giovedì 31 maggio 2012

Essere sulla buona strada

Un sincero grazie a chi è arrivato sul mio sito digitando su google:
come trovare feste nerd
così a occhio, direi che sei sulla buona strada. Continua così e vedrai che una la trovi...  :-p

Scusate il silenzio e il basso rate di posting, ma Manoel è in questo periodo un po' incasinato su vari fronti. Nonché scosso emotivamente.

Inoltre, andrà in vacanza a partire da lunedì.

Perché sto parlando in terza persona?

(Probabilmente per atteggiarmi.)

lunedì 28 maggio 2012

Paris-Oslo

Ieri ho accompagnato L. in aeroporto e c'erano tutti questi tizi con la valigia uguale. Decine e decine. Forse cento. Sì, cento. Tutti con la valigia uguale. Un grosso trolley semi-rigido a losanghe nere e grigie. Erano appena scesi da un autobus e avevano tutti un cartellino colorato al collo. Alcuni rosso, altri blu, altri verde, altri giallo. Avevano anche tutti quanti una sacca di stoffa con scritto "Magic Moments 2012".

La cosa inquietante è che non erano vestiti da turisti.

Una signora ha addirittura tirato fuori un laptop e si è messa a consultarlo con aria seriosa.

Ci siamo avvicinati, cercando di leggere sui cartellini, ma non siamo riusciti a leggere niente*. Li abbiamo sentiti parlare e dopo una breve litigata abbiamo deciso (all'unanimità) che erano brasiliani.

Il mistero si è infittito quando li abbiamo visti mettersi in fila al check in per Oslo.

Oslo?

Vabbè...

Vorrà dire che oggi Oslo è piena di brasiliani che se ne vanno in giro trascinando un sacco di trolley tutti uguali.

Insomma, una cosa quasi (quasi) inquietante come un sogno di Smila Blomma.

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* Che pippe...

sabato 26 maggio 2012

Le ricette di Manoel: 1 - Lo smoothie perfetto

Dosi:

  • 20 acini di uva bianca,
  • mezza banana,
  • 7 o 8 fragole,
  • 2 cubetti di ghiaccio
sbattete tutto dentro al blender.

Se seguirete queste istruzioni potrete gustare lo smoothie più buono del mondo.

venerdì 25 maggio 2012

La mia ossessione dublinese per gli smoothies Innocent

Iniziamo con una importante precisazione: gli smoothies non sono frullati o frappè. Chiaro? Negli smoothies non c'è nemmeno una goccia di latte, nè un milligrammo di yogurt. Negli smoothies c'è solo frutta. Solo e soltanto frutta. Cercate di non fare confusione su questo punto in presenza di un amante ossessivo-compulsivo degli smoothies* perché vi posso assicurare che troverebbe la cosa piuttosto fastidiosa e irritante.

Bene. Dopo questa doverosa introduzione vi rivelerò qualche ulteriore informazione autobiografica, che potrebbe rivelarsi preziosa per coloro che volessero scoprire chi si celi dietro il nome (fasullo, ma decisamente intrigante**) di Manoel O. Dias: per due anni ho vissuto a Dublino. Per motivi di lavoro. E il mio rapporto con Dublino è stato un rapporto molto difficile. Un odi et amo*** nei confronti di una città che non sembrava minimamente intenzionata a farmi parte della sua sgangherata e pigra routine. Per riassumere la questione in una sola frase: Dublino è una città dove proprio non potrei vivere, e questa cosa mi dispiace veramente un sacco.

Bene. Ora vi rivelerò un'altra cosa. A Dublino piove. Piove sempre. Ma non ininterrottamente. Inizia, poi smette, poi ricomincia, poi eccoti un incongruo sole, poi piove di nuovo e bla bla und bla. Questo succede 12 mesi all'anno, perché a Dublino non c'è l'estate. Anzi. D'estate piove di più che di inverno. A Dublino non si toglie mai il piumone dal letto, nemmeno a luglio. A Dublino se pensi che un ombrello sia più utile di una giacca col cappuccio sei proprio un fesso****. A Dublino non serve a niente guardare fuori dalla finestra per decidere come vestirsi, a meno che non si abbia intenzione di tornare a casa entro dieci minuti. Eccetera.

