giovedì 24 settembre 2015

La porta

Alla fine è successo. Doveva succedere. Mi sono chiuso fuori casa. Anzi, ho chiuso me stesso e tutta la famiglia fuori casa.

Il problema è la porta. La porta parigina del nuovo appartamento parigino dove la famiglia Dias vive da poche settimane. La porta parigina ecc ecc ha una serratura blindata a dir poco perfida. Se uscite e chiudete la porta lasciando sbadatamente la chiave nella toppa, all'interno, la porta poi non si apre più. Nemmeno se avete un'altra copia della chiave. Perché la chiave entra nella serratura esterna ma non gira. Non gira, Cristo!

Me n'ero accorto subito (non mi sfugge niente) appena preso possesso del nuovo appartamento, e mi ero raccomandato con L., "Mi raccomando, non lasciare mai la chiave nella serratura interna!".

Bene.

E così, l'altro giorno sono uscito e ho chiuso la porta lasciando sbadatamente la chiave nella toppa, all'interno. Quindi mi sono trovato come un fesso sul pianerottolo, con la Tipsy nel passeggino che mi guardava perplessa mentre smadonnavo e cristonavo.

Ho quindi chiamato L., in cerca di ispirazione, e lei mi ha detto che sono un coglione.

Ho quindi deciso di mostrarle di che pasta è fatto Manoel Octavio Dias e ho proclamato: "Aprirò questa dannata porta!".

Dopo una breve riflessione mi è venuto in mente il vecchio trucco della radiografia, che pare funzioni in queste situazioni. Inserire una radiografia nello spiraglio tra la porta e lo stipite e muoverla su e giù, all'altezza della serratura. Finché la serratura scatta e la porta si apre. Ma dove la trovo una radiografia? Dunque dunque dunque... Ma sì, la mia vecchia vicina di casa (vecchia sia nel senso di ex-vicina di casa che nel senso di vicina di casa anziana)! Vuoi che non abbia una radiografia? Ce l'avrà di sicuro! Ma il picco di entusiasmo è durato pochissimo e alla fine ho desistito ("Buoansera C., siccome lei è piuttosto anziana mi potrà sicuramente aiutare: mi presta una sua radiografia del femore?" no, dai, non si può fare...).

Chiamo quindi il mio amico S., che lavora all'università. Mentre la Tipsy continua a guardarmi perplessa gli chiedo se possa procurarmi dei lucidi, sai i vecchi lucidi?, detti anche "trasparenze", quelli che si usavano per fare le presentazioni prima che esistesse PowerPoint. "Provo a vedere se ne trovo e poi te li porto".

Dopo mezz'ora, durante la quale telefono a C. per chiederle se sarebbe disponibile, eventualmente, a prestarmi una radiografia, e lei mi dice di si, e durante la quale una vicina di casa mi regala svariate cartelline di plastica trasparenti che io letteralmente distruggo infilandole nella fessura tra la porta e lo stipite e muovendole forsennatamente su e giù... insomma dopo una mezz'ora arriva S. coi lucidi. Armeggiamo per un'altra buona mezz'ora alla porta che non ne vuole sapere di aprirsi.

A quel punto, dopo un altro paio di telefonate a L. per chiederle consigli ("Sei un coglione! Un coglione!!!") decidiamo di chiamare un serrurier, che è la parola francese per questi signori che, oltre a vendere serrature e porte blindate, si offrono anche di aprire le porte lasciate maldestramente chiuse dai loro proprietari.

Il serrurier dice che siccome la porta non è chiusa a chiave me la può aprire per SOLI centocinquanta (150) euri. Cazzo, penso io. E dopo uno sguardo a una Tipsy implorante, preso dallo sconforto, accetto.

Il serrurier arriva 20 secondi dopo (il suo negozio è letteralmente di fronte a casa). Ha una valigetta. Molto bene, penso, sarà piena di attrezzi sofisticatissimi e luccicanti con i quali aprirà la porta. E invece, con mia grande delusione, tira fuori un foglio di carta plastificata e inizia a fare ESATTAMENTE quello che stavamo facendo io e S. con i lucidi fino a un secondo prima. Con l'unica differenza che il signor serrurier non si cura minimamente dell'incolumità della porta e, mentre armeggia con la carta plastificata la tempesta di vigorosi pugni e calci. E la porta ballonzola e vibra e sfrigola ma non si apre.

Ed è a questo punto che, attirato dal frastuono, il vicino di pianerottolo apre la porta e ci sorride.

Allora. Bisogna dire, prima di tutto, che il mio vicino di pianerottolo è un soggetto incredibile. Per farvi capire l'incredibilità del soggetto, basti dire che alla mia ipotesi, "secondo me quel tizio ha 16 anni" S. ha risposto, serissimo, "ma che cazzo dici, ne avrà almeno 40!". Ecco, giusto per inquadrare il tipo.

Insomma, il vicino, dopo aver detto bonjour e aver guardato per qualche minuto il serrurier che massacrava di colpi la porta, dice: "Ma non potete chiamare un serrurier?".

Seguono svariati secondi di silenzio, con tutti gli occhi presenti nel pianerottolo rivolti a lui, dopodiché il mio dito indica il serrurier e la mia bocca pronuncia la frase "E' lui il serrurier".

Soddisfatto dalla mia risposta il vicino di pianerottolo continua a guardare il procedere dei lavori. E dopo cinque minuti approfitta di una breve pausa del serrurier per consigliarlo: "Ma non può smontare a serratura? E poi apre la porta e poi la rimonta".

Il serrurier alza un sopracciglio, poi l'altro, poi ride. E senza proferir verbo ricomincia a tempestare di calci e pugni la porta.

Ma è dopo altri cinque minuti di calci e pugni sferrati senza alcun riguardo alla mia povera porta dall'indomito serrurier che il vicino di pianerottolo raggiunge l'apice del suo disquisire, pronunciando la frase che lo renderà immediatamente il mio idolo assoluto.

"Ma non c'è nessuno in casa?".

Applausi. Applausi scroscianti.

Sipario. 

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