabile cane morto, e tutto il resto. Trova una sacca piena di soldi - il mancato pagamento della partita di eroina - la prende e se ne va. E di lì inizia una sanguinaria caccia all'uomo che, pagina dopo pagina, lo vede inseguito da tutte le fazioni coinvolte nello scambio della partita di droga che vogliono riprendersi i soldi.
Il più spietato e algido tra questi killer e trafficanti di droga è Anton Chigur (interpretato nel film dei Coen da un perfetto Javier Bardem), uno dei personaggi più impenetrabili e improbabili mai incontrati tra le pagine di un libro, che divide con Llewelyn Moss gran parte della scena.

Verso la fine, il libro rallenta il ritmo e forse si capisce che in fin dei conti il vero protagonista del romanzo è lo sceriffo Ed Tom Bell, prossimo alla pensione, e tutto sommato impotente di fronte a tutta quella violenza e tutto quel sangue.
Con i suoi monologhi che aprono ogni capitolo, col suo accento del sud e la sua convinta rettitudine da buon americano, è forse lui a dare un senso a tutta la storia.

No country for old men non è un capolavoro come per esempio La Strada, ma è un libro sicuramente da leggere. Se lo prendo in mano e lo giro vedo scritto nella quarta di copertina questa frase, da una recensione su The Times:
A western thriller with a racy plot and punchy dialogue, perfect for a lazy Sunday.
Già. Proprio così. Se avete in programma un weekend in cui volete restarvene tranquilli a casa, sbragati sul divano, con schifezze da sgranocchiare e bibite gasate a portata di mano (o tisane e incenso, a seconda di che tipo voi siate...), leggetevi No country for old men. E sarà un bel weekend.


sabato 21 gennaio 2012

Indecisione e anticipazioni

Carissime e carissimi,

l'altro giorno mi è venuto in mente che potrei aggiungere al mio blog un a lista di links ai blog che io leggo. Ho visto giocherellando su blogspot che posso addirittura aggiungere un affare (un gadget, si dice...) che mostra la lista di questi blog con in più questa cosa che si chiama snippet (?) che se non ho capito male scrive le prime righe dell'ultimo post del blog in questione. Il gadget è così intelligente che mette addirittura i blog in ordine di data-dell'-ultimo-aggiornamento eccetera eccetera. La tecnologia non finirà mai di stupirmi.

Ora, io prima di mettermi a scrivere questo blog seguivo solo blog di giornalisti sul tema vagamente definibile come: "attualità e politica". Insomma una roba noiosissima. Non mi sembra proprio il caso di aggiungere link a questa roba qua...

Quindi pensavo che potrei mettere qui solamente i link a blog "frivoli", dove per "frivolo" intendo un blog che assomigli al mio.

Cosa ne dite? (non mi riferisco alla definizione di "frivolo", ma all'idea di linkare i blog).

Ma non è che poi vengo sepolto da migliaia di richieste tipo: 'ti-prego!-ti-prego!-linkami-sul-tuo-blog-così-tutti-quanti-leggeranno-pure-me-ogni-giorno!' ?

Boh.

Ora, siccome al momento (sono nuovo qui) di blog ne leggo pochi potrei aggiungerne, chessò, uno al mese? E dirvi (brevemente) perché lo leggo?

Aiuto sono indeciso.

______

Anticipazioni: ho finito di leggere No country for old man (McCarthy), il post arriverà prestissimo. Poi a causa di un viaggio di 6 ore sono già a un discreto punto di "Q" (Luther Blisset). Non so cosa leggerò dopo perché per scegliere i libri seguo un rito abbastanza rigido che magari un giorno vi spiegherò.


lunedì 16 gennaio 2012

Oddio che tristezza



Ok, ok... Avrà pure ragione Gilioli che dice che il fatto che Bersani inviti ad iscriversi al Piddì per correggerne i difetti sia una cosa apprezzabile...

Ok, ok... È vero. Non bisogna sempre essere distruttivi e critici a tutti i costi, ma bisogna cercare di costruire, proporre, confrontarsi, e queste balle qua...

