lunedì 31 dicembre 2012

Comics - 3: Days of the Bagnold summer, Joff Winterhart

Days of the Bagnold summer è il primo libro pubblicato dall'inglese  Joff Winterhart.

Daniel Bagnold è il tipico quindicenne con capello lungo, sguardo triste e sfuggente, felpa (con cappuccio) di qualche band heavy-metal, scarpe da ginnastica che calpestano l'orlo dei pantaloni sempre troppo lungo. Daniel deve partire, come ogni anno, per passare l'estate con suo padre (i suoi genitori sono separati). Ma all'ultimo minuto salta tutto, e Daniel resta con la madre, Sue.
Il libro descrive, quindi, in sei capitoli (uno per ogni settimana di vacanza), l'estate della coppia madre/figlio e cattura con delicata precisione tutte le irrequietezze e incertezze del quindicenne e le malinconiche e tristi frustrazioni della madre.

E il tutto prosegue tra incomprensioni tra i due, prove della adolescenziale band hard-rock di Daniel, dates disastrosi di sua madre, l'improbabile madre new age di un compagno di classe, acquisti di abiti eleganti in vista del matrimonio di un cugino, e la morte dell'animale domestico.

Pur non conisderando The Bagnold una delle graphic novels migliori che io abbia letto recentemente, è di certo una lettura molto gradevole.

domenica 30 dicembre 2012

Books I read: the best of 2012 e statistiche varie

Il 2012 sta finendo e finisce anche il primo anno della rubrica Books I read. È dunque tempo di bilanci e statistiche*.

Nel 2012 Manoel ha recensito 13 libri, e ha una recensione in fase di scrittura, quindi il totale di libri letti ammonta a 14. L'anno prossimo Manoel cercherà di fare meglio, e dichiara qui ufficialmente:
Mi impegnerò a leggere almeno 15 libri (incluso l'Ulisse del Signor James Joyce).
Bene, liquidate le New Year's Resolutions, iniziamo con le statistiche.

Partiamo dal sesso degli autori, così suddiviso:

Uomini: 12
Donne: 2

Dal che se ne deduce che viviamo in un mondo maschio-centrico (o che Manoel è un tipo maschio-centrico, decidete voi).

La lunghezza, in pagine, dei libri che Manoel ha letto, è invece così distribuita:

100-200 pagine: 2
200-300 pagine: 3
300-400 pagine: 6
400-500 pagine: 1
600-700 pagine: 1
800-900 pagine: 1

 Dal che se ne deduce che Manoel predilige i libri medio/lunghi e non disdegna i "mattoni".

Stravincono, chiaramente, i romanzi:

Romanzi: 12
Saggi: 2

Sul piano delle nazionalità degli autori, dominano (as usual) gli Stati Uniti, e trionfa, dilagante, la letteratura in lingua inglese:

Canada: 1
Italia: 1
Polonia: 1
UK: 2
USA: 9

Passiamo ora all'anno di pubblicazione dei libri che Manoel ha letto quest'anno, così distribuito:

1950-1959: 3
1970-1979: 2
1980-1989: 1
1990-1999: 3
2000-2009: 3
2010-2012: 2

Il che ci dice che Manoel è un lettore decisamente "contemporaneo".

Ed ecco, per concludere, la tanto attesa classifica. Il Best of 2012.

Ecco la Top 5, che è stata molto difficile da stilare perché Manoel ha proprio letto un sacco di libri bellissimi, nel 2012:

1) Underworld di Don DeLillo
2) Breakfast of Champions di Kurt Vonnegut
3) The apprenticeship of Duddy Kravitz di Mordecai Richler
4) La ragazza dai capelli strani di David Foster Wallace
5) Farenheir 451 di Ray Bradbury

Nel 2012, purtroppo, Manoel ha anche letto due libri brutti:

1) Q di Luther Blisset
2) One day di David Nicholls

E direi che con questo è tutto.

Ci vediamo nel 2013!

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* Adoro i bilanci e le statistiche.

Hapworth 16, 1924, J. D. Salinger

Come promesso, vi racconto la storia dell'ultimo racconto pubblicato da J. D. Salinger, Hapworth 16, 1924, apparso sulla rivista The New Yorker il 19 Giugno 1965. Il racconto è scrito sotto forma di una lunga lettera che Seymour Glass, il più geniale della cucciolata di bimbi-prodigio della famiglia Glass, scrive ai suoi genitori da un campo estivo. Seymour ha 7 anni. La famiglia Glass è al centro di tutti i libri che Salinger ha pubblicato, con l'esclusione de Il giovane Holden.