E a Dublino il cielo è basso, bassissimo, quasi ti sfiora. A Dublino il cielo è sempre lì, a fare da sfondo alla tua orizzontale vita a due dimensioni*****.


E ora tenete bene a mente tutto quello che vi ho detto e beccatevi un'altra pillola autobiografica: sul mio passaporto c'è scritto Repubblica Italiana. E nella Repubblica Italiana d'estate fa caldo e c'è il sole e si va in giro in maglietta e si dorme in braghette-e-basta eccetera eccetera eccetera.

Il raffinato ragionamento che sto per fare qui è il seguente: per uno che viene dalla Repubblica Italiana trasferirsi nella Republic of Ireland, o Eire******, può essere un trauma. Anzi, a giudicare dai pareri raccolti durante la mia permanenza a Dublin, è un trauma. E, per superare i traumi, non c'è niente di meglio di una bella ossessione compulsiva che ci distragga dalle preoccupazioni riguardanti le condizioni meteo e ci occupi tutti-ma-proprio-tutti i pensieri.

La mia ossessione compulsiva dublinese erano gli smoothies Innocent.

Gli smoothies Innocent sono gli smoothies commerciali più buoni del mondo. Una volta provati quelli, ogni altra tipoligia di smoothie commerciale lascerà a dir poco perplessi, e talvolta addirittura adirati.

Gli smoothies Innocent che erano sul mercato dublinese quando io ero a Dublin potevano essere acquistati nel formato tetrapack da un litro (5 euro) o nella bottiglietta monodose******* (tra i 2.5 e i 3 euro). Ci sono tre o quattro varianti standard (tipo fragola e banana) costantemente sul mercato, e special editions che restano sul mercato per un periodo limitato. Ricordo ancora la grande tristezza del giorno in cui venne ritirata dal mercato la mia special edition preferita.

E mi fermo qui, per non diventare troppo sentimentale.

Nel prossimo post, inizierò una nuova rubrica intitolata Le ricette di Manoel, dove vi svelerò la mia personale ricetta per lo smoothie più buono del mondo.

La rubrica avrà probabilmente una sola uscita, perché non so cucinare.
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* Per esempio, io sono un amante ossessivo-compulsivo degli smoothies.
** Sì, sono un cretino.
*** Soccia che intellettuale, addirittura il latino!
**** Il vento, ragazzi, il vento...
***** Ed è un gran bel cielo, davvero.
****** Che si pronuncia qualcosa tipo Erà, con la erre anglosassone.
******* In realtà la bottiglietta monodose è troppo piccola e lascia puntualmente insoddisfatti e frustrati. Altamente sconsigliata, salvo emergenze.

giovedì 24 maggio 2012

Back to Paris

Cari tutti,

tra poco ho il volo che mi riporterà a Pariggi*. Anzi, che ci riporterà a Pariggi**. A me, a L., e a U., che tornerà a scrivere, tranquilli.

Ho un sacco di lavoro arretrato qui sul blog.

La lista include:

1) per prima cosa, la fine del racconto di U.,
2) la recensione di All the pretty horses di McCarty,
3) le recensioni degli aeroporti di Santiago de Compostela e di Atene,
4) proseguire il racconto PD: Per Dinci! Le avvincenti storie e mirabolanti avventure del PD che sarà,
5) un post sulla mia dipendenza Dublinese dagli smoothies Innocent (ispirato da Smila Blomma),
6) eccetera, eccetera, eccetera.

Se avete preferenze sulla priorità che devo dare a questi post, fatemi sapere (motivando, chiaramente!).

E ora una confessione: in questo mese in trasferta ho letto pochissimo.

Anzi, non ho letto niente.

Nulla.

Il segnalibro in Lost in the funhouse è alla stessa pagina in cui l'ho lasciato sul volo Parigi-Atene (all'inizio del volo, tra l'altro... Che imbarazzo...).

Ma mi rimetto sotto a Pariggi***, promesso, quindi non abbiate paura, le recensioni ricominceranno a ritmo regolare!

