domenica 11 dicembre 2011

Serioso post

La cosa più difficile e crudele nello scrivere un blog è che spesso ci si accorge di non avere niente da raccontare.

Mi sono successe un sacco di cose in questo weekend che è appena finito [NdR: era appena finito, al momento in cui mi sono messo a scrivere questo post...],  e ho visto un mucchio di gente. Belle cose e bella gente. Eppure non ho una storia da raccontare.

Il che mi fa pensare che non so bene che cosa sia, in fondo, una storia.

Tra tutte le cose che ci capitano durante una giornata, belle o brutte che siano, cos'è che fa alcune di queste cose diverse dalle altre? Cosa le rende adatte a diventare una storia? Ad essere raccontate?

Credo che uno dei punti cruciali sia semplicemente il piacere che dà una bella storia. Sia se la si racconta, sia se la si ascolta. E ho l'impressione che questo valga abbastanza universalmente: dai blog ai capolavori della letteratura. Raccontare è bello. Ascoltare storie pure.

Tra l'altro, il motivo per cui mi sono messo a scrivere questo blog senza dirlo a nessuno che mi conosca (si, si, ok, con l'unica eccezione di quello schianto di donna che è la mia donna) è proprio questo: voglio provare a raccontare storie che siano semplicemente storie, storie che qualcuno voglia leggere per il semplice gusto di leggere storie, storie non appesantite dal fatto che chi le legge conosce chi le ha scritte.

Ci ho pensato un po' su e ho concluso che una cosa, per diventare una storia, deve avere un inizio e una fine. Dev'essere in un certo senso confinata, limitata. Deve avere dei bordi, dei contorni precisi, ed è proprio la chiarezza di questi contorni che la rende raccontabile.

Ci ho pensato un po' di più e ho capito che la cosa non deve essere necessariamente limitata temporalmente. L'inizio e la fine non devono essere due istanti, fissati nel tempo. Ci sono storie bellissime che restano sospese, a galleggiare tra il prima e il dopo, storie delle quali non si sa né cosa ci fosse prima di pagina 1, né cosa ci sarà dopo l'ultima pagina. Prendete il monumentale capolavoro di David Foster Wallace, Infinite jest, e provate a chiedervi che cosa facesse Hal Incandenza prima e dopo gli sconclusionati inizio e fine (o fine e inizio?) delle 1300 pagine-fiume che compongono il romanzo. Impossibile dirlo. Però la storia resta lì, perfettamente definita (e meravigliosa!) nonostante sia un isterico e nebuloso  e spaesante groviglio.

Credo che sia più importante il bordo, per fare di una storia una bella storia, il confine che separa la storia da tutto il resto, qualunque esso sia.

Un'immagine. Ci vuole un'immagine chiara e definita. Forse è quello che ci vuole, per avere una storia da raccontare.

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Sto diventando troppo serio? Prometto un post frivolo al più presto. Magari uno di quelli autoreferenziali e ossessivo/compulsivi che vi fanno tanto arrabbiare (vedi qui, nel commenti).

2 commenti:

  1. per me, torno a ribadirlo, i post che ti riescono meglio sono quelli sulla letteratura (magari potresti consigliare un libro ogni 15 giorni) e quelli su aeroporti e viaggi. comunque ogni tanto un po' di leggerezza ci vuole, magari aneddoti personali divertenti se te ne capitano

    ciao Eleonora

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  2. un libro ogni 15 giorni? ma sono molto piu' lento di cosi'!!! :-P

    leggero' piu' in fretta.
    promesso.

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