Il racconto è piuttosto lungo, oltre le 50 pagine. Occupava da solo praticamente tutto il numero del New Yorker. Le reazioni da parte della critica furono decisamente negative.

Ciò che rende Hapworth intrignte è il fatto che sia l'ultima apparizione letteraria di Salinger, che in seguito rimase letteralemente in silenzio fino alla sua morte, il 27 Gennaio 2010.

Nel 1988, Roger Lathbury, titolare della (semi sconosciuta) casa editrice Orchises Press scrive a Salinger proponendogli di pubblicare Hapworth come un libro a se stante. Salinger, la cui riservatezza e scontrosità possono senza dubbio essere definite leggendarie, sorprendentemente rispose e disse: valuterò l'offerta.

Ci pensò per 8 anni, e nel 1996 un incredulo Lathbury venne contattato dai rappresentanti legali di Salinger per iniziare, di fatto, una trattativa per la pubblicazione del libro.

Le vicende che seguirono sono state raccontate dallo stesso Lathbury in un articolo apparso sulla rivista New York il 4 Aprile 2010 (leggetelo, è un bell'articolo). Riassumendo: Lathbury commise un paio di ingenuità, la notizia della pubblicazione del racconto divenne pubblica e Salinger si tirò indietro a pochi mesi dalla data prevista per l'uscita del libro (che era già apparso su Amazon, annunciato per i primi mesi del 1997).

Parallelamente, in Italia, succede questo (o qualcosa di simile, come si può evincere da questo, questo o  da quest'altro articolo): le edizioni (queste sì, del tutto sconosciute ai più) Eldonejo di Giovanni Vittorio Pisapia (fratello di Giuseppe Pisapia) pubblicano una traduzione (di Simona Magherini, laureatasi a Siena con una tesi su Salinger) di Hapworth, pochi mesi prima della data di uscita del libro negli States! Piccolo dettaglio: la casa editrice non detiene i diritti di pubblicazione. La Einaudi, affermando di essere la detentrice dei diritti, se ne risente non poco. La cosa finisce per vie legali e, a quanto ne ho capito, la Eldonejo non ristampa più il libro, di cui restano però sul mercato le 2000 copie della prima stampa.

Nel 1997, poco più che ventenne, mi catapultai in libreria appena raggiunto dalla notizia, e acqustai a 25 mila lire una copia di Hapworth. Ricordo che ne restai piuttosto deluso. Ma forse furono le mie (stellari) aspettative a tradirmi.

Non sapevo nulla di tutta questa storia fino a pochi giorni fa, quando sono incappato, per caso, in questo articolo. A quanto pare nel 2010 una delle 2000 copie pirata di Hapworth è stata venduta su Ebay a più di 400 euri. Ho controllato, e al momento non ci sono altre copie in vendita su Ebay. Il numero di The New Yorker, invece, è acquistabile, sempre su Ebay, a circa 300 euri.

Io ho già iniziato le ricerche per ritrovare la mia copia di Hapworth (chissà dov'è finita!). Non vedo l'ora di ritrovare il volumetto dalla copertina azzurro-cenere bordata di rosa.

La mia copia, non dovrebbe essere nemmeno necessario dirlo, non è in vendita.

venerdì 28 dicembre 2012

Books I read 13 - Every love story is a ghost story. A life of David Foster Wallace, D. T. Max

Questo è il primo libro di non-fiction che recensisco su questo blog*, ed è la biografia dello scrittore americano David Foster Wallace, autore di Infinite Jest.

Di solito non sono particolarmente interessato alle vite degli scrittori che leggo, forse perché la penso un po' come Calvino, quando dice:
Dati biografici: io sono ancora di quelli che credono, con Croce, che di un autore contano solo le opere (Quando contano, naturalmente). Perciò dati biografici non ne do, o li do falsi, o comunque cerco sempre di cambiarli da una volta all'altra. Mi chieda pure quel che vuol sapere, e Glie lo dirò. Ma non le dirò mai la verità, di questo può star sicura.**
Insomma, non leggo mai biografie di scrittori ma, in alcuni casi, ammetto eccezioni.