Vostro,

M.

__________________

* Sì, con due g.
** Sì, con due g.
*** Sì, con due g.

mercoledì 23 maggio 2012

Il motivo per cui scrivo

Il fatto è che mi piacerebbe molto scrivere il grande romanzo americano.

Solo che sono italiano.

Il che potrebbe causare qualche impedimento.

martedì 22 maggio 2012

Risposta pubblica

Rispondo qui pubblicamente a v., che in un commento a un mio recente post, mi (o si) chiedeva (cito testualmente):
..quindi questo non è il blog più famoso d'Italia?
Cara v., il punto è che la questione va vista in prospettiva. In questo momento Bisognerebbe Leggermi Ogni Giorno non è, purtroppo e ingiustamente, il blog più popolare d'Italia. Ci sono vari motivi per i quali questo accade, tra i quali primeggia l'orrida mancanza di gusto del genere umano.

Però vuoi  mettere la soddisfazione di dire, un giorno, quando Bisognerebbe Leggere Ogni Giorno sarà il blog più popolare d'Italia e nessuno, ripeto: nessuno, parlerà d'altro:
Io 'sto blog lo seguivo anche quando voi tutti non avevate capito ancora un beneamato cazzo.
No, dico, ma vuoi mettere?

Questo momento arriverà molto prima di quanto tu possa immaginare.

Aristocraticamente vostro,

M.

lunedì 21 maggio 2012

Essere un deficiente

Ieri era il compleanno di L. e quindi siamo usciti e abbiamo sbevacciato in giro per Heraklion fin verso le 5 della mattina. Dopo una bottiglia di spumante Berlucchi®, una mezza caraffella di bianco e un paio di ouzo, dei colleghi di L. ci han portati in un club. Una specie di disco pub con musica greca a volume altissimo* e tasso di tamarraggine ben al di sopra del livello di guardia.

A un certo punto L. mi da di gomito e inizia la seguente conversazione, gridata, per passare sopra i s'agapooo! che il disk jockey si ostinava a far girare sulle piastre.

L. (tono informativo): In questo locale ci sono un sacco di omosessuali.
M. (sgranando gli occhi e con fare preoccupato): Raccogli le tue cose, amore, ce ne andiamo subito!
L. (alzando gli occhi al cielo** mentre io rido scompostamente***): Sei un cretino... Intendevo dire che mi pare un locale aperto e rilassato da questo punto di vista...
M. (con fare circospetto): Forse è meglio se chiamiamo la polizia, cosa dici amore?
L. (con smorfia di compassione**** mentre io, di nuovo, rido scompostamente*****): Sei un deficiente...

Ora, è molto probabile che L. abbia ragione e che io sia un deficiente******, però ve lo ricordate Corrado Guzzanti all'Ottavo nano che si cala nei panni del poeta Brunello Robertetti e dice:
Ho rispetto per gli omosessuali e i negri, purché i due fenomeni non si presenta contemporaneamente. (da L'ottavo nano, episodio 3)
?

A me faceva ridere un sacco.

Ora, a parte l'ovvio fatto che Corrado Guzzanti fa decisamente molto più ridere di Manoel Octavio Dias, a me pare che scherzare su queste cose non faccia male.

Anzi.

Cosa dite?

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* S'agapooooooooo!, s'agapooooooooooooooooo!, eccetera. Avete presente, no, le canzoni greche?
** A L. non piacciono le (mie) battute politically incorrect.
*** A me invece, piacciono da matti.
**** A L. non piacciono le (mie) battute politically incorrect.
***** A me invece, piacciono da matti.
****** Siete caldamente invitati a farmi sapere cosa pensate al riguardo.

giovedì 17 maggio 2012

Appendice

Questa è una breve appendice al post di ieri, nel quale lamentavo l'assenza di ironia nelle canzoni dei Queen (e citavo a scopo esemplificativo il brano We are the champions).

Bene.

Prima di scrivere il post di ieri ho cercato su google: "we are the champions irony"*. Saltellando di link in link ho trovato parecchi blog o siti internet dove veniva espresso un profondissimo pensiero che può essere riassunto in questo modo.

