Cari tutti,
inizio il post senza perdere tempo commentando le irritanti manie di protagonismo dell'alto bipede, che non appena si è accorto del fatto (oggettivo) che voi preferite di gran lunga me a lui, è corso (pateticamente, devo dire) ai ripari riprendendo il comando del blog e scrivendo un paio di post sdolcinati ed ammiccanti (ha persino scomodato congiunti defunti, una roba di una mancanza di buon gusto deplorevole...) in un futile (e inutile) tentativo di riguadagnare i vostri consensi.
Wow. Che frase lunga che ho scritto. L'ho riletta e non finiva più. E non mi sono nemmeno stancata troppo a scrivere tutte quelle parole. Pazzesco. Sono proprio portata per la scrittura.
Bene.
Inizierò questo post dicendovi che non è facile essere una gatta* oggi. Non è facile perché tutti si aspettano qualcosa da te. Anche gli alti bipedi, che dovrebbero essere in teoria al mio completo servizio, si aspettano di tutto. Affetto, attenzioni, riconoscenza. E questo mi mette - ci mette, a noi gatti - in una posizione delicata ed imbarazzante. Perché è vero che da un lato, per quieto vivere, sarebbe forse il caso di assecondare queste noiosissime pretese dei bipedi, ma il fatto è che a noi gatti non frega un beneamato cazzo dei deficit affettivi dei bipedi. Davvero nulla. Sono lì per darci da mangiare e spazzolarci e coccolarci. Che lo facciano senza troppe paturnie, e soprattutto senza cercare di farci credere che dobbiamo loro qualcosa. Perché, primo, non si capisce per quale motivo noi dovremmo sentirci debitori nei loro confronti e, secondo, che palle. Davvero, che palle. Siamo gatti, non assistenti sociali, o psicoterapeuti. Dateci da mangiare e basta, please.
Una volta non era così. Ah! Bei tempi, una volta. Una volta, quando era tutta campagna, il gatto se ne stava in giro a farsi gli affari suoi, e quando aveva fame si recava a casa dei bipedi, mangiava e poi tornava alle sue faccende. Bei tempi. Bei tempi.
Merda, dovevo finire di raccontarvi la storia coi bipedi, ma mi son persa in divagazioni, peraltro parecchio interessanti.
Vi racconto tutto la prossima volta, che adesso ho da fare.**
Vostra,
U.
_______________________________
* O un gatto. È la stessa cosa. Non voglio certo fare distinzioni di genere. Sapete com'è, non vorrei che qualcuno pensasse che, siccome non mi depilo, io sia una femminista. Ma figuriamoci. Io sono elegante e basta. E l'eleganza non è compatibile col femminismo. E con tantissime altre cose. Non è compatibile quasi con niente, a dirla tutta. Ma ne vale la pena. Eccome se ne vale la pena.
** No, non sono affari vostri.
inizio il post senza perdere tempo commentando le irritanti manie di protagonismo dell'alto bipede, che non appena si è accorto del fatto (oggettivo) che voi preferite di gran lunga me a lui, è corso (pateticamente, devo dire) ai ripari riprendendo il comando del blog e scrivendo un paio di post sdolcinati ed ammiccanti (ha persino scomodato congiunti defunti, una roba di una mancanza di buon gusto deplorevole...) in un futile (e inutile) tentativo di riguadagnare i vostri consensi.
Wow. Che frase lunga che ho scritto. L'ho riletta e non finiva più. E non mi sono nemmeno stancata troppo a scrivere tutte quelle parole. Pazzesco. Sono proprio portata per la scrittura.
Bene.
Inizierò questo post dicendovi che non è facile essere una gatta* oggi. Non è facile perché tutti si aspettano qualcosa da te. Anche gli alti bipedi, che dovrebbero essere in teoria al mio completo servizio, si aspettano di tutto. Affetto, attenzioni, riconoscenza. E questo mi mette - ci mette, a noi gatti - in una posizione delicata ed imbarazzante. Perché è vero che da un lato, per quieto vivere, sarebbe forse il caso di assecondare queste noiosissime pretese dei bipedi, ma il fatto è che a noi gatti non frega un beneamato cazzo dei deficit affettivi dei bipedi. Davvero nulla. Sono lì per darci da mangiare e spazzolarci e coccolarci. Che lo facciano senza troppe paturnie, e soprattutto senza cercare di farci credere che dobbiamo loro qualcosa. Perché, primo, non si capisce per quale motivo noi dovremmo sentirci debitori nei loro confronti e, secondo, che palle. Davvero, che palle. Siamo gatti, non assistenti sociali, o psicoterapeuti. Dateci da mangiare e basta, please.
Una volta non era così. Ah! Bei tempi, una volta. Una volta, quando era tutta campagna, il gatto se ne stava in giro a farsi gli affari suoi, e quando aveva fame si recava a casa dei bipedi, mangiava e poi tornava alle sue faccende. Bei tempi. Bei tempi.
Merda, dovevo finire di raccontarvi la storia coi bipedi, ma mi son persa in divagazioni, peraltro parecchio interessanti.
Vi racconto tutto la prossima volta, che adesso ho da fare.**
Vostra,
U.
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* O un gatto. È la stessa cosa. Non voglio certo fare distinzioni di genere. Sapete com'è, non vorrei che qualcuno pensasse che, siccome non mi depilo, io sia una femminista. Ma figuriamoci. Io sono elegante e basta. E l'eleganza non è compatibile col femminismo. E con tantissime altre cose. Non è compatibile quasi con niente, a dirla tutta. Ma ne vale la pena. Eccome se ne vale la pena.
** No, non sono affari vostri.
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