Da adolescente, il mio idolo*** letterario era J. D. Salinger. Avevo letto cinque o sei volte Il giovane Holden, un paio di volte Franny & Zooey, e una volta gli altri suoi due libri (che sono, se proprio volete saperlo, Nove racconti e Alzate l'architrave, carpeniteri e Seymour: introduzione). Ricordo che nel 1997 corsi letteralmente  in libreria quando lessi sul giornale della pubblicazione in Italia di Hapworth 16, 1924****, l'ultimo scritto pubblicato da Salinger sul New Yorker nel 1965, subito prima della sua volontaria reclusione letteraria e forse anche umana. E nei primi anni novanta rubai a mio padre*****, immediatamente dopo l'acquisto, la prima biografia di Salinger mai pubblicata (Ian Hamilton, In cerca di Salinger). E la lessi voracemente******. Era la prima (e anche unica, fino a poche settimane fa) biografia di uno scrittore che avessi mai letto*******.

Parlo di Salinger perché  per certi aspetti la mia adorazione adolescenziale per lui mi ricorda l'amore******** che provo per i libri di Wallace. E c'è un'altra cosa che accomuna il mio sentire per questi due autori tanto diversi tra loro: l'impressione che scrivano per un bisogno irrefrenabile di essere amati da chi li legge. Il sentimento che ho provato e provo leggendo i libri di Salinger e Wallace è lo stesso, ed è stato molto ben descritto proprio dal vecchio Holden Caulfield (!), quando dice:
What really knocks me out is a book that, when you're all done reading it, you wish the author that wrote it was a terrific friend of yours and you could call him up on the phone whenever you felt like it. 
Per poi aggiungere, saggiamente:
That doesn't happen much, though.
Già, non succede spesso.

Con Wallace è successo, ed è per questo che ho letto la sua biografia e che adesso mi trovo un po' in imbarazzo a scriverne. Perché è difficile non diventare sentimentale... cosa che vorrei evitare*********.

Comunque, penso che D. T. Max abbia fatto un ottimo lavoro, rispettoso, accurato, e talvolta davvero illuminante. Se amate Wallace questo è un libro da leggere.

Chiudo con una nota a margine. Quasi tutte le recensioni del libro che ho letto in questi mesi facevano notare come uno degli scoop del libro, forse il più inaspettato, fosse la rivelazione che Wallace avesse votato per Reagan. Ho trovato la cosa abbastanza irritante. Una perpetuazione dell'assioma: intellettuale uguale persona-democratica (in America) o persona-di-sinistra (in Italia). Assioma che personalmente ritengo espressione massima di una cultura snob e perdente. Un altro merito di Max è quello di averci raccontato anche questo aspetto della vita di Wallace risparmiandoci inutili giudizi.

Ecco. Ho finito. (Che fatica.)

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* Violando così ciò che mi ero ripromesso.
** Lettera a Germana Pescio Bottino, 9 Giugno 1964
*** Sì, da adolescenti non si apprezza, non si ama, da adolescenti si adora, si adorano idoli.
**** Questa storia ve la racconto in un altro post. Promesso.
***** "Questo lo devi leggere", mi disse, tantissimi anni fa, porgendomi una copia del giovane Holden.
****** Non lessi però, anni dopo, Dream catcher: a memoir, della figlia Margareth, né tantomeno At home in the world, dell'ex amante Joyce Maynard, pensando di capire e cercando di rispettare l'irritazione di Salinger e trovando il tutto un po' fastidioso.
******* Da ragazzino lessi, ma solo per tirarmela e fare il bimbo precoce, una (pessima) biografia di Albert Einstein. E questo è tutto, per quanto riguarda le biografie.
******** Da "grandi" non si adorano idoli, da grandi si ama.
********* Troppo tardi?

mercoledì 19 dicembre 2012

Books I read 12 - Fahrenheit 451, Ray Bradbury

Fahrenheit 451 inizia così:
It was a pleasure to burn.
ed è un classico della fantascienza (?)* di 165 pagine.

Devo dire che quando ho comprato Fahrenheit 451, l'ho fatto solo perché ne avevo trovata una copia, usata e in buono stato, a 5 euri. Era un libro che non mi aveva mai attirato. Uno di quei libri di cui si è sentito parlare così tanto al punto da pensare, con una punta di noia borghese: è come se lo avessi già letto.