Freddy Mercury era bisessuale dichiarato e i Queen mandavano messaggi contrari agli insegnamenti della Bibbia (e fino a qui non fa una piega). Essere omosessuali è in contrasto con la morale cattolica, quindi Freddy Mercury ha in un certo senso sfidato Dio. O perlomeno ci si è messo contro. Quindi non c'è da meravigliarsi se poi Freddy Mercury si è beccato l'AIDS e ci è morto. Questo è quello che succede se ci si mette a sfidare Dio.

Ora. Non mi pare il caso di mettersi a discutere questa roba, ma leggendola ho realizzato una cosa. E cioè che quando sento dei discorsi di questo tipo la cosa che più mi lascia interdetto non è l'assurdità del discorso in sé. No. Non è l'assurdità del discorso in sé.

Quello che non capisco è come faccia questa gente che dichiara di credere in Dio ad avere un'opinione così bassa del Dio in cui crede.

Ecco, questo proprio non lo capisco.

Boh.

p.s. domani torna U., promesso.

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* Perché io sono uno che prima di scrivere si d.o.c.u.m.e.n.t.a.!

mercoledì 16 maggio 2012

Ironia

Ieri sera tornavo a casa con L. e in macchina c'era l'autoradio che andava. A causa probabilmente di un raptus di follia del disk-jockey, la migliore radio di Heraklion (Best Radio, nel caso interessasse a qualcuno la migliore radio di Heraklion ha un nome decisamente auto-descrittivo) ha trasmesso consecutivamente tutte le canzoni del concerto dei Queen a Wembley. Tutte.

Bene. Io conosco a memoria la discografia dei Queen per il semplice motivo che da ragazzino dividevo il mangiacassette* con mio fratello, e mio fratello era ossessionato dai Queen. Proprio ossessionato. Quindi conoscevo già a memoria tutte quelle canzoni, che però hanno il potere di lasciarmi letteralmente basito ogni volta.

Ora, lasciando stare le oggettive capacità tecniche del gruppo e il loro indiscusso successo**, lasciando stare tutto quanto***, io non ho mai capito come facessero, i Queen, a scrivere delle canzoni dove l'ironia non fosse presente nemmeno in tracce microscopiche.

Ieri in macchina mi son sentito pure We are the champions****, che mi lascia ogni volta interdetto. Perché cerco disperatamente di cogliere una qualche traccia di (auto-)ironia in quel testo così ridicolmente sicurodisé***** e in quella musica così bombasticamente roboante, ma proprio non ne trovo.

E la cosa mi lascia piuttosto incredulo.

Spero solo che il problema sia mio, e cioè che la regale ironia sia troppo sottile per il mio cervello semplificato da uomo medio.

Perché se di ironia veramente non ce n'è, allora proprio non capisco.

Proprio non capisco.

Boh.

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* Sì, il magiacassette. Sto decisamente invecchiando.
** E lasciamo stare anche i primi album. Sì, dai, quelli lasciamoli stare.
*** Anche il fatto che, tecnicamente, Brian May è un mio collega.
**** E anche We will rock you, se proprio volete saperlo.
***** Perepé!!!

martedì 15 maggio 2012

Il dilemma del blogger

Ma è meglio postare regolarmente, anche a discapito della qualità di ciò che si scrive, o postare meno frequentemente e lavorare di più sulla qualità?

Vostro, e perplesso,

Manoel

domenica 13 maggio 2012

Diario di U., parte quinta

Cari tutti,

inizio il post senza perdere tempo commentando le irritanti manie di protagonismo dell'alto bipede, che non appena si è accorto del fatto (oggettivo) che voi preferite di gran lunga me a lui, è corso (pateticamente, devo dire) ai ripari riprendendo il comando del blog e scrivendo un paio di post sdolcinati ed ammiccanti (ha persino scomodato congiunti defunti, una roba di una mancanza di buon gusto deplorevole...) in un futile (e inutile) tentativo di riguadagnare i vostri consensi.