Ok, ok... Sarà anche vero (?) che il Piddì è forse l'unica alternativa plausibile (l'estrema sinistra dopo aver vinto il premio "miglior strategia elettorale" alle politiche del 2008 ha perso un filino di credibilità...)

Ok, ok, è vero, sono di sinistra e quindi non so proprio che fare... e nello stato confusionale in cui sono potrei pure fare un gesto inconsulto e prendere una tessera di un partito, per poi pentirmene quando sarà troppo tardi...

Però, cristo!, che tristezza questo video!

Dio che tristezza!

Ah! Che tristezza!

Che cazzo! Ma che cazzo!

Che tristezza!

Madonna che tristezza!

[si capisce che 'sto video mi ha messo un po' di tristezza?]

Dio.... dio.... dio.... Che tristezza...

Eccetera.

sabato 14 gennaio 2012

Piccole (piccolissime) differenze

Allora. Qualche giorno fa è deceduto in circostanze non chiarissime un professore dell'Università di Oxford. Siccome era un nome abbastanza noto nel giro accademico (mi ero anche letto diversi suoi lavori quando ero giovine e laureando) mi sono letto un paio di articoli sulla questione.

Ho guardato sul sito del Telegraph, poi mi sono accorto che la notizia è uscita anche sui giornali italiani.

Ora... Vi copio qui sotto i titoli e i primi paragrafi degli articoli inglesi (Telegraph) e italiani (la Repubblica), poi voi mi dite cosa ne pensate...

Titolo del Telegraph: "Oxford professor's death was 'tragic accident', says wife"

Titolo sulla Repubblica: "Oxford, il giallo degli scienziati: ucciso un prof, arrestato un collega"

Primi paragrafi dal Telegraph:
Devinder Sivia, 49, was arrested on suspicion of murder on Wednesday night at his home in Southmoor, Oxfordshire, after police discovered the body of Professor Steven Rawlings, 50, there. After Oxford University don Dr Sivia was released on police bail today, Prof Rawlings's wife, Linda Rawlings, rallied to support him. In a statement issued through Thames Valley Police, Mrs Rawlings said: "I do not believe that Steve's death is murder and I do not believe Devinder should be tarnished in this way."

Primi paragrafi dalla Repubblica:
LONDRA - Prendete due docenti di Oxford, un manuale di astrofisica scritto a quattro mani, il villaggio dove si suicidò la "gola profonda" dell'Iraqgate, una serata al pub e un delitto che non sembra un delitto, mescolate bene il tutto, e che cosa ottenete? Un giallo degno della penna di Agatha Christie, che forse solo Poirot potrebbe risolvere: o più precisamente l'ispettore Morse, il personaggio dei romanzi di Colin Dexter da cui è tratta una popolare serie televisiva britannica esportata in tutto il mondo (Italia compresa), un detective che indaga per l'appunto anche fra le gotiche guglie della più prestigiosa università d'Europa.
Notate anche voi una leggerissima differenza stilistica?

La prima cosa che ho pensato è stata: in inghilterra sui giornali ci scrivono giornalisti, in italia aspiranti romanzieri forse un po' frustrati...

Più avanti, l'articolo di Repubblica dice pure questo:
"Abbiamo sentito urla, frastuono, rumori", testimoniano i vicini del villaggio. Una lite, dunque. Per un diverbio scientifico, sostiene una fonte anonima citata dai giornali. Un movente stravagante per un delitto. Romanzesco. Eccentrico, proprio come certi docenti di Oxford.
Beh si certo, è normalissimo, siccome siamo eccentrici ci capita spesso di ucciderci a vicenda nelle università quando abbiamo divergenze di opinioni su questioni lavorative...

Perplessità... Massima perplessità...

giovedì 12 gennaio 2012

Books I read 1 - Underworld, Don DeLillo

Underworld inizia così:
Parla la tua lingua, l'americano, e c'è una luce nel suo sguardo che è una mezza speranza.
ed è un libro bellissimo (un libro bellissimo di 880 pagine).

