lunedì 25 novembre 2013

Books I read 18 - Zero maggio a palermo, Fulvio Abbate

Zero maggio a Palermo inizia così:
È ancora laggiù, eppure già lo vedo perfettamente, il compagno Anzà che corre minuscolo e concitato in via dei Nebrodi, con la stessa andatura delle guardie rosse all'assalto del Palazzo d'Inverno.
ed è il primo romanzo di Fulvio Abbate, di 185 pagine, pubblicato nel 1990.

Seguo Fulvio Abbate da diversi anni. La sua televisione monolocale, Teledurruti, è diventata per me un punto di riferimento quotidiano. Difficile definire in poche frasi che cosa sia Teledurruti. Sono video, della durata variabile che va dai 30 secondi ai 5 o 6 minuti. Primi piani di un Fulvio Abbate che dice tutto quello che gli passa per la testa. Di solito, quando consiglio a qualcuno di guardare Teledurruti gli dico così: se guardi un solo video di Teledurruti, pensi che Fulvio Abbate sia un demente, se ne guardi due ti sorge qualche (debole) dubbio, al terzo inizia quasi a starti simpatico, e così ne guardi un quarto, e poi un quinto, e da lì in poi cominci a sospettare che sia un genio, e non smetti più di guardarne.

E' stato quindi con grande disappunto che mi sono reso conto che i romanzi di Fulvio Abbate, che ero curiosissimo di leggere, sono praticamente introvabili. Fuori catalogo. Ho girato parecchie librerie, negli ultimi anni, in diverse città italiane, e nel migliore dei casi mi sono stati proposti i libri di un certo Carmine Abate (Abate con una b sola, per giunta). Rassegnatomi, sono passato all'usato. Bancarelle, vecchie librerie piene di polvere, il sito internet Mare magnum e, in un irragionevole eccesso di ottimismo, persino Amazon. Niente da fare.

Poi è successo abbastanza per caso che la mia amica G. venisse a trovarmi a Parigi e mi chiedesse, vuoi che ti porti qualcosa dall'Italia? E io, dopo un'attenta riflessione le ho detto: senti, fai così, entra nella migliore libreria di usato che conosci e vedi se hanno qualcosa di Fulvio Abbate.

E pochi giorni dopo G. si è presentata a casa mia, sorridente, stringendo tra le mani una copia di Zero maggio a Palermo.

Magari non ci crederete ma, passato l'entusiasmo iniziale, mi è salita una certa preoccupazione: e se lo leggo e non mi piace? Sapete, quelle delusioni cocenti che spesso seguono le alte aspettative? Sono le peggiori di tutte, e sono tanto più cocenti quanto più le si sono attese.  

E invece (che sollievo! che sollievo!) mi è piaciuto. E mi è piaciuto molto.

E' la storia di un ragazzino palermitano, Ale, che frequenta la sezione locale del PCI con l'entusiasmo pulito e ingenuo che solo un ragazzino può provare. E' la storia della sua amicizia adolescenziale con Dario, e delle loro eroicomiche avventure in una Palermo piena di sole e di personaggi strampalati e surreali che però, a pensarci bene, esistono in ogni città.

E' un romanzo su quell'età indefinita in cui si è già troppo grandi per essere chiamati bambini, ma ancora troppo piccoli per essere considerati adulti. Ed è una storia che forse solo una persona che non si è mai arresa definitivamente all'età adulta poteva raccontare.

Ed è, infine, un romanzo su Palermo. La città dove Fulvio Abbate è nato. Città che ha sostenuto in diverse occasioni di detestare, ma della quale apparentemente non può fare a meno di scrivere (anche il suo ultimo romanzo, appena uscito, Intanto anche dicembre è passato, è un romanzo palermitano).

Imperdibile, a tal proposito, la digressione sul "SUCA", che è "la scritta che a Palermo viene tracciata su ogni parete bene in vista". Spesso accompagnata dall'avverbio "FORTE".

Insomma, l'ho letto in due giorni. Leggetelo anche voi, se riuscite a trovarlo.

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Post Scriptum: la mia ricerca di romanzi di Fulvio Abbate continua. Con discreto successo. A giorni riceverò un pacchetto, spedito da una libreria di usato in provincia di Bologna, contenente Quando è la rivoluzione.  

martedì 19 novembre 2013

Giustizia

La settimana scorsa al concerto di Bob Dylan, io e L. siamo rimasti abbastanza sconvolti (negativamente) dal comportamento medio delle persone presenti in sala. Giocavano tutti col telefonino. I nostri posti erano abbastanza indietro nella ripida galleria del Gran Rex, e potevamo quindi goderci lo spettacolo di mille tenui lucine di cellulari che venivano puntati verso un palco mal illuminato per immortalare l'ombra sbiadita e sfocata del vecchio Bob. Mah.