Wow. Che frase lunga che ho scritto. L'ho riletta e non finiva più. E non mi sono nemmeno stancata troppo a scrivere tutte quelle parole. Pazzesco. Sono proprio portata per la scrittura.

Bene.

Inizierò questo post dicendovi che non è facile essere una gatta* oggi. Non è facile perché tutti si aspettano qualcosa da te. Anche gli alti bipedi, che dovrebbero essere in teoria al mio completo servizio, si aspettano di tutto. Affetto, attenzioni, riconoscenza. E questo mi mette - ci mette, a noi gatti - in una posizione delicata ed imbarazzante. Perché è vero che da un lato, per quieto vivere, sarebbe forse il caso di assecondare queste noiosissime pretese dei bipedi, ma il fatto è che a noi gatti non frega un beneamato cazzo dei deficit affettivi dei bipedi. Davvero nulla. Sono lì per darci da mangiare e spazzolarci e coccolarci. Che lo facciano senza troppe paturnie, e soprattutto senza cercare di farci credere che dobbiamo loro qualcosa. Perché, primo, non si capisce per quale motivo noi dovremmo sentirci debitori nei loro confronti e, secondo, che palle. Davvero, che palle. Siamo gatti, non assistenti sociali, o psicoterapeuti. Dateci da mangiare e basta, please.

Una volta non era così.  Ah! Bei tempi, una volta. Una volta, quando era tutta campagna, il gatto se ne stava in giro a farsi gli affari suoi, e quando aveva fame si recava a casa dei bipedi, mangiava e poi tornava alle sue faccende. Bei tempi. Bei tempi.

Merda, dovevo finire di raccontarvi la storia coi bipedi, ma mi son persa in divagazioni, peraltro parecchio interessanti.

Vi racconto tutto la prossima volta, che adesso ho da fare.**

Vostra,

U.

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* O un gatto. È la stessa cosa. Non voglio certo fare distinzioni di genere. Sapete com'è, non vorrei che qualcuno pensasse che, siccome non mi depilo, io sia una femminista. Ma figuriamoci. Io sono elegante e basta. E l'eleganza non è compatibile col femminismo. E con tantissime altre cose. Non è compatibile quasi con niente, a dirla tutta. Ma ne vale la pena. Eccome se ne vale la pena.
** No, non sono affari vostri.

giovedì 10 maggio 2012

Sono un bugiardo

Lo so, lo so, vi avevo promesso U., e invece sono ancora io. Scusatemi.

È che ho appena preso il caffè con dei fisici ed è stata un'esperienza apocalittica. Riassumiamola.

Tranne L., erano chiaramente tutti uomini. Chiaramente. Eravamo tutti lì, alla macchinetta del caffè. Io li guardavo, i fisici, e pensavo ma ce n'è uno* normale?

Descriviamoli.

Allora, c'era M., tedesco ex-DDR, che a quanto pare ha comprato i vestiti che indossa ben prima del 1989. Come se il look vintage "oltre-cortina-di-ferro" non bastasse, eccotelo che ti sfodera un tic assurdo. Ogni 10 secondi gli parte il gomito e solleva tutto il braccio dalla spalla in giù. Come se volesse dar di gomito all'amico invisibile.

Poi c'era V., finnico. Rigido come un ramo secco. Sguardo vitreo. Barba. V., che a volte si porta con gran disinvoltura una mano davanti alla bocca ed emette un sonoro rutto. Ve lo giuro. Rutta. In pubblico. Io la prima volta che l'ho sentito (era in mensa e aveva anche uno stuzzicadenti in bocca, è uno che non si fa mancare nulla lui...) non ci volevo credere. Poi ho dovuto accettare l'evidenza. V. rutta. E di brutto, anche.

Poi c'era un non meglio identificato cinese con capello lungo, cappellino da baseball, camicia jeans aperta a mostrare un petto bianco e glabro e una canotta molto lenta. Jeans e sandalo. Viene al lavoro armato di bastone perché ha paura dei cani randagi (cit.) e quando qualcuno parla fa sempre un passo avanti verso di lui e lo fissa con sguardo interessatissimo. Non parla praticamente mai, a parte qualche "ooooh!" nelle fasi più cruciali delle conversazioni altrui.