Inizia con una descrizione, quasi una radiocronaca, dell'evento sportivo americano forse più celebre di tutti i tempi (per gli americani, s'intende): la finale della National League di baseball del 3 Ottobre 1951, dove i Giants sconfissero i Dodgers per 5 a 4. I Dodgers sono in vantaggio fino all'ultimo inning. La partita, e quindi anche il campionato, è quasi vinto. Per loro è praticamente fatta. Poi, all'ultimo inning, alle 15.58 di quel mercoledì pomeriggio, Bobby Thompson batte fuori campo un lancio di Ralph Branca, ribalta il risultato e fa vincere la partita ai Giants. 

Delirio al Polo Grounds, lo stadio del baseball di New York.  

Questo è il prologo del libro. Qualche decina di pagine che tengono incollati lì, come se la partita fosse ora, adesso, come se Branca e Thompson stessero lanciando e battendo e sudando davanti a noi. Adesso. Poi l'attenzione si allontana dal tripudio di festeggiamenti in campo e si sposta su, verso l'alto, verso gli spalti, dove è atterrata la palla che ha cambiato e deciso la partita. Ed è proprio quella palla, recuperata dopo un lungo duello tra due tifosi dei Giants, che diventa il filo rosso che tiene insieme tutto il libro.

Sì, perché dopo il prologo c'è il primo capitolo, che è un balzo avanti di quarant'anni, fino al 1992. E ci troviamo di fronte a Nick Shay, un dirigente cinquantenne di una ditta di gestione di rifiuti (e - sia detto per inciso - ex-tifoso dei Dodgers) e Klara Sax, un'affermata artista newyorkese. Nick e Klara sono probabilmente  i due protagonisti del libro. 

Da lì in poi, ogni capitolo è un passo indietro nel tempo, verso l'inizio della storia, indietro fino all'inizio degli anni '50, da dove tutto è iniziato. Indietro fino a svelare il segreto di Nick, il segreto di Nick ragazzino, al quale si allude per tutto il libro, creando un'avvincente suspence al contrario, una suspence per una storia di cui si conosce la fine, ma non l'inizio.

E in mezzo a tutti i passi indietro nel tempo, sbuca di tanto in tanto la palla da baseball, con le sue cuciture rosse e la sua macchia verdastra.

Underworld sono cinquant'anni di storia dell'America attorno ai quali si intrecciano le vite dei personaggi. Personaggi di fantasia ma anche personaggi realmente esistiti, come J. Edgar Hoover, il celeberrimo capo dell'FBI, o Frank Sinatra, o il comico Lenny Bruce.

Dentro a Underworld ci sono i grandi cambiamenti di mezzo secolo di storia. C'è la bomba atomica, c'è la fine della guerra fredda, c'è lo smaltimento dei rifiuti, c'è la tecnologizzazione, c'è il progresso, c'è internet. C'è il cinema, c'è l'arte, ci sono i tetti di New York ("Era l'estate dei tetti."), ci sono i graffiti sui vagoni del Metro...

E c'è una storia, quella di Nick e Klara, raccontata dalla fine all'inizio.

__________

Devo pensarci un po', ma Underworld potrebbe finire nello scaffale dei libri essenziali...

domenica 8 gennaio 2012

Le domeniche pomeriggio

Arrivo al binario e il treno è li. Il treno è già li e sta per partire. Accenno un inizio di corsa ma il treno se ne accorge, suona la sirena, chiude le porte, e se ne va. E io resto sul marciapiede a guardargli il culo che si infila nel tunnel del metrò. Ueeeeeng! è metallico il suono della sirena. Il suono che fa il treno quando chiude le porte e ti lascia lì. È metallico. 

Sono a Saint Michel-Notre Dame e ho appena perso la RER C.

Cazzo.

Il piano era perfetto, calcolato nei minimi dettagli, ma si è arenato allo step uno. Ero di ritorno dall'aeroporto Charles de Gaulle (T3) dove avevo accompagnato Quello Schianto Di Donna Che È La Mia Donna (in breve: QSDDCÈLMD) che ripartiva cazzo ripartiva dopo due settimane di vacanza parigine. Ripartiva.

Cazzo.

E poi la domenica pomeriggio. Cristo, la domenica pomeriggio è già abbastanza triste per conto suo, e se ci sono pure schianti di donne che partono diventa davvero troppo. Troppo triste. Quindi ci voleva un finale di pomeriggio, ci voleva un finale di pomeriggio che mi facesse stare bene, che mi facesse stare tranquillo, un bel finale di pomeriggio, un finale di pomeriggio che ti coccola.

