lunedì 13 febbraio 2012

L'educazione dei fanciulli

Leggendo questo post di volevofarelarockstar mi è venuta in mente una cosa.

Quando io e mio fratello P. eravamo piccoli, quindi un bel po' di tempo fa, ad un certo punto in casa mia cominciarono a sentirsi troppe parolacce. Sostanzialmente, a parte mia mamma, tutti dicevamo un sacco di parolacce. E si sa che non è bello esporre e/o abituare giovini animi candidi allo sproloquio. Quindi, in un apprezzabilissimo sforzo moralizzante, mia mamma istituì una multa di 50 lire per ogni parolaccia pronunciata. Il ricavato di questa campagna moralizzante sarebbe stato devoluto a non meglio identificati "bambini poveri".

[Permettetemi qui una breve divagazione. Ricordo che avevamo un barattolo di vetro a testa, io e mio fratello, da bambini. Sul barattoli erano appiccicate le figurine, ritagliate dalle pagine di Topolino, dei nostri rispettivi personaggi preferiti della Disney. Questi barattoli avevano dentro delle monete, che erano i nostri risparmi. Poi c'era un terzo barattolo, un po' più grande se non ricordo male, che era per i non meglio identificati "bambini poveri" di cui sopra. Per una questione di equità e cortesia, era stato deciso di appiccicare anche su quel barattolo una figurina ritagliata da Topolino, che era, immagino, quello che a nostro avviso sarebbe dovuto essere il personaggio Disney più popolare in orfanotrofi, baraccopoli, case popolari e così via. Non ricordo cosa ci fosse sul mio barattolo, né su quello di mio fratello, ma su quello dei bambini poveri c'erano Qui, Quo e Qua. Ricordo anche che una volta mia mamma dovendo uscire per fare la spesa aprì il portafoglio e si accorse di non avere contante. Ricordo anche che il mio suggerimento, "prendi i soldi dei bambini poveri!", non fu preso in considerazione.]

Insomma, l'idea era unire due nobili intenti: la purificazione del linguaggio utilizzato attorno al focolare domestico e aiutare i bisognosi. Chiaramente, trattandosi di soldi, serviva un tesoriere. Un amministratore. Ed essendo mio fratello il più piccolo della ditta, e quindi anche presumibilmente l'animo più puro, venne affidato a lui il compito di riscuotere i pagamenti. Aveva pure un foglietto dove segnava a matita le parolacce di ogni componente della famiglia ("Maaaammaaaa! Deficiente è una parolaccia?"). Le multe venivano riscosse e depositate nel barattolo di vetro con sopra Qui, Quo e Qua.

La cosa non funzionò. Probabilmente a causa della scarsa pressione esercitata da una sanzione di 50 lire. Diciamocelo, 50 lire sono uno scarso disincentivo. Anche per un bambino di 7 anni. Comunque, ricordo benissimo che quando mio babbo si incazzava cercava mio fratello, lo trovava e, con gli occhi iniettati di sangue e fuori dalle orbite, gli sbatteva sul tavolo 50 lire e poi (dopo, lo faceva dopo, gesto ammirevole!) sparava una gran parolaccia. Talvolta servivano anche più monete. Nel caso mio fratello non fosse a portata di mano poteva anche capitare che mio babbo urlasse, da un piano all'altro della casa dove vivevamo un: "P.! Segna!" e poi giù con la parolaccia (sempre chiaramente udibile dalle vergini orecchie di P., che allora avrà avuto 7 o 8 anni, e dalle mie, di un anno più anziane).

Devo dire che ci siamo divertiti.

Alle volte mia mamma, la furia moralizzatrice, si incazzava pure lei di fronte a queste palesi violazioni della legge domestica da lei (inutilmente) introdotta, però altre volte semplicemente scappava da ridere anche a lei. E non riusciva a nasconderlo. Quindi poi ridevamo tutti.

È stato un momento molto educativo. Davvero. Lo dico seriamente.

Però non ho mai capito dove finissero i soldi che mettevamo nel barattolo di Qui, Quo e Qua.

3 commenti:

  1. Anche mia madre a un certo punto inserì una tassa sulle parolacce. 50 centesimi, mi sembra. Credo sia rimasta in voga per una settimana.
    Alex V

    RispondiElimina
  2. grazie eleonora! :-)

    e per alex v.... centsimi! cristo... centesimi!?!?!?!?!? vuoi farmi sentire vecchio? (ah! le buone, vecchie, care lire........)

    RispondiElimina