Poi c'era un'altro, americano, che a vederlo sembra pure normale poi quando inizia a parlare ti accorgi che ha due problemi: 1) ha un solo livello di volume: urlato; 2) non smette mai. Con me ha parlato un paio di volte da quando sono qui ed entrambe le volte ho smesso di ascoltarlo dopo 5 minuti e lui ha continuato imperterrito per ore. Magari gli sto pure simpatico. Chissà.

Insomma erano tutti lì, sguardi pallati, urla, rutti e gomiti irrequieti.

E io mi son sentito un figo pazzesco.

Bello.

Elegante.

E cool.

No?

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* Anche uno solo!

mercoledì 9 maggio 2012

Vi giuro che dal prossimo post torna U.

Cari,

una breve comunicazione di servizio.

Ho cambiato il blogroll (parola orribile, blogroll...).

Ho tolto Ma che davvero? in quanto non lo leggo mai. È stato un atto di onestà intellettuale. Questo blog ha comunque il merito di avermi fatto entrare nel giro (è il primo blog che ho letto e commentato ecc ecc).

Poi ho aggiunto due blog che mi fanno ridere:
  • Margherita ci riesce da sola [qui] e
  • continua cosi che resti zitella [qui] (sì è proprio scritto tutto minuscolo e senza l'accento sulla i).
Mi chiedo come mai nel mio blogroll (parola orribile, blogroll...) ci siano quasi solo donne. Mi pare sia un fenomeno di massa. Io cerco e sbircio e leggo ma di uomini che scrivono blog frivoli* ce ne sono pochi...

OK. È tutto per la comunicazione di servizio.

Torno alle mie sudate** carte.

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* Sì, frivoli.
** Qui fa un caldo della madonna.



martedì 8 maggio 2012

Troppo?

Un altro post di Manoel. So che preferite U., che tornerà prestissimo. Promesso.

Forse il post è un po' troppo sentimentale. Ma mi è venuto fuori così. Scusatemi.

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Quando la  mia mamma è andata via, ho pensato per un sacco di tempo che potesse vedermi, a patto che in cielo non ci fossero nuvole. La cosa più strana di quel pensiero è che a pensarlo ero stato io, ed io avevo 26 anni, e non 10.

La mia mamma era una di quelle mamme molto apprensive. Da bambino, dovevo stare attentissimo quando attraversavo la strada perché c'erano le macchine, dovevo stare attentissimo quando mangiavo il pesce perché c'erano le spine, e al mare dovevo aspettare mille ore dopo aver mangiato prima di fare il bagno.

Le poche volte che siamo andati in montagna con tutta la famiglia, dovevo stare chiaramente attentissimo e tenermi lontanissimo da ogni precipizio, non sporgermi da nessun ponte o ringhiera eccetera eccetera.

Ho ripensato a tutte queste cose domenica, quando ero con L. a camminare nella gola di Samaria, a Creta. Ho trotterellato giù per la gola per 16 km, attraversando ruscelli su ponticelli tremolanti o camminando sulle pietre asciutte che segnavano il cammino.

Anche se è stata una passeggiata facilissima, la mia mamma avrebbe considerato un sacco delle cose che ho fatto pericolosissime. E io sorridevo, saltellando sui sassi che mi portavano dall'altra parte del ruscello, o camminando un po' impacciato sui ponticelli tremolanti.

Sorridevo perché in cielo non c'era nemmeno una nuvola.

sabato 5 maggio 2012

Il ritorno (temporaneo) di Manoel

Carissimi, è Manoel che vi parla. Trovo il tempo per un post fulmineo. Ma state tranquilli, da domani torna U. con i suoi diari.

Allora, il titolo di questo post potrebbe essere:

UNA FAZZA, UNA RAZZA.

Allora, come forse ricorderete, mi trovo per un mese a Creta. Eraklion. Con L., chiaramente. Per lavoro, incredibilmente.

