domenica 5 agosto 2012

Terminal 9 - Aeroporto di Santiago de Compostela

Passo i controlli di sicurezza e mi avvio deciso al bar. Il nuovo aeroporto di Santiago è molto meglio di quello vecchio, che ora giace abbandonato e forse anche già dimenticato a mezzo chilometro di distanza. È alto e pieno di vetro, il nuovo aeroporto di Santiago, ed è grande, forse troppo, rispetto alle dimensioni della cittadina di cui prende il nome. Uno dei miei ultimi weekend spagnoli è appena terminato, e sto per prendere il volo Vueling per Parigi.
Due giorni prima io e L. abbiamo noleggiato una macchina e siamo andati a fare un giro lungo la costa, fino al Castro de Baroña. Sono i resti millenari di un accampamento celtico, le fondamenta di un piccolo gruppo di edifici rotondeggianti a pochi metri da uno strapiombo sull'oceano. Il cielo è grigio e c'è un po' di vento. Girelliamo tra i resti celtici e poi ci mettiamo seduti su uno scoglio a guardare il mare. L'oceano è bianco e grigio, fatto di onde che si frantumano sugli scogli. "Uh!" grida L. quando gli schizzi ci raggiungono. Prima dell'impatto con gli scogli, l'acqua a monte dell'onda diventa di un blu bellissimo, poi è tutta schiuma bianca e rumore che riempie tutto. "L.! Guarda che bel blu!", grido. "Uh!", mi risponde tra gli spruzzi, "non è blu, Manoel, è verde acqua!".
Prima di arrivare al bar incontro S., un'amica di L.. Anche lei vola a Parigi. È seduta di fronte alla porta di imbarco. Le lascio i miei bagagli e vado a prendere da bere per entrambi. Mi dispiace un po' rinunciare ai divanetti del bar*, dove di solito resto seduto fino all'ultima chiamata. Quindi, per compensare, mi prendo anche un gelato. Chiacchieriamo, con S., che è simpatica e sorridente, finché la signorina al desk avvicina la bocca al microfono e ci dice che stiamo per partire.
Dopo il Castro siamo scesi in una spiaggetta di sabbia bianca e sottile. Ci siamo arrotolati i pantaloni per bagnarci i piedi. Dobbiamo correre su e giù per la battigia quando arriva l'onda per non bagnarci i pantaloni. Io me li bagno lo stesso e inizio a brontolare, mentre L. ride e prende in giro la mia imbranataggine zampettando tra le onde. Un'ora dopo brontolo ancora, con i jeans bagnati, mentre risaliamo dalla spiaggetta verso la macchina. È un sentiero di terra battuta che sale tra la bassa vegetazione e gli alberi. Poi c'è una svolta e ci ritroviamo in un prato verde, dove qua e là erano sbocciati piccoli fiori blu.
Siamo alla porta di imbarco. La coda avanza lenta e composta. Al mio turno mostro passaporto, biglietto e sorriso alla signorina. Prima di entrare nel tunnel che porta all'aereo guardo in su, verso la grande vetrata che in realtà è tutta quanta la parete dell'aeroporto. E mi dispiace avere il telefonino scarico, perché avrei proprio voluto chiamare L. per dirle,
Hei! Hai visto che blu?


Niente male, il nuovo aeroporto di Santiago.

Due stelline e mezzo.

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* I divanetti nei bar sono uno dei grandi piaceri della vita aeroportuale.

1 commento:

  1. Sono una maniaca del blu, mi vesto solo di blu e sfumature, se ti ricapita tanta bluità scrivilo a me e ti darò tanta soddisfazione!

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