Quindi il piano era mettermi ad annusare le pagine ingiallite di vecchi libri, perdermici in mezzo, sfogliarle, e magari portarmi a casa qualcosa. Eccolo il piano. Tutti i primi weekend di tutti i mesi alla biblioteca americana di Parigi c'è un mercatino di libri usati. Te li tirano davvero sulla schiena, i libri usati, lì, a uno o due euro l'uno. Usati e ingialliti, alcuni, quelli più vecchi.

Ora, sarebbe bastato semplicemente aspettare la RER C successiva e salirci sopra e scendere a Pont de l'Alma eccetera eccetera ma perdere il treno per un soffio proprio mi mette di pessimo umore e quindi ho detto - sai che ti dico, biblioteca americana, lo sai che ti dico? salgo su e vado da Shakespeare and Company, e 'fanculo alla biblioteca americana.

Sono salito su,  aria, Parigi, e Shakespeare and Company è proprio un bel posto, solo che c'è sempre troppa gente, molti turisti che non sono lì per i libri ma sono lì perché le guide turistiche gli dicono di andarci, lì. Quindi ho messo le cuffiette dell'ipod, e non sentivo più i turisti che parlottavano tra di loro. È un po' come essere un pesce in una boccia di vetro piena d'acqua quando si mettono le cuffiette nei posti affollati. Tutti parlano e si muovono ma tu non senti nulla, tranne la musica. Credo che essere un pesce assomigli a questo.

Insomma.

Ci sono dei libri usati a Shakespeare and Company. Mescolati sugli scaffali di legno in mezzo ai libri nuovi. Si riconoscono perché alcuni di loro hanno scritto su un etichetta appiccicata sul dorso USED OCCASION, proprio così, USED OCCASION tutto maiuscolo. Altri invece si riconoscono perché è ovvio che siano vecchi, è ovvio che siano usati.

E ho trovato un libro che volevo leggere e di cui se ne parlava proprio l'altro ieri, a cena, da amici. "Leggi quel libro" mi diceva F., l'amico di QSDDCÈLMD, "leggi quel libro". E altri due, due libri dello stesso autore, che secondo me è un grandissimo. E alcuni critici dicono che abbia scritto tutti i suoi libri "a coppie", a due a due, e questi due qui credo proprio siano una coppia. Incredibile, no?

Insomma mi è andata proprio bene.

Kurt Vonnegut Jr, Breakfast of Champions, 6 euro.
John Barth, Lost in the funhouse, 4 euro.
John Barth, Chimera, 6 euro.

Non poteva andare meglio.

Davvero.

sabato 7 gennaio 2012

Manco a farlo apposta, fumetti, et al

Carissimi,

manco a farlo apposta, poco dopo il mio post furente contro Ryanair, nel quale giuravo (anzi, ri-giuravo, non è la prima volta, ahimè...) di non volare mai più Ryanair, eccoti che un amico (altrettanto furente) mi posta su Facebook questo link qui, che altro non è se non una serie di motivi per cui uno non dovrebbe volare con Ryanir. Insomma, un bel concentrato di astio e livore, che ci aiuteranno di sicuro ad avere un weekend più sereno e tranquillo.

Poi.

L'altro giorno ho deciso che inizierò un'ennesima rubrica su questo blog. Quindi, carissimi e carissime, dopo la rubrica aeroportuale, dopo quella sui libri che sto leggendo (ancora ferma ai blocchi di partenza), e quella sui libri fondamentali per vivere meglio (ferma pure lei), ecco a voi la rubrica sui fumetti.

(breve pausa per dare spazio agli applausi)

Ebbene si, mi piacciono molto i fumetti, e siccome ne leggo abbastanza ho deciso di recensire pure quelli. Per capirci, io leggo graphic novels (niente manga ne supereroi, please). Se dovessi dirvi quali sono i 3 capolavori del genere direi Mouse di Art Spiegelman, Persepolis della Marjane Saptrapi e Jimmy Corrigan the smartest kid on Earth di Chris Ware. Il più dolce che abbia mai letto è invece Blankets, di Craig Thompson. Insomma, mi piace questa roba qui. Abbiamo gli stessi gusti?