Allora, appena arrivati siamo andati al supermercato. Un Carrefour. Al momento del parcheggio ci siamo guardati un po' perplessi. Parcheggi fantasiosi, macchina ammassate una sull'altra, doppie file, eccetera. Io guardo L., L. guarda me. Sopracciglia inarcate. Ma com'è possibile che il Carrefour abbia un parcheggio così piccolo? Una ventina di posti in tutto. Possibile?

Mah.

Comunque. In quanto amanti dell'integrazione delle diverse culture, parcheggiamo fantasiosi anche noi e facciamo la spesa.

Qualche giorno dopo torniamo al Carrefour per rifare la spesa, giriamo accidentalmente l'angolo e davanti a noi si apre, immenso, grigio e luccicante sotto il sole, rigato di bianco fino a perdersi nell'orizzonte: un parcheggio s.c.o.n.f.i.n.a.t.o.!

E deserto.

Vuoto.

Vuotissimo.

Riassumendo: macchine ammassate in doppia fila in un parcheggio minuscolo e dietro l'angolo ettari ed ettari di asfalto deserti.

Perché?

Il motivo è che il parcheggio sconfinato si trova a ben 20 metri di distanza extra dalla porta di ingresso del Carrefour.

Ed è qui che mi son sentito a casa e ho pensato "una fazza, una razza".

venerdì 4 maggio 2012

Diario di U., parte quarta

È questa cosa del blog che non capisco bene. Non credo sia necessario specificarlo, ma ho accettato di sostituire per un po' l'alto bipede titolare di questo blog solo dopo essermi accertata che la qualità del blog in questione fosse altissima. Figuratevi se metto a rischio la mia aristocratica reputazione facendomi coinvolgere in iniziative di medio o basso livello. E poi, in fondo, non è nemmeno una questione di reputazione. È una questione di eleganza. Di necessità estetica. È il semplice fatto - un fatto oggettivo - che proprio non mi ci vedrei per niente a fare qualcosa che sia di livello anche leggermente inferiore all'eccelso. Mi verrebbe male. Tutto qui.

Però. È l'idea del blog che un po' mi sfugge.

Che cos'è che dovrebbe spingere qualcuno a scrivere qualcosa ogni giorno? Pensando addirittura che ci sia qualcuno, là fuori, disposto a leggere quel qualcosa ogni giorno?

Perché dedicare tempo alla scrittura di qualcosa che verrà letto da sì e no una decina di persone, quando ci sono così tante altre attività molto più divertenti, appassionanti e costruttive? (mi riferisco in particolare al dormire, al mangiare e al seppellire tanta cacca sotto terra).

Certo, c'è la vanità, che capisco ma non condivido. Perché io di certo non ho bisogno della vanità. La vanità è per chi ha ancora dubbi sulla propria bellezza. La vanità è per i deboli e, francamente, posso capire perfettamente che l'alto bipede che è il titolare ufficiale di questo blog ne abbia, di dubbi sulla propria bellezza. E anche parecchi.

E poi perché l'anonimato? Perché nascondersi? Perché non firmare il blog col proprio nome? Perché?

Ho sentito l'alto bipede blaterare sul mettersi alla prova, o sull'avere dei pareri non influenzati da una conoscenza pregressa, o sul vedere dove si può arrivare partendo da zero. O persino (e qui siamo al delirio conclamato) sul tenersi in allenamento per essere pronti un giorno a scrivere il romanzo del secolo.

Ma sono tutte solenni boiate.

In realtà è solo un cacasotto. E lo sa benissimo anche lui.

Bene.

Avevo iniziato a scrivere con tutt'altre intenzioni, poi mi sono persa del tutto. Vabbè. Delle avventure coi bipedi vi parlo la prossima volta. Ora vado a letto.

Vostra,

U.

mercoledì 2 maggio 2012

Diario di U., parte terza

Come vi dicevo, la tranquillità della mia tranquillissima vita è stata turbata qualche tempo fa dall'ultimo arrivo dell'alto bipede nei pressi dell'affare bianco e morbido sul quale ero solita dormire. Dico ero, al passato, perché ormai da parecchio tempo mi trovo in un posto che non conosco, lontano dall'affare morbido e bianco dove solevo dormire, che mi manca tantissimo.