Il punto è: ma perché non vi godete lo spettacolo che avete la fortuna di vedere, dal vivo, invece di fare un milione di foto e filmini da postare su facebook?

Il personaggio peggiore era quello seduto di fronte a me, che per comodità chiameremo qui l'Imbecille. L'Imbecille non faceva foto, non faceva filmini, ma semplicemente, cazzeggiava su facebook! Leggeva status messages, guardava foto, zoomava e dezoomava. Il tutto con un telefonino dallo schermo ENORME, che faceva suppergiù la stessa luce di un faro.

In altre parole, rompeva sonoramente il cazzo.

Alla mia destra sedeva una signora e accanto a lei il marito, capelli e barba bianchi. Sulla sessantina, direi. Composto. Distinto ma non elegante. Volto sereno.

Ecco, a un certo punto il signore dalla barba bianca ha arrotolato la rivista che aveva in mano, si è alzato e, a mo' di mazza l'ha abbattuta violentemente sulla testa dell'Idiota.

Poi si è riseduto a godersi il concerto come se nulla fosse successo.

L'Idiota, dopo una brevissima e irritata conversazione con la moglie del signore dalla barba bianca, si è riseduto, imbronciato, e non ha più osato riaccendere il telefonino.

E io, mentre riflettevo sulle pericolose implicazioni sociologiche derivanti dalla mia totale soddisfazione di fronte a quel gesto, ragionavo sull'opportunità di chiedere o meno il numero di telefono al signore dalla barba bianca. Per invitarlo a sedere al mio fianco in tutti i concerti della mia vita.

lunedì 18 novembre 2013

Annunciaziò annunciaziò!

Sfogliando l'articolo Auditory development in the fetus and infant, di Graven e Browne (2008) leggo:
The auditory system in the human fetus and infant has its own developmental sequences. The anatomical or structural parts of the system develop early. The structural parts of the cochlea in the middle ear are well formed by 15 weeks' gestational age and are anatomically functional by 20 weeks' gestation.
ed è per questo che, per stare proprio sul sicuro, la settimana scorsa io e L. siamo andati a sentire Bob Dylan.

martedì 12 novembre 2013

Books I read 17 - The twenty-seventh city, Jonathan Franzen

The twenty-seventh city inizia così:
In early June Chief William O'Connell of the St. Louis Police Department announced his retirement, and the Board of Police Commissioners, passing over the favored candidates of the city political establishment, the black community, the press, the Officers Association and the Missouri governor, selected a woman, formerly with the police in Bombay, India, to begin a five-year term as a chief.
ed è un intricatissimo romanzo di 517 pagine, il primo pubblicato da Jonathan Franzen.

Se questa fosse una recensione seria probabilmente dovrebbe iniziare con un succinto resoconto della trama del romanzo. Un resoconto attento, però, a non svelare troppi dettagli della intricatissima storia, che mescola le vicende private di una famiglia (i Probst), a quelle legate a un complotto (ordito da S. Jammu—giovane, donna, e indiana—nominata tra lo stupore generale capo della polizia) volto a stravolgere i rapporti di potere nella (sonnolenta) città di St. Louis, Missouri.

Ma in realtà la cosa che più mi interessa raccontarvi è la sensazione che ho provato nel leggere le prime righe del romanzo. Quella sensazione rassicurante data dal riconoscere immediatamente, già dalla prima frase, la voce di uno scrittore che si ama. E la voce di Franzen è una prosa composta, a prima vista informativa, quasi distaccata, che diventa (non so come, davvero) uno strumento di precisione chirurgica che descrive umanità, sentimenti, storie e vita*.

Riconoscere la voce di un autore già dalla prime righe è bello. E' confortevole. Fa sentire a casa.

Comunque, tornando alla recensione: David Foster Wallace, amico di Franzen, definì The twenty-seventh city «so good [...] that it "depressed" him»**. E direi che questo può bastare.

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* I suoi The corrections e Freedom sono, in questo senso, due capolavori assoluti.
** D. T. Max, Every love story is a ghost story: a life of David Foster Wallace, Viking Penguin