E invece no. Non è vero. Non è come averlo già letto. Perché Fahrenheit 451 è un libro incredibile. Avvincente. Poca retorica** e tanto ritmo. È un libro che si legge con ardore. Sì, ardore.***

La storia la sapete. La sanno tutti. Un futuro dove i libri sono vietati, e quindi vanno bruciati. I pompieri non hanno più il compito di spegnere gli incendi, bensì di accenderli, bruciando libri. E Guy Montag, uno di loro, un pompiere, apre gli occhi e inizia a farsi e a fare domande. A chiedersi il perché. Un'idea semplice, quella di Bradbury, semplice e terribile, perché troppo simile al nostro presente, a tutti i presenti. Ma la smetto subito, perché non credo sia necessario ripetere i soliti discorsi (verissimi) sull'attualità perenne di libri come questo, sui mille parallelismi che suggeriscono, sulla loro realtà.

Ecco, l'unica altra cosa che voglio aggiungere è proprio questa. La naturalezza, il senso di necessità e di realtà di certa fantascienza. È questo che fa di questo libro quello che è: qualcosa di essenziale.

Il finale, forse, è l'unico punto in cui la narrazione rallenta un po'. E leggendo di quegli uomini che camminano lungo i binari di una ferrovia abbandonata si ha l'impressione che la storia si distacchi, per la prima volta, dalla folle normalità di tutte le cose possibili.

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* Quando un libro mi piace molto, faccio sempre molta fatica ad ammettere che si tratti di fantascienza. Kurt Vonnegut era, tecnicamente, uno scrittore di libri di fantascienza. Infinite Jest è un libro che da un certo punto di vista potrebbe essere anche catalogato come fantascienza. E la cosa un po' mi infastidisce. Non so perché.ª
** Devo ammettere che, essendo decisamente prevenuto, me ne aspettavo tantissima.
*** Non è un gioco di parole scemo. È proprio l'aggettivo giusto.

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ª Invece lo so. Snobismo, trattasi di puro e semplice snobismo.

domenica 16 dicembre 2012

Imparare il francese

Vi avevo parlato tempo fa (qui, qui e anche qui) di B., la bellissima, simpaticissima e 4-enne figlia di amici.

Ieri sera eravamo, io ed L., a cena da loro. Quando i suoi genitori hanno detto: "B., adesso si va a nanna!" lei è andata da L., l'ha presa per mano e mentre la trascinava verso la sua cameretta le ha detto: "L.! Vieni a leggermi il mio libro?" e poi si è girata verso di me, mi ha indicato col suo ditino, sguardo da furbetta e capelli rossi, e ha detto:
"Perché l'altra volta ho provato con lui ma non è capace!"
Ecco.

Dite che  è il caso che impari finalmente un po' di francese?

mercoledì 12 dicembre 2012

Zucchero

Stamattina sono passato davanti a una panetteria. Ho buttato l'occhio sul ripiano delle paste e c'erano, schierati in assetto da guerra, un sacco di Canelé che mi guardavano, ammiccanti. Ora, io con i Canelé ho un problema: mi piacciono troppo (e ve ne ho anche già parlato qui). Me ne mangerei una dozzina anche adesso, per dire. Però stamattina ho fatto il virtuoso e ho detto: basta dolci e schifezze! D'ora in poi vita sana! Alimentazione equilibrata! Eccetera! Quindi non mi son curato di loro, ho guardato, e son passato.

Però ci penso ancora. Così belli. Grossi. Luccicanti. Chissà che buoni.

Sì, ci penso ancora.

Spessissimo.

sabato 8 dicembre 2012

Aiuto

[Attenzione. Questo post è un po' nerd.]

È sulla bocca di tutti. Berlusconi si è candidato.

Cerchiamo di mantenere la calma* e ragionare un attimo.

Sul sito www.sondaggipoliticoelettorali.it ho trovato un sondaggio sulle intenzioni di voto. Il sondaggio è stato effettuato tra il 3 e il 5 dicembre, quindi prima che Silvione annunciasse il suo ritorno.