So solo che qui fa molto caldo, e che sono venuta qui contro la mia volontà. A dir la verità non sono nemmeno stata interpellata sulla questione, cosa che ho trovato di una mancanza di eleganza imperdonabile. Anche l'alto bipede e l'alta bipede sono qui, ma questo non è che migliori molto il mio mood.

Per farla breve, l'alto bipede è arrivato nei pressi dell'affare morbido e bianco e si è messo, insieme all'alta bipede, a rivoluzionare tutto quanto. All'inizio, ovunque andassi mi ritrovavo tra i piedi i piedi degli alti bipedi. Erano dappertutto, i loro piedi, camminavano su è giù senza senso, freneticamente. Per lo più i bipedi prendevano oggetti e li spostavano da un angolo all'altro della stanza. Una cosa parecchio stupida, devo dire.
Poi, come se non bastassero i piedi, mi sono ritrovata ad essere perseguitata da quell'aggeggio diabolico che a volte l'alta bipede striscia sul pavimento. È un bastone di legno lungo che l'alta bipede ogni tanto tiene in mano e striscia sul pavimento. In fondo al bastone ci sono tanti peli. E lei li striscia per terra. Frush frush. Questa è un'attività che l'alta bipede non fa mai con grande piacere, quindi mi sono chiesta più volte perché si ostini a praticarla periodicamente. Boh. Questi bipedi sono strani, a volte.

Insomma, quattro piedi e un bastone cappelluto che vorticavano frenetici per la stanza. Io non sapevo dove mettermi per starmene un po' in pace. Una gran seccatura. Meno male che la mia grande capacità di astrazione mi permette di sconnettermi dalla realtà quando questa non mi piace. Quest'ultima frase un po' complicata che ho scritto significa che ho cercato (riusciendoci) di dormire il più possibile per evitare tutte le seccature dovute all'impazzimento improvviso dei bipedi. Chiaramente ogni tanto mi svegliavo per mangiare du' croccantini e seppellire un po' di cacca nella sabbia. Poi, constatato il perdurare della follia dei bipedi, mi astraevo di nuovo.

Bene. Come se tutto questo non fosse stato sufficiente, ecco che sono iniziati a sparire oggetti. Il parallelepipedo di plastica bianco sul quale ogni tanto mi appollaiavo? Sparito. Il mobiletto sul quale stava quella pianta dalle foglie tanto saporite? Sparito. Quell'affare pieghevole sotto il quale mi rifugiavo sovente? Sparito.

Non mi raccapezzavo più.

Poi, gran finale, eccoti i due alti bipedi che spostano tutti, ma proprio tutti gli oggetti della stanza e li mettono sull'affare morbido e bianco! Che cazzo! Che mancanza di rispetto irriverente e cafona!

Fortunatamente il mio grande carattere e la mia grande determinazione mi hanno consentito di resistere a questi soprusi bipedi. Non mi sono spostata di un millimetro dal mio posto preferito sull'affare morbido e bianco. Sono rimasta li. Facevo finta di dormire (che scaltra) mentre i due bipedi impazziti riempivano l'affare morbido e bianco di cose.

Poi, mentre io (scaltrissima) fingevo sempre di dormire, i bipedi hanno strisciato sul pavimento ogni sorta di cosa e infine hanno parlottato tra di loro. Una conversazione davvero noiosa e di bassissimo livello. Prima hanno ripetuto per un secolo "di-strutto, di-strutta" o qualcosa del genere, e poi hanno iniziato con una fastidiosissima solfa fatta di: "susci!", "tappas!", "susci!", "tappas!" eccetera eccetera. Poi sono usciti. Lasciandomi finalmente sola e tranquilla.

Mi sono fatta una foto con l'autoscatto, la metto qui sotto, tanto per farvi capire che casino avessero combinato i bipedi. Sono contenta di aver fatto la foto. Sono davvero contenta.

Anche perché non avrei mai immaginato che quella sarebbe stata l'ultima mia dormita sull'affare morbido e bianco sul quale ero solita dormire.

Ma questo ve lo racconto un'altra volta.

Vostra,

U.