La rubrica si chiamerà: "Comics", e basta (poca fantasia?).

Spero di recensire presto qualcosa (lo so, lo so, sto andando un po' a rilento, ma abbiate pazienza... E poi è tutta colpa del Santo Natale e di quella maledetta Befanaccia... Ma ora grazie a dio tutto questo è passato...).

Scriverò presto, meglio, e di più!

Promesso.

mercoledì 4 gennaio 2012

Terminal 7: Aeroporto di Bergamo - Orio al Serio

Allora. Al mio ritorno a Parigi dopo le vacanze natalizie ho infranto il solenne giuramento pronunciato ormai anni fa di non volare mai più (ripeto: mai più) con Ryanair ed ho, ebbene sì, volato con Ryanair.

Volo Milano - Parigi.

Ma in realtà questo è solamente quello che i geni del male che siedono nella stanza dei bottoni Ryanair vogliono farti credere (maledetti!) perché in realtà il volo è:

Bergamo/Orio al Serio - Parigi/Beauvais Tille.

Che sono due posti parecchio lontani da, rispettivamente, Milano e Parigi. In realtà sono due posti che non centrano niente con Milano e Parigi. Bergamo è un'altra città (lo insegnano persino alle scuole elementari) e Beauvais non solo è un'altra città, ma addirittura è una città di una regione diversa da quella di Parigi (Parigi sta nell'Île de France, Beauvais sta nella Picardie).

Insomma sarebbe un po' come dire che l'aeroporto di Bologna è in Lombardia...

Poi come se non bastasse arrivi al gate e ti trattano come un criminale e ti pesano il bagaglio e te lo misurano e se sfori di un grammo e/o di un centimetro rispetto al peso o alle dimensioni concesse ti fanno un culo così con tanto di multa, sovrattassa, derisione pubblica e bagaglio spedito in stiva eccetera eccetera...

Vabbé.

Un orrore.

Meno male che ero all'aeroporto di Bergamo/Orio al Serio con QSDDCELMD (se non capite cosa significhi vuol dire che siete nuovi e vi rimando a questo post qui) e quindi ero felice. E poi mi son dedicato alla mia attività aeroportuale preferita, che è lo shopping. Ho comprato un maglione verde molto carino. Olè!

Ora voi direte: ma che centra lo shopping? Che centra con la filippica contro la Ryanair?

Centra, eccome se centra.

Centra perché la simpaticissima signorina che mi ha venduto il maglione ci ha spiegato, a me e a QSDDCELMD, che le regole Ryanair non valgono per gli acquisti fatti in aeroporto, al gate. Il che significa che quelli della Ryanair possono pure controllarti il bagaglio e farti pagare la multa se hai sforato di un milligrammo sul bagaglio a mano, ma se tu ti porti insieme al bagaglio l'equivalente di un autobotte di vino acquistato in uno dei negozi che sono dentro al gate (cioè dopo i controlli di sicurezza), beh, allora non c'e' nessun problema.

Inoltre, la signorina ci ha spiegato che a volte lei passa sottobanco (di nascosto dalle hostess Ryanair) delle borse di carta del suo negozio a passeggeri Ryanair disperati e imploranti. Indovinate perché? Perché poi loro vi introducono di soppiatto parte del loro bagaglio e lo fanno passare come "acquisti aeroportuali".

Quindi la regola è aggirabile, e anche abbastanza facilmente.

Riassumendo, direi che questo significa che il punto della questione, il vero punto della questione, non è assolutamente il peso, né il volume del bagaglio a mano.

C'ho pensato un po' e non ho trovato altra risposta che questa: il punto è romperci le palle. Farci soffrire. Minimizzare il comfort. Eccetera.

Io la vedo così.

Comunque, l'aeroporto di Bergamo/Orio al Serio in se va bene. Rispetto all'ultima volta che c'ero stato (ormai qualche anno fa) è molto migliorato. Risistemato e con parecchi negozi e bar.

Comunque non volerò mai più con Ryanair. Davvero. Lo giuro.

Una stellina e mezzo.