La prima domanda chiedeva semplicemente: chi votereste? E le risposte davano il PD al 30.3% (dei votanti), Beppe Grillo al 19.7%**, e il PDL al 13.8%. A seguire tutti gli altri. Da tener conto, però, che il 43% degli intervistati ha dichiarato di essere indeciso o di astenersi (nel 2008 la percentuale di astensionismo era circa al 20%). Ora facciamo il giochino di convertire le percentuali in questo modo. Se il 30.3% dei votanti vota PD, e solo il 57% degli aventi diritto vota (100% - 43% = 57%) allora la percentuale di aventi diritto che vota PD è: 30.3% x 57% = 17%. Se convertiamo così tutte le percentuai troviamo:

PD -> 17%
Grillo -> 11%
PDL -> 8%

Prima considerazione: il sostegno vero ai principali partiti politici, quello calcolato su tutta la popolazione e non sui votanti che sanno già per chi votare, è a percentuali decisamente imbarazzanti. Quasi la metà degli aventi diritto non sa per chi cazzo votare.
 
Bene. Adesso lasciate stare la seconda e la terza domanda del sondaggio e saltate direttamente alla quarta. Che dice: Silvione sta facendo capire che potrebbe candidarsi. Secondo voi fa bene o male? Le risposte di tutto il campione sono: fa bene 18%, fa male 73%. Se invece ci limitiamo agli elettori del PDL: fa bene 67%, fa male 23%. La percentuale restante è quella dei "non lo so".

Ora assumiamo che tutti gli ex elettori PDL che sostengono che Silvione faccia bene a ridiscendere in campo lo rivotino. Facciamo due conti. Alle elezioni del 2008 il PDL aveva preso (alla camera) circa il 37.4%. Se consideriamo il 20% di astenuti e convertiamo questa percentuale come fatto sopra, si ottiene un sostegno vero pari al 30%. Tre italiani (aventi diritto) su 10 hanno votato per Silvione***.
 Se il 67% di questi lo rivota, otteniamo, circa, 67% x 30% = 20%. Cioè se tutti andassero a votare Silvione prenderebbe il 20%, ovvero, un italiano su cinque ancora lo voterebbe****. Se, come è successo nel 2008, andranno a votare l'80% degli aventi diritto allora Silvione risulterà avere il 25%.

Quindi 'sto cazzo***** che è morto politicamente.

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* AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!
** ...........
*** ......................
**** .....................................................................
***** Scusate il francese.

mercoledì 5 dicembre 2012

Già...

Ho appena letto su Repubblica la seguente notizia:
ROMA - Poche ore dopo un vertice finito male, Silvio Berlusconi ritorna a parlare. E fa chiaramente capire che è pronto a ricandidarsi: "Me lo chiedono in molti, il paese è sull'orlo del baratro".
 Sì, Silvio, hai proprio ragione. Solo un attento osservatore dell'animo umano come te* poteva capirlo. Se in tanti ti chiedono di tornare vuol dire che il nostro è (o meglio: continua ad essere) davvero un paese sull'orlo del baratro.

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* Nonché un grande statista.

lunedì 3 dicembre 2012

Una nuova era

Il titolo di questo post è chiaramente ironico.

Bersani vince le primarie. Renzi, cosa poco comune in Italia, ammette pubblicamente la sconfitta, ma il sospetto che lo faccia solo per esibizionismo è fortissimo. Non ho letto le dichiarazioni a caldo di Vendola, ma tanto non le avrei capite. Completamente scomparsi dai radar Puppato e Tabacci.

Illuminante è stato per me il post di Don Zauker nel quale si è fatto notare che i due euro che ogni votante ha dovuto sborsare per poter votare, se moltiplicati per il numero di votanti (3110210), fanno più di 6 milioni e duecentomila euri.

Spinto dalla curiosità sono andato a controllare cosa ne sarà, di questi soldi. Sul sito delle primarie si dice che i soldi verranno utilizzati per coprire le spese di organizzazione delle primarie stesse, e l'eventuale avanzo verrà usato per la campagna elettorale delle elezioni politiche. Bene. Spinto da ulteriore curiosità sono andato a controllare quanti soldi avesse ricevuto il Piddì alle ultime elezioni come "rimborso elettorale" (che, a giudicare dal nome, son soldi che il partito dovrebbe usare/aver usato per la campagna elettorale per le elezioni politiche...). Wikipedia dice che tale somma ammonta a più di 180 milioni di euri.

Quindi secondo me ci stanno pigliando per il culo.

Invidio molto chi riesce ancora a entusiasmarsi per la politica in Italia. E questa frase, davvero, non è ironica.