Suttree inizia così:
Caro amico adesso nelle polverose ore senza tempo della città quando le strade si stendono scure e fumanti nella scia delle autoinnaffiatrici e adesso che l'ubriaco e il senzatetto si sono arenati al riparo di muri nei vicoli o nei terreni incolti e i gatti avanzano scarni e ingobbiti in questi lugubri dintorni, adesso in questi corridoi selciati o acciottolati neri di fuliggine dove l'ombra dei fili della luce disegna arpe gotiche sulle porte degli scantinati non camminerà anima viva all'infuori di te.
e prosegue per 560 pagine di poesia disperata e grottesca comicità*.
Senza troppi giri di parole:
Suttree non è una lettura facile. Le prime pagine sono così piene e dense e liriche (e bellissime) da risultare quasi respingenti**. Superate quelle si tira il fiato e ci si ritrova un po' spaesati, ma consapevoli di avere di fronte qualcosa di estremamente importante. Qualcosa di essenziale. E la narrazione inizia, con Suttree che pesca pesci gatto sullo schifo***.
Cornelius Suttree vive in una cadente casa galleggiante sul fiume Tennessee, ai margini della città di Knoxville. Pesca pesci gatto da un fiume putrido, circondato da paesaggi fatti di squallore e rifiuti. Così come sono rifiuti umani le persone che lo circondano, le persone che abitano il suo mondo. Ubriaconi, puttane, avanzi di galera. Sopravvissuti alla vita. Dimenticati ai margini della città.
E i giorni passano, uno dopo l'altro, tra risse, sbronze, settimane in carcere, sotterfugi. Parole profonde o sconclusionate (o entrambe le cose insieme) scambiate tra gli altrettanto profondi e sconclusionati relitti esistenziali che affollano le pagine del libro.
Ma Suttree non appartiene a quel mondo sgangherato e disperato. Lo si intuisce, avanzando nella lettura. Si intravedono stralci di una vita
normale, una casetta col giardino, una moglie, un figlio. Una vita che Suttree ha abbandonato, e che resta nebulosamente altrove per tutta la durata del romanzo. Che non ci verrà mai del tutto spiegata o svelata. Nemmeno nel finale, impeccabile e McCarthyano, quasi una firma.
Ci sono alcuni libri, e
Suttree è uno di questi, che rendono i propri lettori accomunati da qualcosa. Legati da una sottile complicità, da una sorta di fratellanza letteraria. Che si traduce in un bisogno di parlarne, di raccontarsi all'infinito le pagine più belle, di ripetere i nomi dei personaggi, e cercare negli occhi dell'altro il brillare di un'intesa. Sono pochi i libri così. E leggerne le ultime frasi è al tempo stesso una conquista e una perdita.
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IRRINUNCIABILE POSTILLA
Suttree è un libro semi-autobiografico, per il quale è però abbastanza difficile valutare l'estensione e rilevanza del prefisso "semi-" (McCarthy non parla quasi mai di sé, rendendo dura la vita ai biografi). A qesto proposito, non si può non segnalare la pagina web (
Searching for Suttree) mantenuta da Wes Morgan, professore di psicologia all'Università del Tennessee, Knoxville. Una raccolta di foto della Knoxville di Suttree. Comprese le lapidi funerarie di molti dei personaggi (realmente esistiti) del libro.
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* Ed è una di quelle opere monumentali che mi fanno pensare che tutto quello che scriverò da qui in poi sarà, semplicemente, inadeguato.
** Un consiglio. Rileggetele una volta finito il libro.
*** Lo schifo è una piccola imbarcazione a remi.